2021-03-03
Messo alla gogna a 11 anni per la mascherina
(Davide Pischettola/NurPhoto via Getty Images)
Ragazzino di Padova allontanato da scuola per 45 giorni per aver indossato una protezione trasparente invece di quella chirurgica. Riammesso in classe, è confinato in un banco isolato e additato da un prof come «pericoloso»: soffre di asma e sinusite cronica.Costretto a restare a casa da scuola per 45 giorni, perché per motivi di salute indossava solo la mascherina trasparente, non quella chirurgica. Poi riammesso in classe, con lo stesso «bavaglio», ma per il giudice la preside ha fatto bene a tenerlo distante dai suoi compagni. La storia di Luca (nome di fantasia per tutelare un bimbo di 11 anni da altre sofferenze), raccoglie paradossi e ingiustizie che si possono vivere in ambiente scolastico. Il ragazzino che vive a Padova e frequenta la seconda media alla scuola Giotto, il 23 novembre scorso venne allontanato dalla sua classe perché la mascherina che indossava non corrispondeva ai requisiti di omologazione contenuti nel dpcm che, una ventina di giorni prima, rendeva la protezione obbligatoria anche al banco. Luca soffre di asma e di sinusite cronica, la mascherina gli provoca nausea, mal di testa, difficoltà di respirazione. Fatica a concentrarsi, rientra nei casi esclusi dall'obbligo e un certificato medico lo attestava. I genitori, comunque, lo mandavano a scuola con una mascherina trasparente che scherma le goccioline di saliva emesse da chi la indossa, ma nello stesso tempo non ostruisce le vie respiratorie. Quindi non accettano l'allontanamento, diventato poi divieto di accesso alla scuola per disposizione della dirigente scolastica, Concetta Ferrara. «Mio figlio è stato costretto a seguire la didattica a distanza», racconta la signora Francesca. «Unico bambino a casa, nemmeno poteva seguire la Dad perché non tutti gli insegnanti ne facevano uso, molti dimenticavano di collegare il dispositivo posto sulla cattedra e Luca non poteva intervenire durante le lezioni». I genitori decidono di fare ricorso e intanto presentano nuovi certificati medici di esonero. «Ne abbiamo consegnati cinque, tutti attestavano la patologia da cui è affetto. Nulla da fare, la preside non lo voleva a scuola», spiega Francesca. Solo il 7 gennaio, un giorno prima della seconda udienza, la professoressa Ferrara riammette il bambino e cessa la materia del contendere. La controversia appare risolta ma così non è, perché il giudice Guido Marzella del tribunale di Padova approva la condotta della preside. Nell'ordinanza, infatti si legge: «È necessità della scuola non solo di garantire l'istruzione nei confronti di tutti gli alunni iscritti, ma anche di assicurare a ciascuno di essi la tutela della rispettiva salute, la quale evidentemente è messa a rischio dalla presenza in aula di uno studente privo della mascherina». Come dire che un bambino esonerato per legge non garantisce la salute dei suoi compagni. Sconcertante anche il commento del provveditore agli Studi di Padova e Rovigo, Roberto Natale, che ha parlato di «una vittoria sacrosanta per la pubblica amministrazione, ed in particolare per la preside che ha saputo difendersi con grande volontà da accuse che non stavano né in cielo e né in terra. Perché non ha fatto altro che far rispettare le normative dei protocolli sanitari vigenti». Nulla di tutto ciò, visto che Luca andava a scuola con la mascherina trasparente prima e continua a farlo ancora adesso, che è stato riammesso a scuola. Perché dunque fargli perdere 45 giorni di lezioni e di vicinanza con i suoi compagni di classe? «Nostro figlio ha sofferto molto per l'allontanamento», commenta la signora Francesca. «Purtroppo non è finita. Da quando è ritornato in presenza, pur indossando come sempre la mascherina trasparente è costretto a seguire le lezioni da una posizione defilata e c'è un insegnante che insiste a sottolineare di fronte ai compagni la sua pretesa pericolosità». Eppure proprio due giorni fa il presidente della terza sezione del Consiglio di Stato, Franco Frattini, ha dichiarato che serve «una nuova, urgente, motivata rilevazione specifica dell'impatto dell'uso prolungato» delle mascherine sui minori di 12 anni. «Sono centinaia le segnalazioni che ci arrivano da ogni parte d'Italia», interviene Simona Barbaglia, presidente dell'associazione «Respiriamo insieme», attiva in otto Regioni a sostegno dei pazienti, adulti e in età pediatrica, con patologia respiratoria e allergica. «Dopo il dpcm dell'ottobre scorso non è seguita una direttiva a livello nazionale, quindi ogni scuola si comporta come le più le sembra opportuno». Andrea, il figlio tredicenne di Simona, soffre di una patologia respiratoria grave e dopo diverse battaglie con la preside di una scuola del Milanese, oggi indossa la mascherina solo quando si muove, non in classe. «Tanti genitori ci scrivono, spiegando che ci sono specialisti che non certificano l'esonero o istituti che, malgrado il documento medico, chiedono “il numero di ore massime sopportabili" con il dispositivo di protezione, o proprio ignorano il certificato». «È molto difficile spuntarla», conclude Barbaglia, «anche perché l'orientamento dei pediatri è di far tenere comunque la mascherina ai bambini asmatici». Il decreto monocratico del Consiglio di Stato adesso per fortuna chiede di «provare scientificamente che l'utilizzo non abbia impatto nocivo sulla salute psico fisica dei destinatari».
Getty Images
Le manifestazioni guidate dalla Generazione Z contro corruzione e nepotismo hanno provocato almeno 23 morti e centinaia di feriti. In fiamme edifici istituzionali, ministri dimissionari e coprifuoco imposto dall’esercito mentre la crisi politica si aggrava.
La Procura di Torino indaga su un presunto sistema di frode fiscale basato su appalti fittizi e somministrazione irregolare di manodopera. Nove persone e dieci società coinvolte, beni sequestrati e amministrazione giudiziaria di una società con 500 dipendenti.