
Lo scalatore sulla giovane ambientalista: «Vittima dei genitori». E su Jovanotti: «Io rispetto il musicista, lui rispetti la montagna».Lorenzo Jovanotti è un grande musicista che va rispettato, «ma io chiedo rispetto anche per la montagna». L'impegno per l'emergenza climatica di Greta Thunberg «è lodevole, ma non cambierà niente…». Reinhold Messner è una grande star. Il più grande alpinista vivente, dall'alto dei suoi 14 ottomila. Uno che non ha timore di prendere posizioni anche impopolari, quando servono. Se la ressa per i selfie e gli autografi sono un termometro di popolarità, bisogna riconoscere che, alla venerabile età di 75 anni con zazzera e barba pepe e sale, l'eccelso scalatore può competere con rapper famosi e grandi musicisti. Uno dei quali proprio domani farà tappa con il suo controverso Jova Beach (o Mountain?) Party a Plan de Corones (2.275 m), poche centinaia di metri di dislivello dal Palaghiaccio di Dobbiaco, alta val Pusteria.Dove, l'altra sera, l'appuntamento era alle 20 e l'inizio della proiezione del film documentario La Cima Grande era prevista alle 21. Invece, siccome alle 20.30 il palazzetto è già gremito da oltre un migliaio di persone, con gente seduta per terra, perché attendere?L'occasione sono i 150 anni della prima ascensione alla famosa vetta dolomitica (2.999 m.), la più alta delle Tre Cime di Lavaredo, compiuta dal pioniere viennese Paul Grohmann insieme con le guide Franz Innerkhofler e Peter Salcher. È solo la prima di una serie di salite che illustrano l'eroismo con il quale si sono cimentati i migliori alpinisti da fine Ottocento ai giorni nostri. Centocinquant'anni fa si scalavano le Dolomiti con gli attrezzi dei contadini, vestiti con giacche di loden, aiutati da qualche corda e con approssimative scarpe chiodate, abbandonate nei passaggi più delicati affrontati solo con calzettoni di lana. Pian piano «l'arte dell'alpinismo», come la chiama Messner, si è evoluta, con l'introduzione di attrezzi più sofisticati, chiodi soprattutto, per superare le verticali come quella della Cima Grande, ritenuta a lungo invalicabile. È una distinzione alla quale il grande scalatore tiene in modo particolare. La differenza rispetto a chi considera l'alpinismo «solo» uno sport è data dal fatto che l'obiettivo non è più la conquista della vetta, ma la ricerca di vie alternative, di percorsi più fantasiosi, nei quali entrano in gioco «la creatività e l'eleganza dei vari alpinisti».Nel suo film, metà divulgazione didattica e metà excursus storico, metà eroismo e metà applicazione meticolosa, si susseguono le immagini delle ascensioni più ardite, interpretate da rocciatori giovani di oggi con tecniche e attrezzature d'epoca, chiodi, scalpelli e scarpe con la suola di feltro. Imprese vertiginose, riprese da brivido. Anche solo per girare poche immagini degli attori-scalatori appesi sulle pareti della verticale, nei panni di Emilio Comici nel 1933 e via via di tutti gli altri fino ad Alexander Huber, l'arrampicatore tedesco che per primo, nel 2002, conquistò la Cima in free solo (in solitudine e senza l'ausilio di attrezzature di protezione).Tre quarti d'ora di documentario sottotitolato in italiano che hanno soddisfatto la platea dei frequentatori delle alte vie e, forse, spaventato ulteriormente chi ha un rapporto timoroso con le vette dolomitiche. Alla fine, dopo le domande agli attori e i saluti delle autorità, il bagno di folla di Messner. Per parlare con il quale si è dovuto aspettare la lunga coda di fotografie e dediche autografe. Sabato a Plan de Corones ci sarà la stretta di mano con Jovanotti e fine di tutte le polemiche? «Io non andrò al concerto, non sarò a Plan de Corones. Certo, ci incontreremo: non ho nulla contro Jovanotti e la sua musica, che rispetto. Anzi, lo ritengo un grande musicista». Ma? «Ho qualche perplessità riguardo al posto del concerto... Chiedo rispetto anche per la montagna, perché credo che sia il luogo del silenzio». Che idea si è fatto dell'impegno di Greta Thunberg per l'emergenza climatica del pianeta? «È un'iniziativa lodevole contro l'inquinamento e in favore dell'ambiente. Purtroppo, temo che non cambierà niente… Finché il presidente americano dice che non c'è il riscaldamento globale… E Paesi come la Cina, l'India e il Brasile non fanno niente, è difficile che le cose cambino». Che cosa pensa del suo viaggio in barca a vela per partecipare al simposio di Washington? «Mah…», riflette Messner, «non sono convinto che serva a ridurre le emissioni di CO2. Gli accompagnatori devono tornare in aereo. Mi sembra un po' strano… Forse poteva andare lei con suo padre, senza troppa pubblicità». Sembra ci sia tanta parvenza. «Quando entrano in gioco gli interessi diventa tutto un affare… Ci sono di mezzo i genitori…». Più di così è difficile strappare alla star della serata, giustamente geloso di un po' di tranquillità. Sarebbe stato stimolante interrogarlo sul superomismo e l'umiltà degli alpinisti. Chissà, magari arriverà l'occasione favorevole.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






