2021-10-13
Il governo sbanda sul green pass
Impegnato a dare la caccia ai fascisti immaginari, l'esecutivo combina un pasticcio dietro l'altro sulla card Il messaggio mandato da Roma agli italiani è chiaro: da venerdì inizia una stagione di caos, si salvi chi puòAssieme al certificato verde, venerdì rischia di arrivare in tutta Italia anche il semaforo rosso per merci e rifornimenti. Il blocco era ampiamente prevedibile, prova ne sia che da giorni questo giornale lancia l'allarme. Ma forse troppo preso nel dare la caccia ai fascisti (a proposito: com'è che un pericoloso manipolo di camicie nere che aveva dichiarato pubblicamente di voler prendere d'assalto la sede della Cgil - come ha dimostrato la trasmissione Quarta Repubblica - è stato lasciato libero di agire?), al ministero dell'Interno nessuno se ne deve essere accorto. Così, a distanza di tre giorni dall'entrata in vigore del decreto che impone il green pass a tutti i lavoratori, qualcuno dev'essersi svegliato e ha scoperto che, insistendo con l'obbligo del passaporto vaccinale, si rischia la paralisi del Paese. Un esempio di ciò che potrebbe accadere, lo si è avuto nei giorni scorsi. Non alludo a quanto è accaduto a Roma: quello è affare di ordine pubblico, e in un Paese normale ne dovrebbero rispondere, insieme a chi ha commesso reati, le persone a cui sono affidati appunto l'ordine pubblico e la tutela degli obiettivi sensibili (occhio: non alludo ai funzionari, ma a chi li comanda, che per salvare la poltrona non può sempre nascondersi dietro ai sottoposti). No, il problema che deve preoccupare non è costituito dagli scontri nella Capitale, per dirla con il presidente del Consiglio «quei quattro facinorosi» di Forza nuova. Ciò che desta allarme sono i 15.000 che pacificamente hanno sfilato a Trieste e i 10.000 di Genova. Nella città giuliana e nel capoluogo ligure non ci sono stati scontri, manganellate e distruzione di uffici della Cgil o di qualcun altro. Ma è proprio questo che ha contribuito a dare la sveglia a Luciana Lamorgese e compagni. Se per protesta contro il green pass, gli autotrasportatori e i portuali bloccano gli accessi ai principali scali marittimi del Paese, impedendo il carico e lo scarico di merci indispensabili per far funzionare le aziende del Nord Italia e non solo quelle, che si fa? Mandiamo il reparto mobile per liberare la strada? Senza contare che 15.000 persone a Trieste sono come 150.000 a Roma: che facciamo, li sgomberiamo con gli idranti anche se non alzano un dito? Risultato, a qualcuno del Viminale dev'essere venuta una brillante idea: diramiamo una nota con cui imponiamo alle aziende di fare i tamponi gratuiti a chi non ha il green pass, così scarichiamo sulle imprese il problema, ma i lavoratori non hanno motivo di protestare e di bloccare i trasporti e i porti. Però, siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e puoi nominare prefetto un ministro, ma non è detto che quello sappia farlo, lo stesso Viminale poi ha precisato con una circolare che, nel caso di società che operino nel settore dei servizi pubblici i cui addetti debbano rispettare determinati turni (come nel caso degli autisti di autobus), il green pass può essere richiesto anche 48 ore prima di cominciare il lavoro. Tradotto: da un lato si dice alle aziende di pagare il tampone per evitare il blocco dei rifornimenti e dei trasporti, ma dall'altro ci si dimentica che i tamponi hanno una validità di 48 ore. Dunque, fissando la possibilità che il certificato verde sia richiesto due giorni prima di prestare servizio, non solo si aggira la privacy che il passaporto dovrebbe garantire, ma si rende inutile il tampone, perché, se fatto con largo anticipo, passate 48 ore non garantisce l'immunità richiesta. Quello che abbiamo appena raccontato, naturalmente è solo un piccolo assaggio del caos a cui si sta andando incontro con l'introduzione del lasciapassare verde per lavorare. Perfino il sindacato, mentre è impegnato a organizzare manifestazioni antifasciste contro fascisti immaginari, se n'è accorto, invitando il governo a un incontro urgente. All'improvviso si è perfino ridestato Beppe Grillo, che ha invitato l'esecutivo a farsi carico dei prelievi molecolari per coloro che non sono vaccinati, in modo da disinnescare la bomba sociale che rischia da esplodere nel giro di qualche giorno. Ma alla proposta del fondatore del Movimento 5 stelle è arrivata a stretto giro di agenzia la risposta del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il quale, senza pensare troppo ai milioni di dipendenti che rischiano stipendio e posto, ha risposto no. Tuttavia, a dimostrazione della confusione che regna nel Palazzo in materia di green pass e prelievi, l'Ilva, l'azienda siderurgica di proprietà pubblica, ha già annunciato che pagherà i tamponi a tutti i dipendenti non vaccinati, con il risultato che da una parte, con Orlando, lo Stato dice no ai prelievi molecolari a carico del servizio sanitario, e dall'altro la stessa mano pubblica è pronta a pagare, naturalmente con i soldi dei contribuenti. Il che vuol dire una sola cosa, ovvero che sul tema si è deciso di procedere in ordine sparso, un po' come quando, vedendo il disastro in arrivo, tocca gridare: si salvi chi può e come può. Anche a prezzo del ridicolo, aggiungo io.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)