2025-04-15
Meloni fa il bis negli Usa: poi tocca a Giorgetti
Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni (Ansa)
Giovedì il premier parlerà con Trump di dazi, gas liquido, spese per la Difesa e rapporti con la Cina. Venerdì si vedrà con J.D. Vance a Palazzo Chigi. La prossima settimana sarà il turno del ministro dell’Economia: bilaterale a Washington con il segretario del Tesoro.Traffico intenso sulla rotta Roma-Washington: giovedì il premier Giorgia Meloni sarà alla Casa Bianca per incontrare Donald Trump; al ritorno, a Roma, meeting della stessa Meloni con il vice di Trump, Jd Vance (a quanto risulta alla Verità da fonti autorevoli è probabile, anche se non c’è la conferma ufficiale, che Vance incontri anche il vicepremier Matteo Salvini); la settimana successiva toccherà al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, volare negli Usa per un colloquio con il segretario del Tesoro americano Scott Bessent. La trattativa procede, come la Verità ha più volte sottolineato, su un doppio binario: l’Italia tratta con gli Usa sia in qualità di membro della Ue che in un’ottica bilaterale. Si parlerà di dazi, ma in una cornice di negoziati complessivi: sul tavolo l’aumento delle spese per la Difesa chiesto a gran voce da Trump, gli acquisti di gas liquido americano e di armamenti prodotti dagli Stati Uniti, i rapporti con la Cina. «Il negoziato non è semplice», ha spiegato Giorgetti, «gli interessi ognuno cerca di farli a casa propria, dobbiamo trovare una sintesi, un compromesso corretto. Nei vertici internazionali tanti partner europei guardano al rappresentante e al ministro italiano, per vedere cosa dice e come può interpretare questa sorta di ponte o vicinanza con l’amministrazione americana. Il lavoro italiano per tenere forte il legame con gli Stati Uniti può essere strategico anche per l’Europa». Che l’Europa guardi con fiducia e speranza alla missione della Meloni a Washington lo ha confermato ieri la portavoce della Commissione europea, Arianna Podestà, nel briefing quotidiano con la stampa, rispondendo a una precisa domanda sulla missione: «La presidente von der Leyen e il primo ministro Meloni», ha sottolineato la portavoce, «sono state in contatto regolare. La presidente è in costante contatto con tutti i leader: sono state in contatto anche in relazione a questa missione negli ultimi giorni e saranno in contatto prima della missione programmata. Come ha detto la stessa presidente in alcune interviste, qualsiasi iniziativa con gli Usa è benvenuta. Ovviamente», ha aggiunto la Podestà, «la competenza nella negoziazione degli accordi commerciali ricade sull’Ue, questo è sancito nei nostri trattati. Si tratta di una nostra competenza esclusiva ma ogni contatto è benvenuto e strettamente coordinato». Questo è vero a metà: solo la Ue nella sua interezza può imporre dazi, ma gli Usa, volendo, possono trattare con ciascuna nazione e prendere decisioni diverse a seconda dei casi. La sensazione è che la Commissione europea faccia finta di non vedere che ormai ciascuno va per conto suo. Il caso più eclatante è quello della Spagna: nei giorni scorsi Pedro Sánchez è volato a Pechino e ha firmato due intese con il leader cinese Xi Jinping. Il primo accordo riguarda l’esportazione verso la Cina, di ciliegie spagnole; il secondo, rivela Reuters, le esportazioni di stomaco di maiale, un prodotto molto consumato in Cina e meno in Europa. La Cina non sono gli Usa, direte. E invece no: oggi a Washington arriva il ministro dell’Economia spagnolo, Carlos Cuerpo, per un incontro bilaterale a Washington con Bessent. «L’obiettivo», ha spiegato con estrema chiarezza Cuerpo, «è quello di rafforzare i rapporti tra Spagna e Stati Uniti, che sono stati in crescita negli ultimi anni e stanno vivendo uno dei loro migliori momenti». Il ministro spagnolo, a quanto riporta l’Ansa, ha sottolineato che in vista di questa visita il governo di Madrid è rimasto «in continuo contatto con il commissario europeo al Commercio, Maros Sefkovic (a sua volta negli States in queste ore, ndr) per coordinare bene i messaggi riguardanti l’Unione e dare sostegno alle sue attività».Siamo di fronte, come appare evidente a chiunque non abbia posizioni preconcette, a una grande commedia degli equivoci in salsa europea: ciascuno fa come gli pare, incontra chiunque e tratta per il proprio paese qualsiasi cosa, ma basta inserire nella dichiarazione ufficiale la formuletta «la missione è coordinata con la Commissione» e tutto va bene. L’unico capo di governo che rischierebbe, secondo la sinistra italiana, di «rompere il fronte europeo» sarebbe manco a dirlo Giorgia Meloni, mentre il progressista Sánchez può chiudere accordi favorevoli agli interessi della economia nazionale con chiunque, da Xi Jinping a Trump, senza che nessuno batta ciglio. Ieri il premier norvegese, Jonas Gahr Store, laburista, ha incontrato a Palazzo Chigi Giorgia Meloni: «Concordo con la Meloni», ha detto Store al termine del vertice, «sul fatto che dovremmo cercare di lavorare per abbassare la pressione e non farla aumentare. Penso che ci sia molto che possiamo fare nel commercio con gli Stati Uniti. Credo che l’Europa stia valutando l’acquisto di energia dagli Stati Uniti. Stiamo tutti valutando l’acquisto di equipaggiamento militare dagli Stati Uniti. Questo è positivo, ma costruire dazi doganali gli uni contro gli altri in una spirale crescente non è positivo. La Meloni», ha aggiunto Store, «salirà su un volo per Washington e giovedì incontrerà il presidente Trump. Vuole essere un’altra voce europea che chiede che non ci sia un conflitto tra Europa e Stati Uniti. I dazi devono essere ridotti verso lo zero anziché aumentati». La sinistra italiana riparta da Oslo.