Il governo riceve le principali sigle agricole per spiegare i risultati (50 miliardi in due anni) e gli obiettivi futuri. Il premier: «Miracoli impossibili in 16 mesi, ma l’inversione di tendenza c’è». Matteo Salvini: «Si può fare di più». A Roma la protesta si sposta sul grande raccordo.
Il governo riceve le principali sigle agricole per spiegare i risultati (50 miliardi in due anni) e gli obiettivi futuri. Il premier: «Miracoli impossibili in 16 mesi, ma l’inversione di tendenza c’è». Matteo Salvini: «Si può fare di più». A Roma la protesta si sposta sul grande raccordo.Due ore di confronto serrato e l’istituzione di un nuovo tavolo di coordinamento per il settore. A Palazzo Chigi, ieri pomeriggio il governo ha fornito alle principali sigle che rappresentano gli agricoltori una serie di risposte e di rassicurazioni per il futuro. All’incontro (dopo il quale ne è seguito uno al ministero dell’Agricoltura tra il padrone di casa, Francesco Lollobrigida, e il «popolo dei trattori»), hanno partecipato, oltre al premier, Giorgia Meloni, e allo stesso Lollobrigida, i vicepremier Matteo Salvini (in collegamento) e Antonio Tajani e i ministri dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dell’Interno, Matteo Piantedosi, degli Affari Ue, Raffaele Fitto, dei Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, e del Lavoro, Elvira Calderone. Il premier ha tenuto a ribadire ai suoi interlocutori (Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri, Alleanza cooperative) una serie di punti fermi dell’azione del governo a sostegno del settore agricolo, nonché a rivendicare i risultati già ottenuti. La cosa più importante, è stata la conferma della reintroduzione, seppure parziale, dello sconto Irpef per i redditi agricoli, come anticipato nei giorni scorsi, durante il question time, dai ministri Giorgetti e Ciriani, attraverso un emendamento al dl Milleproroghe: «L’esenzione Irpef negli anni passati», ha affermato il presidente del Consiglio nel corso della riunione, «è stata una misura iniqua e ha favorito soprattutto i grandi imprenditori e le imprese con volumi di affari elevati». «La proposta del governo», ha proseguito, «è quella di aiutare gli agricoltori che ne hanno bisogno». «L’esenzione dell’Irpef», ha spiegato, «deve essere un intervento per i più deboli che risulti un sostegno concreto a chi produce e non un privilegio». Per Salvini, che ha partecipato al vertice da remoto, lo sconto parziale «è un punto di partenza»: «Sono convinto», ha affermato, «che si possa fare anche di più». «Io penso», ha poi specificato l’ex ministro dell’Interno, «che il governo italiano sull’agricoltura stia facendo bene e possa fare ancora meglio». «Il disastro», ha concluso, «è l’Europa». In mattinata, Salvini aveva presieduto una riunione dei vertici del Carroccio, dalla quale era emersa la richiesta al governo di intervenire proprio sull’Irpef. Tornando alla riunione, Meloni ha spiegato che ci teneva particolarmente a vedere gli agricoltori in questa fase turbolenta, «per continuare a confrontarci ancora sulle politiche nazionali ed europee che interessano l’agricoltura e l’agroalimentare». «Parliamo», ha detto, «di un settore strategico per la nostra economia e che abbiamo messo al centro della nostra azione». Il premier ha voluto ricordare i punti principali dell’azione del governo a sostegno dell’agricoltura, dentro e fuori l’Italia: «La valorizzazione delle filiere nazionali; l’incentivo alla produzione nazionale, la difesa del nostro modello agroalimentare, della nostra biodiversità e dei nostri cibi di qualità dall’omologazione e dall’impoverimento». «Sono queste», ha sottolineato, «le tre grandi direttrici che hanno orientato il nostro lavoro e che si sono tramutate, in questi mesi, in misure estremamente concrete». «In 16 mesi non è possibile fare i miracoli e correggere anni di scelte sbagliate, ma io credo che l’inversione di tendenza sia evidente». In particolare, sul fronte Ue, il presidente del Consiglio ha tenuto a sottolineare che «il governo ha difeso gli agricoltori e contestato fin dall’inizio le scelte sbagliate imposte dalla Commissione. Noi siamo sempre stati favorevoli alla difesa dell’ambiente e alla transizione ecologica, ma sempre nettamente e fermamente contrari a quella che è diventata una transizione ideologica, fatta da diktat e da regole frutto di posizioni ideologiche e per le quali si sacrifica la produzione, mettendo a rischio quel concetto di sovranità alimentare che resta un nostro indirizzo irrinunciabile». Su questo fronte, Meloni ha ribadito il proprio impegno per una legge europea per il divieto di cibi sintetici. Il ministero dell’Agricoltura ha inoltre distribuito ai presenti delle slide in cui si evidenzia che, alla fine del biennio 2023-2024, l’impegno del governo in termini di risorse sarà pari a circa 50 miliardi di euro. Tra le voci di spesa, una parte consistente è data dai 2 miliardi già stanziati alla fine dell’anno scorso per la Pac, che diventeranno 37 alla fine del quadriennio 2023-2027. Il resto è distribuito, tra le altre cose, tra il sostegno agli investimenti (8 miliardi), quello per gli indigenti (1,37 miliardi), l’accesso al credito (1,3 miliardi), il sostegno delle filiere (360 milioni) e le emergenze determinate dai cambiamenti climatici (670 milioni).Al termine dell’incontro, le associazioni degli agricoltori si sono dette soddisfatte: Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha parlato di «confronto costruttivo sui temi sfidanti che stiamo seguendo con i ministri competenti», mentre Confagricoltura ha dichiarato di aver apprezzato «gli obiettivi e il programma di priorità annunciato dal governo». Le proteste, nel frattempo, non si sono fermate: ieri nella Capitale, annullata la manifestazione che si sarebbe dovuta tenere in piazza San Giovanni, un mini corteo formato da quattro trattori ha attraversato il centro, mentre in serata un corteo ben più nutrito ha mosso dal presidio sulla Nomentana e ha percorso tutto il Grande raccordo anulare.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Anziché sugli evidenti risvolti politici, il dibattito sul Quirinale gate si sta concentrando sui dettagli di colore: chi ha parlato? Non manca chi avvalora piste internazionali. Nessuno, tuttavia, sembra chiedersi se quelle dichiarazioni fossero opportune.
Gran parte della stampa non risponde alle logiche dell’informazione ma a quelle del potere. Prendete ad esempio il cosiddetto Garofani-gate. Invece di domandarsi se sia opportuno che una persona chiaramente schierata da una parte continui a ricoprire un ruolo super partes come quello di segretario del Consiglio supremo di Difesa, i giornali si sono scatenati alla ricerca della talpa che ha passato l’informazione.
Roberto Fico (Imagoeconomica)
Crosetto rivela: per il gozzo l’ex presidente della Camera paga 550 euro l’anno. La tariffa normale è dieci volte superiore. E nei prospetti che ha presentato da parlamentare il natante non c’è, alla faccia della trasparenza.
A Napoli si dice «chiagne e fotte»: trattasi di una espressione del dialetto partenopeo che indica una persona che ipocritamente mostra un modo di vivere spartano, gramo, mentre in realtà le cose gli vanno più che bene. In sostanza, chi «chiagne e fotte» adotta una doppia morale, una che vale per come vuole apparire, e una per come è. L’ex presidente della Camera, Roberto Fico, candidato alla presidenza della Regione Campania per il centrosinistra, può essere annoverato, in termini politici, tra i più autorevoli esponenti del «chiagne e fotte». Lui, che il primo giorno da presidente della Camera si fece riprendere mentre viaggiava in autobus; lui, il paladino degli ultimi; lui, il simbolo dell’anticasta, in realtà quando si è trattato di godere di privilegi che ai comuni mortali sono negati, non si è tirato indietro.
Ansa
Le selezioni di ingresso alla facoltà sono l’ennesima figuraccia del sistema universitario. Per la Bernini restano comunque valide.
Certo che poi c’è la malasanità o che i migliori laureati se ne vanno: se l’anticamera è questa roba che si è vista nei test d’ingresso a medicina, il minimo è mettersi le mani nei capelli. La cosa paradossale è stata che gli esaminatori avevano invitato gli studenti ad andare in bagno prima dell’inizio delle prove, «sempre sotto la supervisione di un docente», ci raccontano «poiché durante le pause di 15 minuti tra una prova e l’altra sarebbe stato concesso solo in casi di estrema urgenza».
Ansa
I terroristi sono arrivati a bordo di 60 moto e hanno fatto irruzione nella scuola St. Mary. Almeno 100 gli alunni catturati. Lunedì un commando aveva attaccato un dormitorio e sequestrato 27 ragazze. Condanna di Meloni: «Libertà religiosa diritto inviolabile».
Almeno un centinaio di studenti sono stati rapiti dalla scuola secondaria cattolica St. Mary nell’area del governo locale di Agwara nello Nigeria centrale. Le prime ricostruzioni della polizia parlano di un assalto notturno compiuto da una banda di uomini armati e organizzati in maniera militare. La situazione era preoccupante da giorni, tanto che molte scuole dello Stato erano già state chiuse a causa delle crescenti minacce alla sicurezza.






