2024-05-08
La Meloni in Libia si ispira a Trump: il Patto di Abramo s’allarga al Magreb
Giorgia Meloni e Abdul Hamid Dbeibah (Ansa)
Il premier incontra prima il capo dell’esecutivo di Tripoli, Dbeibah, e poi il leader della Cirenaica Haftar. I buoni rapporti con la Tunisia aumentano l’influenza in Africa. E aprono la strada al modello di The Donald.L’Italia continua a tessere la sua rete politico-diplomatica in Nord Africa. Ieri, Giorgia Meloni si è recata in Libia, accompagnata dal ministro dell’Università, Anna Maria Bernini, da quello della Salute, Orazio Schillaci e da quello dello Sport, Andrea Abodi. Nell’occasione, sono stati firmati tre protocolli d’intesa su ricerca scientifica, scienze mediche e attività sportive. Tutto questo, mentre l’inquilina di Palazzo Chigi ha avuto un incontro con il premier del governo di Tripoli, Abdul Hamid Dbeibah, e uno con il presidente del Consiglio presidenziale libico, Mohammed Yunis Ahmed Al-Menfi.Secondo una nota di Tripoli, durante il bilaterale con Dbeibah, il nostro premier ha discusso «di una serie di questioni politiche, di sicurezza ed economiche, la più importante delle quali era la necessità di sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite per tenere elezioni presidenziali e parlamentari in conformità con leggi giuste». I leader hanno anche parlato degli «gli sforzi profusi dai due Paesi nella lotta alle migrazioni irregolari». È stato infine reso noto che «si è deciso di tenere a fine ottobre un forum economico italo-libico a Tripoli per sostenere il settore privato di entrambi i Paesi». Colloqui, quelli con l’inquilina di Palazzo Chigi, che Dbeibah ha definito «fruttuosi».La Meloni si è successivamente spostata a Bengasi per avere un faccia a faccia con il generale Khalifa Haftar, a cui ha dato la disponibilità dell’Italia alla ricostruzione di Derna, colpita l’anno scorso da una pesante alluvione. Prima del meeting con il generale della Cirenaica, fonti italiane avevano riportato che la Meloni avrebbe espresso allo stesso Haftar la sua contrarietà alle interferenze straniere nel Paese nordafricano. Non dimentichiamo infatti che Haftar è storicamente spalleggiato da Mosca e che, a partire da settembre, ha rafforzato i propri legami con la Russia sul fronte militare. La Libia è d’altronde spaccata al momento tra due governi: quello di Tripoli e quello di Sirte, che è attualmente guidato da Osama Hammad e che è considerato gravitante attorno alla figura dello stesso generale della Cirenaica. C’è chi ha cercato di derubricare il viaggio libico della Meloni a un tour volto a bloccare le partenze di migranti per fini elettorali in vista delle europee. In realtà, la questione è un tantino più complessa. Innanzitutto la Libia ha sempre rappresentato una priorità per l’attuale governo italiano. La Meloni visitò il Paese già a gennaio dell’anno scorso, mentre Dbeibah fu ricevuto a Palazzo Chigi nel giugno successivo. In secondo luogo, il nostro presidente del Consiglio punta a proporsi come figura di riferimento per far ripartire il processo politico libico, rimasto fondamentalmente in sospeso: se l’amministrazione Biden è ormai più concentrata su altri dossier (da Gaza all’Ucraina), la Francia ha perso notevolmente terreno in Africa (si pensi soltanto al Sahel). L’Onu, dal canto suo, continua a non toccare palla. La Meloni sta quindi cercando di colmare questo vuoto politico-diplomatico, svolgendo un ruolo di mediazione attiva tra Tripoli e Haftar.In terzo luogo, certamente il dossier migratorio viene considerato di primaria importanza, ma viene anche inserito in un quadro geopolitico più ampio. Nonostante i critici tendano talvolta a irridere il Piano Mattei, quest’ultimo sta in realtà tentando di rilanciare l’influenza occidentale in Africa, evitando sia l’arroganza postcoloniale francese sia il terzomondismo ipocrita di russi e cinesi. In tal senso, non va sottovalutato un elemento significativo: assieme alla Libia, la Meloni sta rafforzando i rapporti dell’Italia anche con la Tunisia. Era il mese scorso, quando l’inquilina di Palazzo Chigi si è recata a Tunisi, in compagnia della Bernini e del titolare del Viminale, Matteo Piantedosi. Pochi giorni dopo, anche il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha visitato il Paese nordafricano, per incontrarne il presidente, Kais Saied. Nel frattempo, Libia e Tunisia hanno appena riaperto il valico di frontiera di Ras Jedir, che era stato chiuso a marzo a causa del verificarsi di alcuni scontri.Infine attenzione: la rete nordafricana del governo Meloni potrebbe diventare centrale, qualora Donald Trump tornasse alla Casa Bianca. Il candidato repubblicano è infatti intenzionato a ripristinare la logica degli accordi di Abramo. E, qualora ciò accadesse, Tunisi e Tripoli potrebbero essere della partita. A novembre, Saied ha bloccato una legge che avrebbe criminalizzato la normalizzazione dei rapporti tra Tunisia e Israele. Ad agosto, emerse inoltre che il governo di Dbeibah si stava probabilmente orientando a instaurare relazioni diplomatiche con Gerusalemme: una circostanza che scatenò delle proteste filopalestinesi in Libia, portando il premier libico a fare ufficialmente marcia indietro. Resta però il fatto che Tripoli stesse entrando nell’ordine di idee di una potenziale normalizzazione. Era infine il 2021, quando Haaretz riportò che il figlio di Haftar, Saddam, aveva visitato lo Stato ebraico, in considerazione della possibile instaurazione di rapporti diplomatici. Insomma, vista la sua crescente influenza regionale, il governo Meloni potrebbe svolgere un ruolo significativo in un’eventuale ripresa degli accordi di Abramo.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.