2024-07-27
Auto, energia e partenariati: Meloni in missione in Cina prova a mediare tra Ue e Xi
L'incontro bilaterale del 16 novembre 2022 tra Giorgia Meloni e Xi Jinping, a margine del G20 di Bali, in Indonesia (Ansa)
Premier tra Pechino e Shanghai da domani. Nei dossier, lo sviluppo di veicoli elettrici in Italia, eolico ed ex Ilva. Luigi Scordamaglia: «Offriamo formazione nell’agroalimentare».Chi lascia la Via della seta per la nuova sa bene quel che lascia e per il resto ci prova. Così la pensano le imprese che sono al seguito del viaggio - importantissimo - che Giorgia Meloni intraprenderà da domani in Cina - ma l’arrivo a Pechino è previsto per oggi pomeriggio - fino a mercoledì, con tappa fondamentale per gli interessi economici a Shangai. Giorgia Meloni avrà un colloquio diretto con Xi Jinping - i due ebbero un primo lungo incontro al G20 di Bali - il che dà massima dimensione politica alla visita del nostro presidente del Consiglio che arriva in Cina anche come presidente del G7 ed esponente di peso in Europa. Vista da Pechino, Giorgia Meloni è una possibile ambasciatrice di relazioni meno turbolente con l’Ue. Su questo punta il premier, che arriva con un’agenda fittissima e due scadenze centrali: il ventennale del Partenariato strategico globale fra Italia e Cina e i 700 anni dalla scomparsa di Marco Polo che è, con Padre Matteo Ricci, il nume tutelare dei rapporti sino-italiani. Sul fronte geopolitico, centrale sarà a il dossier sulla guerra in Ucraina. Sul fronte economico tutto è invece concentrato sulla volontà italiana di riaffermare che i rapporti bilaterali sono ottimi. La settima edizione del Business forum Italia-Cina a cui Giorgia Meloni partecipa insieme al primo ministro Li Qiang sarà la sede per approfondire la partnership strategica con l’Italia che chiede - lo ha fatto peraltro già il ministro del made in Italy Adolfo Urso andato un mese fa Pechino - maggiore accessibilità dei prodotti italiani. In questo periodo la Cina vive bassi consumi (non a caso la banca centrale ha tagliato i tassi portandoli al 2,3 %) e i prodotti italiani sono destinati a un target alto: c’è dunque necessità di stimolare la domanda. Una novità molto attesa - anche dai cinesi - potrebbe venire dalle auto elettriche. Il ministro Urso avrebbe in animo di destinare a un produttore cinese - si parla di Chery Automobile, Dongfeng o Jac - due marchi storici, Autobianchi e Innocenti, in cambio di stabilimenti in Italia capaci di produrre fino a 400.000 pezzi. (con tutti i rischi che ciò comporterebbe). Il ministero ha già registrato i due marchi, che però sono ancora di proprietà di Stellantis. Due giorni fa Carlos Tavares - a capo del gruppo che comprende anche ciò che resta di Fiat - ha detto che si può pensare, per ripianare i conti, di cedere alcuni marchi, ma ha risposto in maniera assai sbrigativa a Urso. Stellantis ha stretto un accordo di distribuzione di auto a batteria cinesi con Leapmotors, e quindi teme altre intese. Un secondo settore è quello delle energie rinnovabili: Toto Holding viene a stringere accordi nell’eolico, Ansaldo energia porta progetti innovativi così come Terna, Snam ed Eni. Federlegno nelle sue diverse articolazioni difende e promuove il business dell’arredo perché la Cina importa per 1,64 miliardi ed è il primo mercato asiatico. C’è la Bracco, visto che la farmaceutica è uno dei settori dove vendiamo (1,5 miliardi) di più di quello che importiamo (un miliardo). Un argomento a parte è quello dell’acciaio e della siderurgia - partecipano Federacciai e il gruppo Danieli - con un possibile interesse cinese per l’ex Ilva, mentre si discute di riequilibrare il rapporto nel biomedicale (importiamo per 9,1 miliardi e vendiamo per circa 700 milioni e nella delegazione c’è il gruppo Dedalus). Si parlerà molto di finanza - presenti Unicredit, Intesa Sanpaolo e Generali - di difesa con Leonardo, di logistica con Assoporti, Fincantieri e Pirelli. «Di biotecnologie e di tecniche colturali discuteremo - spiega Luigi Scordamaglia amministratore delegato di Filiera Italia - perché è quello che ci chiedono i cinesi. Chiedono alta formazione in agricoltura e nell’agroalimentare perché la Cina ha bisogno di avere una sua sicurezza alimentare, d’imparare a produrre meglio. E da questo punto di vista per loro l’Italia è un modello. Noi andiamo in Cina a parlare del nostro vino, dei formaggi, dei salumi, del nostro extravergine di oliva con l’intento di incrementare la loro domanda, ma discutiamo anche di una reciprocità sia normativa che commerciale che ci deve garantire l’accessibilità al mercato e la qualità delle esportazioni cinesi. Dobbiamo scongiurare che i dazi che l’Ue ha messo sulle auto elettriche non ci vengano fatti pagare con barriere doganali di Pechino sui nostri prodotti. Nel 2023 abbiamo venduto per quasi 600 milioni con una crescita del 5%. È un mercato importante che dobbiamo sviluppare. Mi pare che l’idea di questa delegazione di parlare di partnership piuttosto che di mero commercio sia vincente». Giorgia Meloni spingerà su questo, tenendo presente che ha due frecce al suo arco. La prima è che tra Cina e Hong Kong ci sono circa 2.000 imprese italiane che fatturano 25 miliardi, la seconda è che in Italia studiano 16.000 ragazzi cinesi che sono la presenza straniera più massiccia tra gli universitari. Dunque esiste un fattore Italia per la Cina. Certo determinato anche dall’interscambio arrivato a livelli record: 74 miliardi con un deficit commerciale nostro molto rilevante a quota 41 miliardi.