2023-11-01
Le nuove pensioni svuotano gli ospedali
La sanità è già in crisi e non certo per colpa di questo governo. Le penalizzazioni previste dal 2024 per i dipendenti pubblici rischiano però di aggravare la situazione, provocando fughe anticipate di medici e infermieri. Nella manovra il governo ha messo 4 miliardi sulla sanità. Sono tanti o pochi? Tanti rispetto a ciò che si poteva spendere in una manovra striminzita (e questo non per colpa della Meloni, ma perché non si poteva fare ulteriore debito, grazie a quelli che hanno lasciato, con il famoso bonus edilizia, un carico da varie decine di miliardi e per varie altre eredità lasciate dagli altri esecutivi. Per quanto riguarda il settore dei dipendenti pubblici, il governo ha introdotto una norma per la quale chi andrà in pensione, a partire dall’anno prossimo, subirà una forma di penalizzazione. Questo ha già fatto scattare, nel comparto sanitario, una ridda di calcoli, di previsioni su quali comparti e su quanti soggetti si metteranno a riposo quest’anno: ovviamente quelli che hanno raggiunto i requisiti. Ad esempio, c’è chi ha calcolato che se ne andranno 1.000 medici del Pronto soccorso e una notevole quantità di infermieri, ma ancora non siamo a dati certi. Di questo provvedimento ci sono due letture possibili: una benevola, che è quella per la quale questo tipo di penalizzazioni dovrebbero indurre il personale del comparto medico, in generale, a posticipare il pensionamento e dunque a non privare il comparto di figure professionali che già sono in forte carenza; l’altra interpretazione, quella malevola, è che questa manovra altro non sia che un modo per spendere meno in pensioni dall’anno prossimo o, comunque, per un esborso minore di danaro data la penalizzazione e che, quindi, il tutto sia per far cassa. Questa seconda interpretazione sarà valutabile sulla base di due numeri: quanti andranno in pensione anche anticipata quest’anno e quanto il provvedimento in sé porterà dall’anno prossimo danari nelle casse dello Stato. A nostro modesto avviso, se l’interpretazione malevola fosse verificata, sarebbe stato compiuto un errore, ma è prematuro affermarlo perché solo i numeri, a consuntivo, ce lo diranno.Quello che è certo è che si preannuncia una massiccia uscita quest’anno dal Sistema sanitario nazionale e ciò comunque avrà un impatto negativo, in quanto c’è già carenza di medici in molti reparti. Vi sono molte cause che spiegano questa carenza: oggettivamente, non sono colpe attribuibili al governo in carica, ma affondano le proprie radici profonde almeno da Mario Monti in poi. Ad esempio, in Italia c’è una situazione un po’ particolare: una fortissima domanda di medici e nello stesso tempo (anche qui è eredità dei governi passati) abbiamo le facoltà di Medicina col numero chiuso. A prescindere dalle responsabilità e dal passato, il fatto è che mancano medici e che spesso dobbiamo ricorrere a personale a gettone che costa una fortuna e che spesso presenta complessità anche da un punto di vista professionale: si tratta di uomini e donne in camice che reparti, ospedali e cliniche convenzionate come marziani che devono prendere in mano la situazione del paziente non conoscendone la storia clinica, solo per fare un esempio, e a volte neppure la lingua. È una soluzione, ma è profondamente sbagliata: costa e spesso non rende un buon servizio. Si potrebbe dire di questa scelta quello che Fantozzi disse dopo la visione della Corazzata Potëmkin, e che non scriviamo perché tutti lo sanno. C’è poi un’eredità che è successiva all’indimenticabile governo Monti e che è quella che riguarda la scarsità delle borse di studio, tagli vari alla Sanità e, in particolar modo, ai soldi necessari per le specializzazioni che sono il momento importantissimo nel quale il laureato in medicina si rende preparato in uno specifico settore e può entrare, a meno che non faccia la scelta di fare il medico di base, nel vivo dell’attività specialistica e dunque diminuire le carenze che oggi ci sono nel sistema sanitario nazionale. Questo è avvenuto dal governo Gentiloni (in modo particolare) in poi. Man mano si sono operati tagli in un settore dove non si doveva assolutamente tagliare per la conquista di un sistema sanitario a livello nazionale, istituito dalla Legge n. 833 del 1978 (ministro della Sanità era la democristiana on. Tina Anselmi), che potesse permettere a tutti di esercitare il diritto alla salute, ed in particolare rispettando i principi di universalità (cioè l’estensione delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione), di uguaglianza (cioè i cittadini devono accedere alle prestazioni senza alcuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche) e di equità (che permette di superare le disuguaglianze di accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie perché garantisce la parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute, a prescindere dal reddito). Con questi principi, capite bene, che: o si aveva la certezza che alcune spese fossero inutili o frutto di ruberie varie, o la spesa sanitaria risultava inviolabile. Purtroppo, tutto è andato in senso contrario. Il governo in carica ha assicurato che il ristabilimento di condizioni degne di un Servizio sanitario nazionale sono condizione essenziale per rispettare gli articoli della Costituzione che riguardano la sanità: in particolare il numero 32 che, tra l’altro, recita così: «Garantisce cure gratuite agli indigenti». Speriamo che alle sane intenzioni seguano interventi efficaci.