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2021-07-31
McCarrick incriminato per pedofilia. Le domande di Viganò tornano attuali
Theodore McCarrick (Ansa)
E alla fine arrivò la giustizia civile. L'ex cardinale americano Theodore McCarrick, che papa Francesco dopo un lunga e torbida vicenda ha spretato nel 2019, dovrà comparire davanti a un tribunale il prossimo 26 agosto perché sotto indagine penale per pedofilia. McCarrick, oggi 91 anni, è chiamato in causa perché avrebbe molestato sessualmente un ragazzo di 16 anni durante un ricevimento di nozze del 1974 al college di Wellesley, nel Massachusetts.
Per la prima volta l'ex porporato, già arcivescovo di Washington e potentissimo uomo di chiesa (per gestione di denari e diplomazia internazionale), si trova a dover rispondere di un'accusa che in qualche modo il processo canonico ha già riconosciuto: McCarrick è stato trovato colpevole, nel processo condotto dall'ex Sant'Uffizio che ha portato appunto alla laicizzazione del prelato, di «peccati contro il sesto comandamento con minori e con adulti, con l'aggravante dell'abuso di potere». Ma tutto ciò si è verificato solo dopo che il celebre memoriale che l'ex nunzio negli Stati Uniti, monsignor Carlo Maria Viganò, pubblicò proprio sulla Verità il 26 agosto 2018, un memoriale in cui, tra l'altro, Viganò diceva che a Newark «era voce ricorrente in seminario che l'arcivescovo “shared his bed with seminarians“», ovvero condivideva il letto con i seminaristi. Emergeva piano piano una serialità di abusi di potere di natura sessuale condotti da McCarrick con adulti, e poi si scoprirà anche con minori, come appunto il caso di cui si occuperà ora anche un tribunale civile. Questa la melma che verrà fuori sfondando un muro di omertà che, indubbiamente, il primo memoriale Viganò ha aiutato a sgretolarsi.
Che McCarrick sia condotto ora alla sbarra per rispondere di quest'accusa in qualche modo dimostra ancora una volta che le voci che da decenni si rincorrevano sulla sua condotta erano ben più di chiacchiere malevole. In fondo, le affermazioni dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò sul fatto che molti sapevano (nunzi apostolici, prefetti di curia, segretari di Stato e persino, secondo Viganò, i Papi), al di là del merito nelle singole circostanze, sembrano così trovare una ulteriore indiretta conferma. E soprattutto rafforzano l'interrogativo fondamentale del memoriale Viganò: esiste forse una lobby che permette a personalità come McCarrick di arrivare a posizioni così decisive all'interno del potere ecclesiastico? Secondo quello che scrisse Viganò si tratterebbe di «reti di omosessuali, ormai diffuse in molte diocesi, seminari, ordini religiosi, ecc., che agiscono coperte dal segreto e dalla menzogna con la potenza dei tentacoli di una piovra e stritolano vittime innocenti, vocazioni sacerdotali e stanno strangolando l'intera Chiesa». Difficile dire come stiano davvero le cose, anche perché il tema sembra scomparso dai radar ecclesiali, nonostante le voci che seguirono il famoso faldone che Benedetto XVI consegnò al successore Francesco, e che avrebbe dovuto contenere il dossier redatto da tre cardinali incaricati da papa Ratzinger nel 2012, all'epoca del primo Vatileaks.
Sta di fatto che McCarrick è stato uomo chiave della chiesa americana e punto di riferimento di molti prelati che sono stati o sono ancora ai vertici di quella chiesa e anche della Chiesa universale. Lo è stato per decenni e in maniera decisiva dal 2000, quando venne nominato arcivescovo di Washingotn. Ebbe poi un appannamento nel 2008 con le sanzioni restrittive informali a lui comminate da Benedetto XVI, proprio per quel rincorrersi di voci sulla sua condotta, ma poi ritornò in piena attività dopo l'elezione di Francesco nel 2013, viaggiando in tutto il mondo a nome della Chiesa e concentrando la sua attività su due ambiti: i rapporti con la Cina e il dialogo con l'islam. Fino almeno al 2018 l'attività di Theodore McCarrick è stata importante, pur avendo su di sé un ombra che era sotto gli occhi di molti.
Peraltro in questi giorni proprio dagli Stati Uniti sono arrivate notizie che, in un certo senso, ripropongono ancora quella domanda. Sono state annunciate le dimissioni del segretario generale della Conferenza episcopale a stelle e strisce, monsignor Jeffrey Burrill, in quanto, ha dichiarato il capo dei vescovi Usa, monsignor Josè Gomez, si è venuti a conoscenza di suoi «possibili comportamenti scorretti». Secondo un'inchiesta giornalistica del sito The Pillar, pur non essendoci evidenze di condotte con minori, il monsignore avrebbe frequentato bar gay e residenze private con l'ausilio di una popolare app per incontri, Grindr, sul suo smartphone durante lo svolgimento dei suoi uffici (tra l'altro è stato incaricato anche per aiutare a coordinare una risposta dei vescovi Usa allo scandalo di abusi sessuali).
Anche se ciò non fosse confermato, resta la domanda. Com'è possibile che a questi livelli di potere ecclesiale possano arrivare sacerdoti con condotte sessuali in contrasto con la loro condizione di preti? Esiste quella rete di protezione fra religiosi in posizioni di autorità che si cooptano e si coprono a vicenda?
Il Vaticano fa un dispiacere alla Cina
La Santa Sede inizia ad allontanarsi dalla Cina? Papa Francesco ha nominato come membro della pontificia Accademia delle scienze il professore taiwanese Chen Chien jen: epidemiologo attivo presso l'Accademia Sinica a Taipei e formatosi negli Stati Uniti, è stato ministro della Salute ai tempi della Sars e vicepresidente di Taiwan dal 2016 all'anno scorso. In particolare, soprattutto da quando è scoppiata la pandemia del Covid-19, ha espresso delle posizioni non poco severe nei confronti della Cina.
A maggio 2020, Chen Chien jen accusò infatti la Repubblica popolare di aver bloccato la partecipazione di Taiwan, in qualità di osservatore, all'assemblea dell'Oms. «Sfortunatamente, per ragioni politiche, i 23 milioni di persone di Taiwan sono diventate orfane nel sistema sanitario globale», dichiarò. «L'Oms», aggiunse, «presta troppa attenzione alla politica e ha dimenticato la propria professionalità e neutralità. Questo è abbastanza deplorevole». Una posizione, quella di Chen Chien jen, che, a ben vedere, non si discostava poi molto dalle tesi all'epoca sostenute dall'allora presidente americano, Donald Trump. Inoltre, come accennato, l'epidemiologo è stato per quattro anni il vice dell'attuale presidente taiwanese, Tsai Ing wen: donna notoriamente battagliera nei confronti della Repubblica popolare.
Alla luce di questi elementi, è difficile considerare la nomina di Chen Chien jen una questione squisitamente tecnica. Ricordiamo infatti che, nonostante l'opposizione dell'amministrazione Trump, la Santa Sede avesse deciso, lo scorso ottobre, di rinnovare il controverso accordo sulle nomine dei vescovi, siglato nel 2018 con il governo cinese. Un accordo che, almeno finora, non ha portato grandi miglioramenti alla condizione dei cattolici in Cina. E proprio tale distensione con la Repubblica popolare ha continuato a preoccupare gli Stati Uniti anche dopo l'uscita di Trump dalla Casa Bianca.
In questi mesi, Joe Biden ha più volte criticato il Dragone sulla questione dei diritti umani e ha anche adottato alcune misure severe (come la blacklist di 59 aziende cinesi stilata a giugno). Attriti tra Washington e Pechino continuano poi a registrarsi anche sul tema dell'origine del Covid-19. Un eccessivo avvicinamento del Vaticano alla Cina turba d'altronde gli americani sotto due punti di vista. A livello generale, temono che Pechino possa incrementare il proprio prestigio politico e (conseguentemente) il proprio soft power. A livello particolare, ritengono che la Repubblica popolare possa esigere delle contropartite, facendo magari pressioni sul Vaticano per spingerlo a rompere diplomaticamente con Taiwan. Del resto, proprio il Vaticano, secondo Asia News, avrebbe fatto ultimamente mancare il suo sostegno a Taipei in sede di assemblea dell'Oms.
Per quanto dunque all'inizio la Santa Sede probabilmente sperasse che con Biden alla Casa Bianca la linea statunitense su Pechino si ammorbidisse, gli eventi hanno preso alla fine un altro corso. In tal senso, la Reuters rivelò che, durante la sua visita in Vaticano a giugno, il segretario di Stato americano, Tony Blinken, avesse discusso di «diritti umani e libertà religiosa in Cina». Argomenti che sarebbero da lui stati affrontati non solo nel colloquio con il segretario di Stato, Pietro Parolin, e l'arcivescovo Paul Gallagher, ma anche in quello con il Pontefice. Non si può quindi escludere che, proprio in quella visita, Blinken abbia spinto per un (almeno parziale) riposizionamento della politica estera vaticana.
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L'ex cardinale Usa dovrà rispondere pure alla giustizia civile. Il muro di omertà era caduto grazie al memoriale pubblicato dalla Verità. In cui l'ex nunzio ipotizzava anche l'esistenza di una lobby oscura tra ecclesiastici.Bergoglio porta nella pontificia Accademia delle scienze il taiwanese Chen Chien jen. Ex ministro e vicepresidente del suo Paese, da sempre critico verso il Dragone.Lo speciale contiene due articoli.E alla fine arrivò la giustizia civile. L'ex cardinale americano Theodore McCarrick, che papa Francesco dopo un lunga e torbida vicenda ha spretato nel 2019, dovrà comparire davanti a un tribunale il prossimo 26 agosto perché sotto indagine penale per pedofilia. McCarrick, oggi 91 anni, è chiamato in causa perché avrebbe molestato sessualmente un ragazzo di 16 anni durante un ricevimento di nozze del 1974 al college di Wellesley, nel Massachusetts.Per la prima volta l'ex porporato, già arcivescovo di Washington e potentissimo uomo di chiesa (per gestione di denari e diplomazia internazionale), si trova a dover rispondere di un'accusa che in qualche modo il processo canonico ha già riconosciuto: McCarrick è stato trovato colpevole, nel processo condotto dall'ex Sant'Uffizio che ha portato appunto alla laicizzazione del prelato, di «peccati contro il sesto comandamento con minori e con adulti, con l'aggravante dell'abuso di potere». Ma tutto ciò si è verificato solo dopo che il celebre memoriale che l'ex nunzio negli Stati Uniti, monsignor Carlo Maria Viganò, pubblicò proprio sulla Verità il 26 agosto 2018, un memoriale in cui, tra l'altro, Viganò diceva che a Newark «era voce ricorrente in seminario che l'arcivescovo “shared his bed with seminarians“», ovvero condivideva il letto con i seminaristi. Emergeva piano piano una serialità di abusi di potere di natura sessuale condotti da McCarrick con adulti, e poi si scoprirà anche con minori, come appunto il caso di cui si occuperà ora anche un tribunale civile. Questa la melma che verrà fuori sfondando un muro di omertà che, indubbiamente, il primo memoriale Viganò ha aiutato a sgretolarsi.Che McCarrick sia condotto ora alla sbarra per rispondere di quest'accusa in qualche modo dimostra ancora una volta che le voci che da decenni si rincorrevano sulla sua condotta erano ben più di chiacchiere malevole. In fondo, le affermazioni dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò sul fatto che molti sapevano (nunzi apostolici, prefetti di curia, segretari di Stato e persino, secondo Viganò, i Papi), al di là del merito nelle singole circostanze, sembrano così trovare una ulteriore indiretta conferma. E soprattutto rafforzano l'interrogativo fondamentale del memoriale Viganò: esiste forse una lobby che permette a personalità come McCarrick di arrivare a posizioni così decisive all'interno del potere ecclesiastico? Secondo quello che scrisse Viganò si tratterebbe di «reti di omosessuali, ormai diffuse in molte diocesi, seminari, ordini religiosi, ecc., che agiscono coperte dal segreto e dalla menzogna con la potenza dei tentacoli di una piovra e stritolano vittime innocenti, vocazioni sacerdotali e stanno strangolando l'intera Chiesa». Difficile dire come stiano davvero le cose, anche perché il tema sembra scomparso dai radar ecclesiali, nonostante le voci che seguirono il famoso faldone che Benedetto XVI consegnò al successore Francesco, e che avrebbe dovuto contenere il dossier redatto da tre cardinali incaricati da papa Ratzinger nel 2012, all'epoca del primo Vatileaks.Sta di fatto che McCarrick è stato uomo chiave della chiesa americana e punto di riferimento di molti prelati che sono stati o sono ancora ai vertici di quella chiesa e anche della Chiesa universale. Lo è stato per decenni e in maniera decisiva dal 2000, quando venne nominato arcivescovo di Washingotn. Ebbe poi un appannamento nel 2008 con le sanzioni restrittive informali a lui comminate da Benedetto XVI, proprio per quel rincorrersi di voci sulla sua condotta, ma poi ritornò in piena attività dopo l'elezione di Francesco nel 2013, viaggiando in tutto il mondo a nome della Chiesa e concentrando la sua attività su due ambiti: i rapporti con la Cina e il dialogo con l'islam. Fino almeno al 2018 l'attività di Theodore McCarrick è stata importante, pur avendo su di sé un ombra che era sotto gli occhi di molti.Peraltro in questi giorni proprio dagli Stati Uniti sono arrivate notizie che, in un certo senso, ripropongono ancora quella domanda. Sono state annunciate le dimissioni del segretario generale della Conferenza episcopale a stelle e strisce, monsignor Jeffrey Burrill, in quanto, ha dichiarato il capo dei vescovi Usa, monsignor Josè Gomez, si è venuti a conoscenza di suoi «possibili comportamenti scorretti». Secondo un'inchiesta giornalistica del sito The Pillar, pur non essendoci evidenze di condotte con minori, il monsignore avrebbe frequentato bar gay e residenze private con l'ausilio di una popolare app per incontri, Grindr, sul suo smartphone durante lo svolgimento dei suoi uffici (tra l'altro è stato incaricato anche per aiutare a coordinare una risposta dei vescovi Usa allo scandalo di abusi sessuali). Anche se ciò non fosse confermato, resta la domanda. Com'è possibile che a questi livelli di potere ecclesiale possano arrivare sacerdoti con condotte sessuali in contrasto con la loro condizione di preti? Esiste quella rete di protezione fra religiosi in posizioni di autorità che si cooptano e si coprono a vicenda?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mccarrick-incriminato-per-pedofilia-le-domande-di-vigano-tornano-attuali-2654301162.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-vaticano-fa-un-dispiacere-alla-cina" data-post-id="2654301162" data-published-at="1627671029" data-use-pagination="False"> Il Vaticano fa un dispiacere alla Cina La Santa Sede inizia ad allontanarsi dalla Cina? Papa Francesco ha nominato come membro della pontificia Accademia delle scienze il professore taiwanese Chen Chien jen: epidemiologo attivo presso l'Accademia Sinica a Taipei e formatosi negli Stati Uniti, è stato ministro della Salute ai tempi della Sars e vicepresidente di Taiwan dal 2016 all'anno scorso. In particolare, soprattutto da quando è scoppiata la pandemia del Covid-19, ha espresso delle posizioni non poco severe nei confronti della Cina. A maggio 2020, Chen Chien jen accusò infatti la Repubblica popolare di aver bloccato la partecipazione di Taiwan, in qualità di osservatore, all'assemblea dell'Oms. «Sfortunatamente, per ragioni politiche, i 23 milioni di persone di Taiwan sono diventate orfane nel sistema sanitario globale», dichiarò. «L'Oms», aggiunse, «presta troppa attenzione alla politica e ha dimenticato la propria professionalità e neutralità. Questo è abbastanza deplorevole». Una posizione, quella di Chen Chien jen, che, a ben vedere, non si discostava poi molto dalle tesi all'epoca sostenute dall'allora presidente americano, Donald Trump. Inoltre, come accennato, l'epidemiologo è stato per quattro anni il vice dell'attuale presidente taiwanese, Tsai Ing wen: donna notoriamente battagliera nei confronti della Repubblica popolare. Alla luce di questi elementi, è difficile considerare la nomina di Chen Chien jen una questione squisitamente tecnica. Ricordiamo infatti che, nonostante l'opposizione dell'amministrazione Trump, la Santa Sede avesse deciso, lo scorso ottobre, di rinnovare il controverso accordo sulle nomine dei vescovi, siglato nel 2018 con il governo cinese. Un accordo che, almeno finora, non ha portato grandi miglioramenti alla condizione dei cattolici in Cina. E proprio tale distensione con la Repubblica popolare ha continuato a preoccupare gli Stati Uniti anche dopo l'uscita di Trump dalla Casa Bianca. In questi mesi, Joe Biden ha più volte criticato il Dragone sulla questione dei diritti umani e ha anche adottato alcune misure severe (come la blacklist di 59 aziende cinesi stilata a giugno). Attriti tra Washington e Pechino continuano poi a registrarsi anche sul tema dell'origine del Covid-19. Un eccessivo avvicinamento del Vaticano alla Cina turba d'altronde gli americani sotto due punti di vista. A livello generale, temono che Pechino possa incrementare il proprio prestigio politico e (conseguentemente) il proprio soft power. A livello particolare, ritengono che la Repubblica popolare possa esigere delle contropartite, facendo magari pressioni sul Vaticano per spingerlo a rompere diplomaticamente con Taiwan. Del resto, proprio il Vaticano, secondo Asia News, avrebbe fatto ultimamente mancare il suo sostegno a Taipei in sede di assemblea dell'Oms. Per quanto dunque all'inizio la Santa Sede probabilmente sperasse che con Biden alla Casa Bianca la linea statunitense su Pechino si ammorbidisse, gli eventi hanno preso alla fine un altro corso. In tal senso, la Reuters rivelò che, durante la sua visita in Vaticano a giugno, il segretario di Stato americano, Tony Blinken, avesse discusso di «diritti umani e libertà religiosa in Cina». Argomenti che sarebbero da lui stati affrontati non solo nel colloquio con il segretario di Stato, Pietro Parolin, e l'arcivescovo Paul Gallagher, ma anche in quello con il Pontefice. Non si può quindi escludere che, proprio in quella visita, Blinken abbia spinto per un (almeno parziale) riposizionamento della politica estera vaticana.
(IStock)
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.
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Bill Clinton e Jeffrey Epstein (Ansa)
Neanche a dirlo, è scoppiato uno scontro tra il Dipartimento di Giustizia e alcuni parlamentari. «La legge approvata dal Congresso e firmata dal presidente Trump era chiarissima: l’amministrazione Trump aveva 30 giorni di tempo per pubblicare tutti i file di Epstein, non solo alcuni. Non farlo equivale a violare la legge. Questo dimostra che il Dipartimento di Giustizia, Donald Trump e Pam Bondi sono determinati a nascondere la verità», ha tuonato il capogruppo dell’Asinello al Senato, Chuck Schumer, mentre il deputato dem Ro Khanna ha ventilato l’ipotesi di un impeachment contro la Bondi. Strali all’amministrazione Trump sono arrivati anche dai deputati Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene: due dei principali critici repubblicani dell’attuale presidente americano.
«Il Dipartimento di Giustizia sta pubblicando una massiccia tranche di nuovi documenti che le amministrazioni Biden e Obama si sono rifiutate di divulgare. Il punto è questo: l’amministrazione Trump sta garantendo livelli di trasparenza che le amministrazioni precedenti non avevano mai nemmeno preso in considerazione», ha replicato il dicastero guidato dalla Bondi, per poi aggiungere: «La scadenza iniziale è stata rispettata mentre lavoriamo con diligenza per proteggere le vittime». Insomma, se per i critici di Trump la deadline di venerdì era assoluta e perentoria, il Dipartimento di Giustizia l’ha interpretata come una «scadenza iniziale». Ma non è finita qui. Ulteriori polemiche sono infatti sorte a causa del fatto che numerosi documenti pubblicati venerdì fossero pesantemente segretati: un’accusa a cui il Dipartimento di Giustizia ha replicato, sostenendo di aver voluto tutelare le vittime di Epstein.
Ma che cosa c’è di interessante nei file divulgati venerdì? Innanzitutto, tra i documenti pubblicati l’altro ieri, compare la denuncia presentata all’Fbi nel 1996 contro Epstein da una sua vittima, Maria Farmer. In secondo luogo, sono rispuntate le figure di Trump e Bill Clinton, anche se in misura differente. «Trump è appena visibile nei documenti, con le poche foto che lo ritraggono che sembrano essere di pubblico dominio da decenni. Tra queste, due in cui Trump ed Epstein posano con l’attuale first lady Melania Trump nel febbraio 2000 durante un evento nel suo resort di Mar-a-Lago», ha riferito The Hill. Svariate foto riguardano invece Bill Clinton. In particolare, una ritrae l’ex presidente dem in una piscina insieme alla socia di Epstein, Ghislaine Maxwell, e a un’altra donna dal volto oscurato. In un’altra, Clinton è in una vasca idromassaggio sempre in compagnia di una donna dall’identità celata: una donna che, secondo quanto affermato su X dal portavoce del Dipartimento di Giustizia Gates McGavick, risulterebbe una «vittima». In un’altra foto ancora, l’ex presidente dem è sul sedile di un aereo, con una ragazza che gli cinge il collo con un braccio. Clinton compare infine in foto anche con i cantanti Mick Jagger e Michael Jackson.
«La Casa Bianca non ha nascosto questi file per mesi, per poi pubblicarli a tarda notte di venerdì per proteggere Bill Clinton», ha dichiarato il portavoce di Clinton, Angel Ureña, che ha aggiunto: «Si tratta di proteggersi da ciò che verrà dopo, o da ciò che cercheranno di nascondere per sempre. Così possono pubblicare tutte le foto sgranate di oltre 20 anni che vogliono, ma non si tratta di Bill Clinton». «Persino Susie Wiles ha detto che Donald Trump si sbagliava su Bill Clinton», ha concluso. «Questa è la sua resa dei conti», ha invece dichiarato al New York Post un ex assistente di Clinton, riferendosi proprio all’ex presidente dem. «Voglio dire, se accendete la Cnn, è di questo che stanno parlando. Ho ricevuto un milione di messaggi a riguardo», ha proseguito. «La gente pensa: non posso credere che fosse in una vasca idromassaggio. Chi è quella donna lì dentro?», ha continuato, per poi aggiungere: «Voglio dire, è incredibile. È semplicemente scioccante», ha continuato. Vale la pena di sottolineare che né Trump né Clinton sono accusati di reati in riferimento al caso Epstein. Caso su cui i coniugi Clinton si sono tuttavia recentemente rifiutati di testimoniare alla Camera. Per questo, il presidente della commissione Sorveglianza della Camera stessa, il repubblicano James Comer, ha offerto loro di deporre a gennaio: in caso contrario, ha minacciato di avviare un procedimento per oltraggio al Congresso contro la coppia.
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Il Tribunale dei minori de l'Aquila. Nel riquadro, la famiglia Trevallion Birmingham (Ansa)
Un bambino è un teste fragile estremamente suggestionabile, perché è abituato al fatto che non deve contraddire un adulto, e, soprattutto se il bambino è spaventato, tende a compiacere l’adulto e a dire quello che l’adulto vuole. Ricordiamo che esiste la Carta di Noto, un protocollo di linee guida per l’ascolto del minore in caso di presunti abusi sessuali o maltrattamenti, elaborato da esperti di diverse discipline (magistrati, avvocati, psicologi, ecc.), che sono state sistematicamente disattese per esempio a Bibbiano. Un bambino deportato dalla sua famiglia è per definizione terrorizzato. Il termine corretto per i bambini tolti dalle famiglie dalle assistenti sociali è deportazione. La deportazione avviene all’improvviso, da un istante all’altro, con l’interruzione totale di tutti gli affetti, genitori, nonni, amici, eventuali animali domestici. Il deportato è privato dei suoi oggetti e del suo ambiente e con la proibizione di contatti con la sua vita precedente. Il deportato non ha nessuna padronanza della sua vita. Questo è lo schema della deportazione. Assistenti sociali possono mentire e psicologi possono avvallare queste menzogne con interrogatori suggestivi che portano i bambini a mentire. I motivi sono tre: compiacenza verso superiori o colleghi (è già successo), interesse economico (è già successo), fanatismo nell’applicare le proprie teorie: l’abuso sessuale dei padri sui bambini è diffusissimo, una famiglia non ha il diritto di vivere in un bosco, una madre povera non ha diritto ad allevare suo figlio, i bambini appartengono allo Stato, a meno che non siano rom allora appartengono al clan, un non vaccinato è un nemico del popolo oltre che della scienza e va deportato e vaccinato (è già successo).
Un’assistente sociale può mentire. E dato che la menzogna è teoricamente possibile deve essere necessario, per legge, che a qualsiasi interazione tra lo psicologo e l’assistente sociale e il bambino sia presente un avvocato di parte o un perito di parte, psicologo o altra figura scelta dalla famiglia. È necessario quindi che venga fatta immediatamente una legge che chiarisca che sia vietato una qualsiasi interazione tra il bambino e un adulto, assistente sociale, psicologo, ovviamente magistrato, dove non sia presente un perito di parte o un avvocato. Facciamo un esempio a caso. Supponiamo (siamo nell’ambito delle supposizioni, il posto fantastico dei congiuntivi e dei condizionali) che l’assistente sociale che ha dichiarato che i bambini della famiglia del Bosco sono analfabeti, oltre ad aver compiuto il crimine deontologico gravissimo della violazione di segreto professionale, abbia mentito. Certo è estremamente probabile che i figli di una famiglia con un livello culturale alto, poliglotta, la cui madre lavora in smart working siano analfabeti. È la cosa più logica che ci sia, però supponiamo per ipotesi fantastica che l’assistente sociale abbia mentito. In questo caso è evidente che i bambini non possono tornare a casa per Natale. Se i bambini tornassero a casa in tempi brevi, non sarebbe difficile fare un video dove si dimostra che scrivono benissimo, che leggono benissimo, molto meglio dei coetanei in scuole dove il 90% degli utenti sono stranieri che non sanno nemmeno l’italiano e meno che mai l’inglese, si potrebbe dimostrare che sono perfettamente in grado di farsi una doccia da soli e anche di cucinare un minestrone.
La deportazione di un bambino, coi rapporti troncati da un colpo di ascia, produce danni incalcolabili. I bambini sono stati sottratti ai loro affetti per darli in mano a una tizia talmente interessata al loro interesse che sputtana loro e la loro famiglia davanti a tutta l’Italia e per sempre (il Web non dimentica) con affermazioni (vere?) sul loro analfabetismo e sulla loro incapacità a fare una doccia. Questi bambini rischiano di essere aggrediti e sfottuti dai coetanei per questo, si è spianata la strada a renderli vittime di bullismo per decenni. Con impressionante sprezzo di qualsiasi straccio di deontologia gli operatori, tutti felici di squittire a cani e porci informazioni che dovrebbero essere assolutamente riservate (anche questi il segreto professionale e la deontologia non sanno che cosa siano), ci informano che i bambini annusano con perplessità i vestiti che profumano di pulito. I vestiti non profumano di pulito. Hanno l’odore dei pessimi detersivi industriali reclamizzati alla televisione che deve essere la fonte principale se non l’unica da cui nasce la cultura degli operatori. I loro componenti sono pessimi, non solo inquinanti, ma anche pericolosi per la salute umana a lungo termine: stesso discorso per lo sciampo e il bagno schiuma, soprattutto negli orfanatrofi di Stato, le cosiddette case famiglie, dove si comprano i prodotti meno cari, quindi quelli con i componenti peggiori.
Nessuno dei libricini su cui hanno studiato gli operatori ha spiegato che ci sono ben altri sistemi per garantire una pulizia impeccabile. In tutte le foto che li ritraggono con i genitori, ai tempi distrutti per sempre in cui erano felici, i bambini sono pulitissimi. Tra l’altro tutte queste incredibili esperte di comportamento infantile, non hanno mai sentito parlare di comportamento oppositivo? Un bambino normale, una volta deportato con arbitrio dalla sua vita e dalla sua famiglia, può spezzarsi ed essere malleabile o può resistere ed essere oppositivo. Fai la doccia. Non la voglio fare. Scrivi. Non sono capace. Il bambino oppositivo deve essere frantumato. Non ti mando a casa nemmeno per Natale.
Sia fatta una legge immediatamente. Subito. I bambini del bosco devono avere di fianco un avvocato. Noi popolo italiano, che con le nostre tasse paghiamo i servizi sociali e la deportazione dei bambini, abbiamo il diritto a pretendere che non siano soli. I bambini nel bosco passeranno un Natale da deportati. Qualcuno si sentirà in dovere di informarci che in vita loro non avevano mai mangiato un qualche dolce industriale a base di zucchero, grassi idrogenati e coloranti e che grazie alla deportazione questa lacuna è stata colmata.
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La famiglia Trevallion-Birmingham (Ansa)
È infatti una prepotenza senza significato confrontare una bomba affettiva e esistenziale come tre fratellini che giocano e si vogliono evidentemente bene, accompagnata da genitori altrettanto uniti, e naturalmente affettivi con norme e abitudini di un Paese dove il nucleo abitativo più frequente nelle città più prestigiose consiste in un cittadino singolo. Pretendere che i pochi figli superstiti in qualche «terra di nessuno», con i suoi boschi e le affettuosità (che ancora esistono fuori dalle famiglie-tipo), si uniformino ai secchi diritti e cupe abitudini del sociologico e disperato «gruppo dei pari» è un’operazione di una freddezza stalinista, per fortuna destinata allo scacco. È coltivata da burocrazie che scambiano relazioni profonde e vere, comunque indispensabili alla vita e alla sua felicità, con strumenti tecnici, adoperabili solo quando la famiglia purtroppo non c’è più, molto spesso per l’ottusità e la corruzione dello Stato stesso che le subentra (come racconta Hanna Arendt) quando è riuscito a distruggerla. Se non si vuole creare danni inguaribili, tutti, anche i funzionari dello Stato, dovrebbero fare attenzione a non sostituire gli aspetti già legati all’umano fin dalla creazione del mondo, con pratiche esterne magari infiocchettate dalle burocrazie ma che non c’entrano nulla con la sostanza dell’uomo e la sua capacità di sopravvivere.
Certo, la bimba Utopia Rose, citata nel bel pezzo di Francesco Borgonovo del 18 dicembre, è una testimone insostituibile di un’altra visione del mondo rispetto alle varie ideologie che prevalgono in questo momento, unendo ferocia e ricchezza, cinismo e follia. Impossibile di fronte ai fratellini che tanto scandalizzano le burocrazie perbene non ricordare (oltretutto a pochi giorni dal Natale) l’ordine di Gesù: «Lasciate che questi piccoli vengano a me». Nessuno dubita che entreranno nel Regno prima degli assistenti sociali. Utopia Rose, la più grande, è affettuosa e impegnata, lavoratrice e giocattolona, organizzatrice e sognatrice. Però non è sola (Come si fa a non amarla, e anche un po’ invidiarla?). Non soltanto perché ha i suoi due fratellini, e i tre quarti del pubblico fa il tifo per loro. Ma perché questa visione loro e dei genitori di cercare una vita buona e naturale, semplicemente felice e affettuosa verso sé e verso gli altri e tutto il mondo vivente, cresce con la stessa velocità con la quale si sviluppa l’idolatria verso tutto ciò che è artificiale, fabbricato, mentale, non affettivo. È già qualche anno che chi viene in analisi scopre soprattutto questo: l’urgenza di mettersi al riparo dagli egoismi e pretese grandiose, vuote e fredde, e invece amare. Ormai il fenomeno trasborda nelle cronache. Trasgressione conclusiva, dialettale e popolaresca (milanese): «Spérèm»!
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