2025-04-27
Durante il Covid facevano i questurini. Per il 25 aprile si riscoprono libertari
L’europarlamentare dem Matteo Ricci corre a solidarizzare con la fornaia che ha subito due controlli di routine (senza multe) per una scritta antifascista. In pandemia, però, voleva «massima durezza» per i reprobi.Adesso sono tutti libertari, tutti insofferenti al controllo, tutti nemici dell’occhiuta sorveglianza poliziesca. Prendiamo Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro, europarlamentare del Pd e candidato alla presidenza della Regione Marche: negli ultimi giorni ha sprizzato commozione da tutti i pori. Si è scapicollato per portare solidarietà all’imprenditrice di Ascoli Piceno, Lorenza Roiati, titolare del panificio L’assalto ai forni, la cui vicenda ha invaso la Rete. Il 25 aprile h a esposto fuori dal suo negozio quello che ha definito «lenzuolo antifascista». In pratica una specie di striscione con scritto «Il 25 aprile, buono come il pane bello come l’antifascismo». Nulla di particolarmente originale o coraggioso, in assenza di fascismo. Ma tutto sicuramente legittimo e inoffensivo. Risulta che il lenzuolo abbia attirato l’attenzione di una pattuglia della polizia che l’ha sottoposta a un controllo. Il questore di Ascoli Piceno, Aldo Fusco, ha dichiarato ai giornali che si è trattato «unicamente di osservazione e controllo del territorio, come da normale attività della volante impegnata sul campo» e che non c’è stata «alcuna attività repressiva». Meglio così, visto che non c’era nulla da reprimere e che i negozianti dovrebbero avere tutto il diritto di ornare le proprie botteghe come desiderano. Dopo la polizia di Stato, è intervenuta però pure la polizia locale, per un ulteriore controllo. Anche in questo caso, secondo la dirigente ascolana, si trattava «semplicemente di verificare chi avesse affisso il telo e se vi fossero autorizzazioni necessarie. Nessuna sanzione è stata elevata, né è stato richiesto di rimuovere lo striscione». Insomma, due zelanti controlli, magari un filo fastidiosi e forse non necessari, ma niente di tragico: il lenzuolo è rimasto dov’era e fine. La titolare del forno, tuttavia, si è lamentata sui social delle attenzioni ricevute, ha dichiarato che «vogliono intimidirci» (chi? Il governo? Il Duce risorto? I vigili urbani?) e ha suscitato l’immediato intervento della sinistra italiana al gran completo. La quale sinistra ovviamente non vedeva l’ora di mobilitarsi per un sospetto caso di persecuzione politica. Matteo Ricci si è addirittura recato fisicamente sul posto e si è scatenato a mezzo stampa: «Un atto incomprensibile, che non ha alcuna giustificazione. È questo che intende il governo con “sobrietà”?», ha detto piccato. Poi ha aggiunto: «La mia solidarietà a Lorenza, il suo è stato un gesto semplice, sincero, profondamente legato allo spirito del 25 aprile in occasione dell’80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Non resteremo in silenzio di fronte a questo episodio gravissimo, che ha il sapore dell’intimidazione, proprio nel giorno in cui dovremmo riaffermare con forza i valori dell’antifascismo, della libertà e della democrazia».Come si diceva, non v’è dubbio che due controlli per uno striscione si potessero anche evitare e che la libertà sia un bene più importante da tutelare rispetto all’arredo urbano. Resta che la solerzia dell’esponente del Pd e degli altri progressisti mobilitati colpisce un po’. Soprattutto quando si ricorda il modo in cui Ricci si relazionò ad altri esercenti e ristoratori durante l’epoca del Covid. In quei giorni, libertà e democrazia erano passati di moda, e le iniziative dei singoli non erano affatto gradite. Nel 2020, quando un ristorante della sua città organizzò una cena di protesta contro le chiusure forzate dei locali, Ricci andò su tutte le furie: «Un fatto gravissimo. Un conto è manifestare legittimamente e pacificamente e un’altra è fare queste pagliacciate pericolose contro la legge», disse. «Polizia locale, polizia di Stato e carabinieri sono già sul posto e ho chiesto al prefetto massima durezza contro un atteggiamento inaudito. A Pesaro la legge si rispetta sempre, a maggior ragione durante una pandemia». Già: all’epoca (ottobre 2020), polizia, vigili e carabinieri si precipitarono nel locale ribelle e Ricci approvò l’uso del pugno di ferro. In quei tempi intimidazioni e controlli polizieschi andavano benissimo, e i democratici antifascisti facevano a gara a mostrarsi inflessibili. Nel 2021, per non farsi mancare niente, Ricci - da sindaco di Pesaro e presidente dell’Ali (Autonomie locali italiane) - propose l’utilizzo del green pass per il controllo serrato della movida nelle città. «Le discoteche sono ancora chiuse ma i ragazzi la festa la fanno uguale», disse il paladino delle chiusure. «Io penso che se vogliamo affrontare l’estate con serietà, l’idea di utilizzare il green pass per entrare in quei luoghi di città dove l’aggregazione e assembramento sono impossibili da controllare sia uno strumento da valutare. Magari può essere un incentivo per chi vuole divertirsi e non si è ancora vaccinato». Non solo: l’allora sindaco dem sosteneva la necessità di «aggredire il tema degli indecisi» sul vaccino: «È difficile convincere chi viene da una cultura negazionista, no vax, complottista», diceva. «Ma c’è una fascia, la vediamo nei 60-70enni ma anche tra i più giovani, di gente che sta ancora a vedere. Dobbiamo portare quelli a vaccinarsi e creare condizioni di incentivo obbligatorio». Certo, ora Ricci corre a mostrare solidarietà a una fornaia che subisce due (legittime e tutto sommato poco invasive) verifiche da parte delle forze dell’ordine. Ma solo pochi anni fa voleva lasciapassare, monitoraggio totale, coprifuoco e obblighi. Nella sua zona di influenza i ristoratori prendevano multe da migliaia di euro se osavano mostrarsi riottosi, e se chiedevano libertà lui rispondeva che la legge è sacra e non si contesta. Adesso basta un controllino in più per fare scattare l’allarme democratico. Certo l’europarlamentare Pd è in ottima compagnia. Praticamente tutta la sinistra che adesso si straccia le vesti per ogni immaginaria compressione delle libertà non appena ne ha avuto l’occasione ha sfoderato le zanne e invocato la Stasi. Del resto è noto: è facile combattere il regime quando non c’è, ed è ancora più facile instaurarne uno raccontando balle.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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