Mattarella fa la morale sul risparmio ma non si è opposto ai crac bancari

«La Costituzione riconosce un alto valore civico al risparmio. La sua immediata finalità corrisponde all’aspirazione delle famiglie di perseguire obiettivi di crescita sociale, di risposta a bisogni, di protezione a fronte di emergenze. La Carta prescrive la tutela di un bene delle famiglie, dunque della comunità nazionale e questa tutela si esprime, anzitutto, nella sua salvaguardia, azione cui devono guardare istituzioni e ordinamenti». Inizia così il messaggio che Sergio Mattarella ha inviato al presidente dell’Acri, l’associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio, per la 101esima «Giornata del Risparmio». Parole sacrosante, quelle del capo dello Stato, che però non si sono tradotte in azioni quando gli italiani hanno visto i loro risparmi di una vita andare in fumo negli anni Dieci di questo secolo a causa dei crac bancari che hanno bruciato circa 70 miliardi di euro tra azioni e obbligazioni azzerate. Senza considerare che lo Stato, quindi tutti i contribuenti, si è giocato una ventina di miliardi pur di tenere in piedi alcuni istituti, rispetto ad altri. Uno fra tutti Mps, il cui salvataggio pubblico spinse il centrosinistra post dimissioni di Matteo Renzi dopo il referendum perso nell’autunno 2016, a far nascere in fretta e furia il governo Gentiloni. Il quale ex commissario europeo fece approvare dal Parlamento, nel giro di poche ore, lo stanziamento di quattrini pubblici per mettere in sicurezza quella che era la banca cara al Pd. Solo poi, qualche mese dopo, sempre l’esecutivo Gentiloni scese in campo azzerando di fatto i risparmi (11 miliardi) dei soci di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Ecco, anche nel 2016-17 il presidente della Repubblica era Mattarella, no?
E il capo dello Stato era quello attuale pure nel novembre 2015 quando una domenica sera l’esecutivo Renzi fece qualcosa di mai visto in Italia. Fin dagli anni Trenta il credito e il risparmio erano sacri e inviolabili, ma con l’avvento della Ue e delle regole (applicate stranamente solo in Italia) volute dalla commissaria verde danese Margrete Vestager, il conto delle crisi bancarie è finito in capo a ignari azionisti e obbligazionisti. Gente che aveva comprato titoli dell’istituto vicino casa perché così avevano fatto i nonni magari, o i genitori. Perché gliel’aveva detto il sindaco o il prete. Perché tutto può fallire in Italia ma non le banche. Invece no. Quella domenica sera nebbiosa garantirono la continuità degli istituti azzerando il capitale di azionisti e obbligazionisti subordinati di BancaMarche, Popolare dell’Etruria e del Lazio (dove era vicepresidente il papà di Maria Elena Boschi), Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti. Proprio questo esperimento sociale del valore complessivo di 2,6 miliardi ha scatenato in seguito il disastro Mps e quello delle popolari venete. Questo perché ci fu un cortocircuito, chissà se voluto oppure no, tra tecnici di Bankitalia e governo sulla valutazione dei crediti marci. A Via Nazionale il prezzo fissato fu bassissimo, motivo per cui anche le sofferenze degli altri istituti in difficoltà - il Monte, Veneto Banca e PopVicenza - furono svalutate al livello di quelle di Etruria & compagnia. Mps, quotata e reduce dalla sanguinosa conquista di Antonveneta, aveva già chiesto soldi agli azionisti con due aumenti di capitale. Inutili dopo quel deprezzamento dei crediti in sofferenza: il titolo crollò. Le chiacchiere su un possibile ko si moltiplicavano e i correntisti chiudevano i conti. A cascata anche le venete, in enorme difficoltà dopo essere passate sotto la vigilanza europea, vedevano scappare i clienti. Risultato finale: era saltato il banco. A spese di centinaia di migliaia di risparmiatori. Famiglie e imprenditori disperati. Ma la Costituzione non «riconosce un alto valore civico al risparmio»? Negli anni il Monte, da cenerentola è diventata principessa e ha conquistato il regno di Mediobanca, le popolari venete sono finite dentro Intesa per un euro simbolico, soci e obbligazionisti hanno solo visto evaporare i propri risparmi. Nonostante, sempre parole dal messaggio di Mattarella di ieri, «tutelare il risparmio» significhi «favorirne impieghi che ne accrescano il valore, creando condizioni affinché possa agire da leva fondamentale dell’economia. Essere, cioè, una risorsa che espanda il benessere personale e collettivo, proiettando questo patrimonio sulle generazioni future». Chi lo racconta alle centinaia di famiglie che hanno perso tutto o quasi?





