2023-01-23
Massimo Cacciari: «La Commissione sul Covid indaghi anche sui vaccini»
Il filosofo: «I virologi in Parlamento? È la visibilità da tv, fu così anche con i pm. Basta col Far West delle intercettazioni. Sulle riforme istituzionali la Meloni avrà tutti contro».«Una commissione d’inchiesta sul Covid? Giustissimo». Il filosofo Massimo Cacciari parla a tutto campo: dall’Ucraina all’ideologia green, dalle grandi riforme allo studio in Italia, fino alle polemiche sugli strascichi della pandemia. E cominciamo da qui: «Non ci vedo nulla di scandaloso se il Parlamento prova a far luce sulle politiche del virus. Che poi questo tentativo di indagine possa effettivamente avere successo, è un altro paio di maniche». La maggioranza annuncia che la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione pandemica potrebbe nascere entro primavera. Sotto i riflettori, finirebbero i verbali secretati, la carenza di dispositivi, e le decisioni sulle cure domiciliari. Dunque è favorevole? «La gestione italiana della pandemia mi è sembrata assolutamente criticabile. Eppure muovere obiezioni, sia pure con toni assolutamente ragionevoli, è costato a qualcuno l’anatema. Certamente c’è stato qualcosa di non trasparente nei mesi passati, specialmente in Italia. E quindi, perché no? Se c’è da indagare, si indaghi».La Commissione dovrebbe occuparsi anche di vaccini e green pass, senza limitazioni?«Certamente. Se fosse una Commissione d’inchiesta seria, dovrebbe far luce anche su tutte le procedure adottate in merito alla distribuzione del vaccino, nonché sugli effetti collaterali. Ma comprendo che non sarebbe facile. Tuttavia, almeno sugli effetti sociali dell’applicazione del green pass, con tutti i nodi di carattere giuridico, mi aspetterei chiarezza». Niente di male, dunque?«Quando accadono eventi così clamorosi è giusto istituire un organo d’inchiesta, come è avvenuto per la P2, il delitto Moro o per le catastrofi naturali. Di fronte a vicende di questa grandezza, il minimo che può fare un Parlamento è indagare. Con la speranza che combini davvero qualcosa». In quel Parlamento sono stati eletti anche alcuni virologi, protagonisti nel periodo più buio del contagio. Che ne pensa?«Non mi stupisco. È una conseguenza della democrazia mediatica: chi appare di più, chi sembra essere competente su certe materie in momenti di crisi, guadagna visibilità che successivamente può tradurre in consenso politico. Sono tendenze che ormai appartengono alla nostra cultura, o sub-cultura che sia. Peraltro, a ben pensarci avvenne la stessa cosa con i magistrati».Con l’avvento del governo Meloni, si paventava un autoritarismo di destra. A tre mesi dall’insediamento, cosa ne deduciamo? «Ma figurati. Questo poteva pensarlo solo chi ha impostato la sciagurata campagna elettorale di Letta, giocata sulla contrapposizione dei rossi contro i neri. Non c’è nessun rischio autoritarismo, anche perché, per avere autoritarismo, occorre prima avere autorità». Insomma, è il green pass ad essere fascista, non la Meloni?«Né l’uno né l’altra. Il green pass è il sintomo di una mentalità burocratica-centralistica tipica del mondo contemporaneo. Giorgia Meloni non è fascista, e se lo è “nell’interiore” certo non lo dimostra nell’azione di governo». Le faccio una citazione. «Non sarebbe affatto contraddittorio con il progetto federalista, l’elezione diretta del capo dello Stato, che dovrebbe avere i poteri del capo del governo». Lo ha detto lei nel 1994. «E lo penso ancora. Così la pensava anche Gianfranco Miglio, e tanti a sinistra. Presidenzialismo, riforma del Parlamento, Senato federale, eliminazione delle regioni con la nascita di macro-regioni. Sono trent’anni che ripeto le stesse cose».Presidenzialismo e autonomia possono procedere di pari passo? Questa maggioranza i numeri li avrebbe. «Io ho già detto alla Meloni: cara ragazza, se vuoi sopravvivere, se vuoi continuare a governare, lascia perdere».Come sarebbe?«In linea teorica, meglio il presidenzialismo che i governi di salvezza nazionale. Su questo non ho dubbi. Ma il punto è un altro».Quale?«Le riforme portate avanti così, a spezzatino, sono un suicidio. Senza una riforma organica delle istituzioni, che tocchi anche il Parlamento e che regoli i rapporti tra il centro e gli enti territoriali, la storia finirà in un modo soltanto».Cioè?«Come sempre avviene in Italia, si coalizzeranno contro la riforma tutte le opposizioni possibili, e faranno saltare tutto. Col rischio di beccarsi un bel referendum, una bocciatura solenne: e Giorgia Meloni farebbe il bis di ciò che è accaduto a Renzi». In realtà le barricate sono già state erette, in particolare sulla giustizia. Alcuni magistrati sono in rivolta, insieme a parte della stampa, contro la riforma delle intercettazioni portata avanti dal ministro Nordio. Un altro filosofo, Biagio De Giovanni, ex Pci e Ds, ha fatto un’uscita controcorrente: «Nordio ha ragione, e il Pd dovrebbe collaborare con lui». «Lo credo anch’io. L’Italia è il Far West delle intercettazioni, e bisogna responsabilizzare gli organi che le conducono. Sono uno strumento fondamentale in tutti i Paesi, ma devono essere mirate e controllate, non selvagge. Non possono uscire sui giornali prima del dibattimento, o contenere particolari che non c’entrano nulla con le inchieste. Scherziamo?».Toccare le intercettazioni non rischia di minare le indagini sulla mafia o sul terrorismo? «Puttanate. Nordio lo conoscono bene, fin da quando ero sindaco di Venezia. È una persona, sul piano dell’onesta intellettuale, al di là di ogni sospetto. L’idea che possa avere in mente di favorire la mafia è offensiva, e prima ancora totalmente scema». L’opposizione rischia di rimanere al traino del giustizialismo cinque stelle? «La deriva che consiste nell’approvare a prescindere ciò che stabilisce la magistratura viene da lontano. È figlia di certe correnti culturali all’interno del mondo comunista, già presenti negli anni di piombo. Detto questo, se il Pd non si rifonda e non trova un accordo con i cinque stelle, non ci sarà partita». Quindi dovranno accordarsi?«Sì, e l’accordo dovrebbe avvenire su una minima base culturale e strategica. Se invece si mettono insieme in Lombardia solo per non sparire entrambi, non c’è futuro. Quelli sono accordi che durano lo spazio di un mattino. Ma per favore, non mi faccia parlare del Pd». Perché?«Non vedo nulla che possa far prevedere un rilancio di quel partito. Ormai sono solo rivalità personali. Non si comprendono le posizioni dei diversi contendenti sulla linea politica, e men che meno su questioni essenziali come le strategie internazionali».A proposito di questioni internazionali: si è rassegnato al fatto che la guerra in Ucraina continuerà a lungo? La Germania si oppone all’invio di blindati a Kiev, ma gli Usa premono. «In generale, si è imposta la linea americana. L’Europa è sdraiata sulla Nato, e non vedo possibilità di arrivare a un armistizio. Vogliono sconfiggere la Russia, trasformando l’Ucraina in ciò che fu il Vietnam per gli Stati Uniti». A quale prezzo? «Non ci sarà la terza guerra mondiale. La Russia perderà la guerra, ma l’Occidente non ne uscirà rafforzato. Intanto, più va avanti il conflitto, più le sanzioni peseranno sulla nostra economia». Si diceva che Mosca sarebbe crollata in fretta, anche economicamente. Previsioni che non si stanno avverando? «Continuiamo a sbagliare culturalmente: l’opinione pubblica russa e cinese non somigliano affatto alla nostra. Hanno una soglia del dolore nettamente più alta». La cultura occidentale è ormai permeata dalla new age ambientalista. L’Europa si prepara a varare una direttiva sulle case green. La mentalità verde è la chiave della nostra sopravvivenza, o al contrario il fanatismo del nuovo millennio? «Non respirare veleni è un diritto umano, ma non può che affermarsi su scala globale. Finché la riconversione ambientale resterà confinata ai Paesi occidentali, la crisi ambientale si aggraverà. E poi occorre sempre comprendere che riducendo il consumo di energia, riduciamo anche lo sviluppo. Non commettiamo l’errore di pensare che ambiente e sviluppo siano sconnessi». Uno sbaglio frequente? «È giusto che l’Europa adotti politiche ambientali, ma il risparmio energetico non può essere inteso come deindustrializzazione. Che facciamo: chiudiamo Taranto e Marghera, lasciando che quelle industrie vadano in Cina, aumentando così il tasso di inquinamento?».Il progresso tecnologico aiuterà?«Bisogna puntare al sostanziamento dei salti tecnologici. Che non può significare semplicemente lasciare l’auto a benzina per l’elettrica, perché la fonte dell’energia rimane comunque la stessa. Semmai occorre alimentare le speranze sulla nuova generazione del nucleare. Quello sarebbe un salto tecnologico epocale, paragonabile al passaggio dal carbone al petrolio».