2023-03-23
«La farina di grillo è soltanto una moda che qui non passa: abbiamo una storia»
Lo chef Massimiliano Alajmo (Getty Images)
Lo chef padovano Massimiliano Alajmo: «Gli italiani alla cucina chiedono un ricordo. Se si riesce ad associarlo a un sogno, diventa un’esperienza».Ogni aspirante cuoco fai da te colpito dal Cupido del gusto, deve sapere che quando Massimiliano Alajmo compone un piatto, è pienamente consapevole di confrontarsi con l’infinito, dal quale, in ogni ambito della creazione, possono nascere sinfonie. Quella culinaria, tuttavia, è un’arte sottesa tra poesia e scienze esatte. Nemmeno la psicanalisi è da trascurare. Il barone Cipriano Rondò, nei racconti I ghiottoni di Fabio Tombari, spignattava fantasticando l’invenzione della quinta via tra il bollito, l’arrosto, l’umido e il fritto, per diventare immortale, come Pellegrino Artusi, ma soccombeva al baccanale degli ingredienti, ottenendo risultati dozzinali. Alajmo, nato a Padova nel 1974, ha raggiunto l’eccellenza già a 28 anni, quando al ristorante di famiglia, Le Calandre, nel 2002, sono state conferite le tre stelle Michelin. È stato il più giovane chef al mondo a ottenere tale prestigioso riconoscimento. Tra le portate classiche da lui firmate, «cappuccino murrina, risotto passi d’oro, battuta di manzo sulla corteccia, mozzarella di mandorle». Della selezione degli ingredienti, Alajmo ha fatto una filosofia. È sposato con Mariapia, classe 1979, ha tre figlie, Adele 18 anni ad agosto, Mariarita, 13, Giorgia, 11 a maggio. Vive a Rubano. Oggi il gruppo Alajmo, oltre a Le Calandre e Il Calandrino, a Sarmeola di Rubano (Padova), gestisce vari altri ristoranti, come il Quadri (a Venezia), l’Alajmo (a Cortina), lo Stern (a Parigi). Gli italiani nelle pietanze cercano più la tradizione o l’innovazione?«Credo cerchino la cucina buona. È fondamentale capire l’importanza della memoria e del ricordo che, se associati al sogno, diventano esperienza. Rievocare un profumo e portarlo in zone nuove, significa accompagnare l’ospite in un viaggio che unisce rassicurazione e scoperta in una dimensione del tutto personale e per certi versi irripetibile». A quali piatti, i nostri connazionali mai rinuncerebbero?«Qui entriamo in un campo minato. Ognuno detiene la migliore ricetta della mamma o della nonna, della pasta o di un dolce, perché la cucina non racconta solo il cibo che la contiene, ma è la proiezione di affetti, cura e consuetudini che in qualche modo trasferiscono serenità». Un esempio che sintetizzi il legame con sua madre?«Qui si casca in piedi, mia madre oltre a essere la mia maestra di pignata è un talento dal repertorio molto ricco. Ricordo ancora il suono dei rebbi della forchetta sulla ciotola di vetro contenente ricotta fresca, polvere di cacao, latte fresco e zucchero in semola per la merenda… Un semplice gesto per un pasto che nutriva il sogno».Da chef ha reinterpretato i suoi piatti?«Ogni mio gesto porta l’intenzione di trasmettere il sorriso e la gioia che lei continua a donarmi». In fatto di origini del gusto nella psiche, il suo declamato «cappuccino di seppie al nero» evoca Freud. «Siamo soliti servire questo nostro classico con una velina sui cui è scritto: «Primo gusto». Il riferimento è al primo ristorante e al primo cibo, il latte materno. Il cappuccino di seppie ripropone, per struttura tattile e derivazione gustativa, un forte richiamo alla tensione palatale che il latte materno rilascia al bimbo. L’amido della patata viene “stirato”, per enfatizzare, in degustazione, a una specifica temperatura, la sensazione istintiva di allappo tipica del neonato. Il messaggio che ne deriva è rassicurante, è un abbraccio, un gesto d’affetto protettivo».Immaginiamo due persone a cena, un occidentale e un orientale. Percepiscono gusti identici? «Più sono distanti le abitudini, i percorsi culturali ed esperienziali, più sono differenti gli esiti. Il cibo è anche la proiezione di un’attesa. Il gusto, per quanto possiamo percepirlo in maniera simile, offrirà a ciascuno un sapore carico di significati diversi. Lo stesso piatto degustato dalla stessa persona in momenti differenti, può scatenare reazioni contrarie. Se aggiungiamo le migliaia di variabili e condizionamenti esterni intuiamo che ogni esperienza è un’opportunità unica».La gastronomia avvicina o allontana? «A volte ci si allontana per avvicinarci. La cucina italiana è così contaminata da risultare nel medesimo istante unica e molteplice».Ma gli italiani a quale portata non potrebbero mai rinunciare, se non costretti?«A un piatto masticabile. Gli italiani amano le masticazioni tenaci purché le vincano, perché riflettono una certa rivalsa. Le resistenze sono un argomento straordinario, carico di significati e di reazioni non solo salivari…». L’Italia è leader della pasta, ma qualcuno ne individua le origini forse in Cina. Se dovesse cucinare uno spaghetto per avvicinare le due culture, che farebbe?«Uno spaghetto, uno, cotto a scalare, così ognuno ne avrebbe la sua parte. A noi spetterebbe quella più al dente fino a giungere al lato opposto, quello orientale, dalla cottura esaustiva: condividere per avvicinare».La pasta così com’è proposta in Italia, sa conquistare anche stranieri. Un italiano, tuttavia, resta colpito dal fatto che, in Germania, diventi spesso un contorno e, in Russia, si cuocia troppo. «La realtà è che ogni riferimento gastronomico porta con sé significati che sono altri da quelli strettamente culinari».Cosa ne pensa della possibilità, stabilita dall’Ue, di produrre trasformati, come farine destinate all’alimentazione umana, da alcune tipologie d’insetti, grilli, larve del verme della farina minore, locuste?«Oltre 2 miliardi di persone si nutrono abitualmente di insetti edibili nel mondo, spesso perché appartengono alle loro abitudini culinarie. Le ragioni di questo orientamento sono molteplici e vengono propagandate sotto il titolo sostenibilità, valore nutrizionale, nuovo sapore. La tendenza è questa e ne deriverà una moda. Non credo attecchirà in Italia, abbiamo un patrimonio storico molto forte e distante da certe visioni. Esiste anche il tema delle allergie, per esempio il carapace del grillo mi risulta contenga chitina, che può dare problemi alle persone allergiche. Credo che spreco alimentare, sostegno dei nostri artigiani, rispetto delle filiere e delle nostre campagne, benessere degli animali, siano ancora poco considerati rispetto a questo tema». Lei assaggerebbe un cracker o simile, contenente farina di grillo, di cui esistono già proposte sul mercato nazionale?«Non potrò esimermi, alla peggio… salterò di gioia». Proporrebbe in un suo ristorante una portata con questo ingrediente?«Maccheroncini al salto? (ride). Siamo ancora molto affezionati al “liquore dei Medici”, il meraviglioso Alchermes, il cui colore rosso deriva dalla cocciniglia. Lo utilizziamo nelle nostre zuppe inglesi».Dovremmo attenderci pasta o pane prodotti con farine d’insetti a prezzi inferiori a quelli fatti di farine di frumento?«Non credo proprio. Le farine di insetti mi risulta costino molto di più delle farine di grano».Ci sarà pure una ragione se il pane e la pasta, da secoli, sono prodotti con frumenti teneri e duri e non con insetti…«Di sicuro la struttura glutinica di un grano è così unica da risultare non facilmente sostituibile».Gli indici Nutri-Score in etichetta non semplificano troppo? Ad esempio esistono grassi ritenuti non dannosi per l’organismo. Non si rischia una burocratizzazione dell’alimentazione?«Il vero problema è che il cibo andrebbe visto come un alleato e non come un pericolo e l’uomo come un’identità e non come un consumatore. Questi sono gli effetti di un finto benessere, combattiamo gli eccessi con mille scorciatoie quando dall’altra parte del mondo ci sono popoli denutriti. Dov’è la coerenza? Di che salute stiamo parlando? Dobbiamo rivedere il sistema senza mettere al primo posto gli interessi personali ma il bene comune». Che ne pensa circa l’obbligatorietà dell’indicazione, in etichetta, della composizione dei vini, obbligatoria dall’8 dicembre 2023? «Sono informazioni in più che vengono date. Saperle interpretare non credo sarà così scontato». Cosa consiglia agli italiani, alle prese con penuria di budget, per mangiar bene contenendo i costi?«Stagionalità, freschezza e cura delle materie cercando di assaporare lentamente ingredienti semplici e autentici, privilegiando contadini e artigiani dedicati al mestiere». Potrebbe suggerire a chi legge un modo per cucinare in casa due uova aggiungendo un tocco di gusto in più e senza tartufo a disposizione?«In questa stagione... aggiungerei degli asparagi o delle erbette di campo e una spolverata leggerissima di macinato fine di liquirizia scura, accompagnandolo con una bruschetta di pane di grano duro strofinata con aglio novello, olio extra vergine di oliva, prezzemolo tritato e peperoncino fresco».La gastronomia richiama la convivialità. Tuttavia, il commissario Montalbano, pur in compagnia di una donna desiderata, preferisce desinare in silenzio. «La tavola è relazione con gli altri, ma vi sono momenti in cui l’ascolto di sé stessi può avvenire attraverso il cibo. Uno dei pranzi più illuminanti l’ho vissuto in compagnia di un mio fraterno amico e due straordinari monaci che solitamente mangiano in silenzio ascoltando musica sacra, rifugiandosi nel dialogo solo al termine del pasto in compagnia di un caffè. Ricordo ancora le lacrime di Gianni e i suoi occhi gioiosi, il mio sguardo sommesso, i suoni del cibo, il profumo della menta fresca e una vibrazione sacra».
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)