2023-02-22
«Senza termovalorizzatore Roma resta nel Medioevo»
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Nel riquadro Antonio Massarutto (Ansa)
Antonio Massarutto, professore di Scienza delle Finanze dell’Università di Udine, è uno dei più apprezzati esperti italiani di politiche ambientali ed organizzazione dei servizi pubblici locali, in particolare idrico e rifiuti: «L'inceneritore migliorerebbe la qualità dell'aria perché si potrebbe risparmiare sul costo del riscaldamento privato».Quella della «monnezza» a Roma sembra al momento un’emergenza senza fine. Un tema delicato che da anni è al centro della politica romana e non. Antonio Massarutto, professore di Scienza delle Finanze dell’Università di Udine, è uno dei più apprezzati esperti italiani di politiche ambientali ed organizzazione dei servizi pubblici locali, in particolare idrico e rifiuti.Professore Antonio Massarutto perché la Capitale è invasa dai rifiuti? «La situazione attuale nasce da una transizione mai preparata. In passato i rifiuti giacevano nelle discariche, fino a quando sono state operative non ci sono stati problemi; erano lo strumento meno costoso in assoluto. E Roma da questo punto di vista è stata “fortunata”, nel senso che ha potuto contare, rispetto alle altre grandi capitali europee, su una grande discarica in prossimità della città. Poi però, nonostante la chiusura di Malagrotta fosse nota ai più, nessuno ha avuto il coraggio di prendere il toro per le corna e affrontare la situazione».Dunque per lei le responsabilità maggiori sono della politica? «Parlare di rifiuti non è una cosa che porta voti. Tutti i sindaci che si sono succeduti nel corso del tempo hanno fatto il gioco del cerino con il successore. E lo hanno potuto fare anche grazie alla presenza della discarica di Malagrotta».Inutile girarci intorno: lei è favorevole alla realizzazione del tanto discusso inceneritore a Roma?«Capisco che sia un vicino di casa un po’ ingombrante. L’impianto, però, non deve essere visto come un alieno che invade la Capitale. Al contrario i romani dovrebbero cercare di intuirne le potenzialità. Per esempio penso ai benefici che potrebbe generare rispetto alla qualità dell’aria. Un inceneritore, infatti, brucia rifiuti e con l’energia elettrica prodotta potrebbe riscaldare una città. Se contemporaneamente venissero chiuse tutte le caldaie a gas o a gasolio utilizzate nelle case, alla fine dal punto di vista delle emissioni ci sarebbe un guadagno. È un fatto noto che ci sono delle città che hanno fatto del loro impianto un simbolo: penso a Vienna che lo ha reso un’attrazione turistica, e a quello di Copenaghen in cui addirittura si scia».Cosa succederebbe invece se il termovalorizzatore non venisse realizzato?«Roma resterebbe in deficit perdurante. È impossibile pensare che i romani mangino i rifiuti. Quindi potrebbero usarli per alimentare i cinghiali (il tono del nostro interlocutore diviene scherzoso, ndr), e poi a loro volta mangiare gli ungulati. Una soluzione adottata nel Medioevo: in Friuli Venezia Giulia per esempio c’era il maiale collettivo che girava per il paese, si alimentava con bucce e scarti che la gente buttava volutamente per strada e poi alla fine dell’anno con questo animale si facevano le salsicce per tutti. Dubito che queste soluzioni possano essere seriamente prese in considerazione da qualcuno».Quindi?«In tal caso, non ci sarebbero alternative ad esportare altrove i rifiuti non riciclabili, perché li bruci qualcun altro. Finché ci sarà un po’ di eccesso di capacità nel Nord Europa, almeno. In tal caso, i romani dovranno pagare il prezzo di mercato più quello di trasporto, con l’aggiunta delle sanzioni europee per aver violato il “principio di prossimità”».Scusi ma la raccolta differenziata? «Innanzitutto voglio precisare che bisogna distinguere tra raccolta differenziata e riciclo. La differenziata è un primo passo, dopodiché quello che viene raccolto è affidato ai consorzi nazionali che si occupano del riciclo. L’esperienza mostra che a rese percentuali maggiori corrisponde una qualità inferiore, con un maggior volume di scarti a valle del processo. Va da sé che bisogna investire la maggior parte delle risorse nella prevenzione e nel riciclo; ma la parte eccedente va invece gestita con un impianto “waste to energy” come quello di Acerra (Napoli, ndr) per fare un esempio. Una differenziata davvero efficiente può arrivare a coprire ottimisticamente due terzi del totale. Ma molto dipende anche dalla struttura urbana. A Roma, a differenza di Milano, mancano in genere spazi condominiali ad hoc per posizionare i contenitori, e l’unica alternativa è il sistema stradale. Più che la quantità, conta soprattutto la qualità di quel che si raccoglie. A San Francisco la differenziata raggiunge rese maggiori, ma consiste nel separare malamente un flusso secco da uno umido, per poi trasferire il tutto a un impianto che meccanicamente separa le varie componenti, prima di spedirle in Asia con l’etichetta di “materiali recuperabili”. L’esperienza che abbiamo fatto in Italia con questo tipo di soluzioni, i cosiddetti Tmb, autorizza più di qualche dubbio sul valore ambientale di questa soluzione».Professore lei non vive a Roma, ma immagino che abbia visto le immagini di cassonetti pieni e rifiuti abbandonati lungo le strade. Cosa ne pensa?«I rifiuti sono un flusso che si produce di continuo, e di continuo va eliminato. Come una vasca che si riempie d’acqua, e ha bisogno di uno scarico per svuotarla. Se lo scarico si ottura e il flusso in entrata non si interrompe, la vasca tracima. Per i rifiuti, l’equivalente dello scarico è un sistema di impianti capace di ricevere in modo continuo e affidabile il flusso raccolto. Anche per questo la soluzione dell’export rende il sistema vulnerabile: basta che qualcosa si inceppi, nel trasporto o a destinazione, e chi raccoglie i rifiuti non sa più dove portarli.».Senza dimenticare che dietro i vari passaggi del ciclo dei rifiuti può nascondersi la criminalità organizzata…«Più il rifiuto viene manipolato, maggiore sarà il numero delle persone o aziende che lo trattano. Ed è plausibile che in una situazione del genere finisca nelle mani sbagliate. Noi pensiamo sempre alla malavita nelle discariche abusive o alle navi cariche di “monnezza” affondate in mezzo al mare. C’è stato e c’è anche questo ma oggi le organizzazioni mafiose si infiltrano più facilmente nelle attività di “pseudo” riciclo. Quando il rifiuto esce dal servizio pubblico e sta per diventare rifiuto speciale è un bene sul libero mercato. Questo bene compie numerosi passaggi leciti, tecnicamente spiegabili però dentro i quali non è così difficile immaginare che si possa nascondere una manina criminale».