2021-05-25
Dalle mascherine alle primule fino ai banchi e alle siringhe. Tutti i fiaschi di Mr Invitalia
Dispositivi farlocchi costati un patrimonio, mediatori impropri e fornitori sospetti. Gli errori dell'ex commissario sono stati evidenti e ora sono al vaglio dei magistrati.Considerato da molti legato a Massimo D'Alema, Domenico Arcuri viene indicato dall'ex premier Giuseppe Conte come commissario il 10 marzo 2020, la nomina arriverà il 18, ma nei giorni precedenti Arcuri è già operativo alla sede della Protezione civile. Anche il 13 marzo, giorno dell'acquisto dei ventilatori polmonari forniti dalla cinese Silk road global information limited attraverso la mediazione proprio di D'Alema. Ventilatori che poi verranno indicati dalla la direzione regionale Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio come «non conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente». Il contratto è firmato dall'ex capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, ma il commissario in pectore è tra i destinatari della mail inviata dal fornitore cinese, allegata al contratto, in cui l'interlocutore cinese scriveva: «Abbiamo appena ricevuto informazioni dall'onorevole D'Alema Massimo che il vostro governo acquisterà tutti i ventilatori nella lista che ho allegato a questa e-mail». Proprio il 13 marzo Arcuri ha uno scambio di sms con Mario Benotti, uno dei mediatori della maxi commessa da 800 milioni di mascherine, cinesi come i ventilatori, costate alle casse della struttura commissariale 1,25 miliardi di euro. Quella sera Arcuri scrive a Benotti certificando la sua presenza negli uffici della Protezione civile: «Il destinatario (Arcuri stesso, ndr) è e resta alla Protezione civile: un distributore di morte». Quello delle mascherine cinesi è probabilmente il più imponente affidamento diretto mai aggiudicato dalla Pubblica amministrazione. Ma qualcosa è andato storto, visto che nei mesi la Procura di Gorizia ha sequestrato 115 milioni di mascherine, il residuo di una fornitura da 250 milioni di pezzi. Sequestri disposti dopo che esami di laboratorio disposti dalla Procura hanno stabilito che «la capacità filtrante è risultata essere addirittura dieci volte inferiore rispetto a quanto dichiarato, con conseguenti rischi per il personale sanitario che le aveva utilizzate». Tra i 12 produttori delle mascherine oggetto di sequestro, almeno sette corrispondono, secondo l'elenco dei dispositivi validati dal Cts, a fabbricanti riconducibili alle tre aziende fornitrici della maxicommessa intermediata da Benotti, dall'imprenditore milanese Andrea Tommasi, il finanziere sammarinese Daniele Guidi e il trader ecuadoriano Jorge Solis, tutti indagati dalla Procura di Roma per traffico illecito di influenze in virtù della provvigione multimilionaria finita nelle loro tasche. Nella stessa inchiesta Arcuri risulta indagato, insieme a un suo collaboratore, Antonio Fabbrocini, per peculato. Ad Arcuri era stato affidato anche il compito di mettere in sicurezza il ritorno alle lezioni scolastiche in presenza. E spuntano i banchi a rotelle, costati 119 milioni di euro e spesso finiti accatastati nei magazzini degli istituti scolastici. Per esempio in Veneto, dove la giunta ha ritirato i banchi a rotelle dai plessi scolastici perché provocano il mal di schiena. E nella fase preliminare era spuntato un fornitore abbastanza improbabile, la Nexus made Srl, ditta di Ostia che aveva superato la prima selezione preliminare, da parte della struttura commissariale, per aggiudicarsi un contratto da 45 milioni per la fornitura di 180.000 arredi scolastici. Un'azienda che, stando all'ultimo bilancio, aveva un capitale di 4.000 euro, un fatturato di 400.000 e un solo dipendente. Dopo che la notizia era diventata di pubblico dominio, l'affidamento a Nexus era stato revocato, il 9 settembre, quasi a ridosso della riapertura delle scuole. Per la campagna di vaccinazione l'ex commissario aveva previsto immaginifiche strutture in cui somministrare le dosi, le «primule», il cui disegno era stato affidato all'archistar Stefano Boeri, con un costo previsto di circa 400.000 euro l'una. Inizialmente Arcuri aveva annunciato 1.500 primule, ma alla fine le Regioni hanno gestito, a spese loro la conversione in centri vaccinali di fiere, palestre e palazzetti. E le primule sono rimaste nel cassetto. Un altro fronte aperto per l'ex commissario è quello, legato alla campagna vaccinale, delle siringhe, oggetto di approfondimenti sia da parte della Corte dei conti, che della Procura di Roma che stanno entrambe indagando sulle luer lock volute da Arcuri. Le costose siringhe, anche queste in larga misura cinesi, oltre 157 milioni di pezzi, inserite nel bando dello scorso novembre, furono pagate circa 10 milioni di euro. A gennaio i magistrati contabili hanno iniziato a verificare se per somministrare il vaccino anti Covid non potevano bastare dispositivi standard, assai più economici e che il nostro Paese produce. Inizialmente l'allora commissario aveva sostenuto che si trattava di una richiesta di uno dei produttori di vaccini, la Pfizer. In realtà l'Agenzia italiana del farmaco era stata l'unica a indicare che la vaccinazione doveva essere effettuata «con una speciale siringa sterile monouso dotata di sistema di bloccaggio dell'ago, luer lock, per evitare distacchi accidentali», mentre l'Ema non aveva inserito la raccomandazione. La Pfizer, interpellata ai primi di dicembre dagli inviati di La 7 e Mediaset, già aveva precisato che il loro vaccino «richiede l'utilizzo di siringhe e aghi comunemente utilizzati nelle vaccinazioni». L'ultimo schiaffo arrivato ad Arcuri non riguarda il suo ruolo di ex commissario, ma quello di ad di Invitalia. La Corte dei conti ha infatti bocciato pochi giorni fa l'accordo sottoscritto a febbraio 2021 tra il Mise, Invitalia e Reithera, azienda che doveva sviluppare il vaccino made in Italy. L'accordo è stato ritenuto carente rispetto all'investimento mentre veniva dato troppo spazio a un rafforzamento dell'azienda, compreso l'acquisto della sua sede. Con il rischio di dire addio al vaccino tutto italiano.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)