2021-02-15
È il momento di cacciare Arcuri
Per rimettere in piedi l'Italia bisogna puntare su economia e salute: nessuna delle due cose può prescindere dal vaccino per il Covid. Mario Draghi, dopo essersi tenuto ministri come Luigi Di Maio e Roberto Speranza, non può lasciare il piano di profilassi in mano al commissario.Va bene, lo ammetto: avrei preferito che Mario Draghi facesse un governo tutto nuovo, con gente mai vista invece che con alcuni impresentabili. Già mi era toccato digerire che, dissolta una maggioranza, non si dissolvesse anche questo Parlamento. Ma la presidenza affidata all'ex governatore della Banca centrale, ossia a colui che da tempo è considerato il nostro asso nella manica, poteva ben valere la rinuncia alle elezioni, soprattutto in considerazione del fatto che, dovendo l'esecutivo gestire una montagna di soldi (non regalati come dice qualcuno, ma presi a prestito e dunque quattrini a debito), era meglio che a occuparsene fosse uno esperto invece che una banda di improvvisati.Purtroppo, l'esordio non è stato quello che ci aspettavamo. Infatti, al posto di volti nuovi di alto profilo come ci era stato promesso dal presidente della Repubblica, ci ritroviamo quelli vecchi e il cui profilo non supera i tacchi di chi è chiamato a guidare il nuovo governo. Pazienza, incrociando le dita perché altro non ci resta da fare, seguiremo con attenzione e senza prevenzione ciò che Draghi farà, giudicandolo non per i ministri che ha scelto in questa avventura a Palazzo Chigi, ma per i risultati che saprà conseguire. Ci auguriamo, per lui ma soprattutto per gli italiani, che le cose vadano meglio e che, nonostante la presenza di Roberto Speranza, Dario Franceschini, Fabiana Dadone e altri, il nostro Paese si incammini su una strada migliore di quella percorsa finora. Il nuovo presidente del Consiglio ha davanti due sfide gigantesche: la prima riguarda la salute, la seconda l'economia, i soli due argomenti che in questo momento preoccupano le persone. Si tratta di problemi connessi, perché a provocare la caduta del Pil e dunque la perdita di posti di lavoro con la conseguente riduzione del potere d'acquisto delle famiglie è stata la pandemia con 93.000 morti a cui è seguita, come ha ben documentato il sociologo Luca Ricolfi in un suo recente saggio, una gestione dell'emergenza a dir poco confusa. Sì, salute ed economia viaggiano di pari passo, perché i conti non possono tornare se non ritorna la vita normale e questa è imprescindibile dalla messa in sicurezza delle relazioni personali. Se dobbiamo continuare a mantenere il distanziamento sociale, se siamo costretti a vivere rinchiusi e a non poterci muovere, se ci è impedito di andare al ristorante o al cinema, è evidente che l'economia non potrà tornare come prima. Dunque, prima ancora di pensare a come aiutare le aziende in difficoltà e i lavoratori rimasti senza lavoro, bisogna risolvere un problema chiamato coronavirus. E ormai anche i meno svegli hanno capito una cosa, cioè che tutto passa dal vaccino. Se si vaccinano le persone si ferma la diffusione dei contagi, perché si raggiunge l'immunità di gregge.E qui veniamo al principale problema che ha davanti a sé Mario Draghi, ossia come accelerare la campagna anti Covid. Da quando sono state messe a disposizione degli italiani le prime dosi è trascorso un mese e al momento è stato vaccinato poco più del 2% della popolazione. È evidente che se questo è il ritmo con cui si intende procedere per raggiungere il risultato di immunizzare il 70% delle persone, non ci vorranno mesi, ma anni. I centri vaccinali, quelli che dovevano sbocciare a forma di primula in tutte le città italiane non ci sono; i medici e gli infermieri che dovevano essere schierati in tutta la penisola per raggiungere una media di 150.000 vaccinati al giorno, sabati, domeniche e festività compresi neanche; le siringhe scarseggiano e gli investimenti per rafforzare le strutture sanitarie latitano. Insomma, anche un cieco si renderebbe conto che così non si vince il Covid, ma si rischia di battere la testa contro il muro. Per questo mi permetto di rivolgere un appello direttamente al nuovo premier. Caro Draghi, passi Speranza, che lei, per ragioni che mi sono ignote, ha deciso di confermare alla guida della Salute. Passi pure Luigi Di Maio, che sempre per ragioni oscure, lei ha scelto di tenere per rappresentare l'Italia all'estero. Però, signor presidente, ci liberi dal commissario straordinario all'emergenza. Gli italiani hanno già sopportato molte cose durante l'ultimo anno, per questo credo che non sia giusto infliggere loro l'ulteriore permanenza di Domenico Arcuri alla guida della task force che dovrebbe combattere il Covid. Se vuole vincere la guerra contro l'epidemia, sostituisca in fretta l'uomo che ha già collezionato tante sconfitte. I conflitti si vincono con i generali che si hanno sul campo: Caporetto e il generale Cadorna dovrebbero insegnare qualche cosa.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)