
Il presidente di Assobalneari Fabrizio Licordari: «Le nostre concessioni sono legittime: la Meloni ci difenda nella trattativa con l’Ue. Mattarella invece è stato informato male».«Ho speso un quarto della mia vita per questa battaglia a tutela delle aziende e finalmente ho trovato un governo che ci supporta, che ha il coraggio di andare in Europa a farsi valere». Fabrizio Licordari, 60 anni portati benissimo come capita alla agente di mare, ligure, è il presidente di Assobalneari, aderisce a Federturismo di Confindustria e rappresenta una decina di migliaia di stabilimenti balneari. Il suo day after della conferenza stampa di Giorgia Meloni è un giorno importante. «Perché la Meloni ha scandito queste esatte parole: questo governo ha fatto per la prima volta un lavoro che curiosamente nessuno aveva ritenuto di fare prima e cioè la mappatura delle nostre coste per stabilire se esista o no il principio della scarsità del bene che è fondamentale per l’applicazione della direttiva Bolkestein. La Meloni ha colto il punto centrale e con questa posizione che è anche una certezza giuridica, come confermato dalla Corte di giustizia europea il 20 aprile scorso e dalla Cassazione in novembre, ora va in Europa.»Per la verità l’Europa ha detto che valuterà questa posizione dell’Italia e anche la Meloni è sembrata incline a intavolare una trattativa. Lei cosa accetterebbe?«Mi auguro che sia Giorgia Meloni in prima persona ad affrontare il dialogo con l’Europa perché ha dimostrato di conoscere a fondo il problema - credo che il suo sherpa sia l’onorevole Carlo Fidanza che ci ha sempre ascoltati - confermando che lei studia davvero e perché ha il necessario piglio per tenere testa alla Commissione. Ma non può esserci un punto di caduta diverso se non la conferma che le nostre concessioni sono legittime perché la mappatura fatta dal nostro governo con l’impegno di ben nove ministeri dimostra che solo il 33% dei litorali è in concessione e nel conto mancano ancora le rive dei laghi e dei fiumi. Il che fa presupporre che la quota scenderà sotto il 30%. Ora delle due l’una: o la Commissione sostiene che il nostro governo mente o è incapace oppure di fronte a questi dati la direttiva Bolkestein non può scattare. Certo il presidente del Consiglio deve evitare la procedura d’infrazione dunque deve interloquire, ma dai dati emersi dal tavolo tecnico non si può prescindere».Siete contenti così?«Per la verità vorremmo essere parte del confronto con l’Europa ma di certo con Giorgia Meloni si è fatto un enorme passo avanti. Sento ora che l’opposizione dice che bisognava pensarci prima, che l’impostazione del governo è sbagliata, che il Quirinale ha ragione a mettere in guardia dal pericolo delle proroghe. Chiedo: in questi 15 anni - da tanto dura il tira e molla che ha penalizzato le imprese impedendoci di programmare gli investimenti e ha fiaccato la risorsa turistica - perché loro sono andati avanti con le proroghe e hanno avuto un atteggiamento supino all’Europa? Se si fossero mossi prima non saremmo dovuti arrivare a questo punto».Sergio Mattarella però sembra dar ragione all’Europa…«Il presidente della Repubblica è stato male informato. Un anno fa gli hanno fatto dire che le sentenze sui balneari erano definitive e la Cassazione ha smontato i pronunciamenti del Consiglio di Stato, quest’anno gli hanno fatto pigliare posizione sugli ambulanti ignorando che la situazione di quel comparto è gravissima. E poi c’è anche la partita delle concessioni delle centrali idroelettriche che sono un interesse strategico del Paese. Possiamo regalarle al primo che passa? La verità è che, con tutto il rispetto, Mario Draghi ha fatto errori sulla Bolkestein e questi errori sono stati assunti anche dal Quirinale. Credo che i tecnici del presidente abbiano anche un pregiudizio verso di noi».In che senso?«Nel senso che per loro io sono uno che pianta ombrelloni, come posso permettermi di contraddire i supertecnici? Lo faccio con fior di pareri legali, lo faccio come lo ha fatto il professor Giulio Tremonti che giustamente definisce la Bolkestein un residuato bellico. E poi lo devo dire: dal presidente della Repubblica mi aspetto che difenda prima le imprese italiane: noi, i tassisti, gli ambulanti che siamo tutte microimprese, le centrali elettriche che sono strategiche, e non gli interessi dell’Europa».Matteo Salvini la pensa come lei, la conforta?«Lo fa da ministro e infatti il suo ministero è quello che ha fornito i dati del Demanio indispensabili per la mappatura, lo fa da segretario della Lega, ma tutta la maggioranza di governo sta con noi a cominciare da Maurizio Gasparri».Ma non sta con voi il presidente di Confindustria che vi ha smentito…«Il ragionier Bonomi Carlo da Crema ha fatto una scelta: si è schierato col Quirinale contro le nostre imprese, ha difeso il Quirinale contro il governo. Non ha capito che il mio comunicato che forse, ammetto, era un po’ ruvido non era per correggere Sergio Mattarella di cui ho il massimo rispetto, ma per evitare al presidente della Repubblica un altro errore di valutazione, errore che c’è nei fatti. Quanto a Bonomi ormai mancano pochi mesi e poi Confindustria cambierà. Mi auguro che torni a difendere le imprese, noi compresi».
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
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Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
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Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






