
Passato alla storia come uomo simbolo dei voltagabbana del Parlamento, Domenico Scilipoti nel dicembre del 2010 lasciò l’Italia dei valori, partito nelle cui fila era stato eletto, per aderire a Forza Italia. Fu grazie a lui e a pochi altri onorevoli come lui che il governo di Silvio Berlusconi rimase a galleggiare per un altro anno, nonostante Gianfranco Fini si fosse portato via 33 deputati e 10 senatori. Adesso i nuovi Scilipoti sono i transfughi del Movimento 5 stelle, i quali sono pronti a traslocare da Conte a Draghi pur di evitare la caduta dell’esecutivo e le elezioni. Come il medico trasformato in politico da Antonio Di Pietro, anche i nuovi voltagabbana sosterranno di essere mossi da forti motivazioni e dall’interesse nazionale. In realtà, gli attuali Scilipoti sperano solo di poter prolungare la legislatura e dunque maturare non soltanto la pensione, ma incassare per altri dieci mesi l’indennità parlamentare. Molti di loro sognano la riconferma e, siccome i 5 stelle con l’avvicinarsi del voto vedono approssimarsi l’ora in cui dovranno tornare a una vita anonima e probabilmente cercarsi un lavoro, sperano che a garantirgliela sia la sinistra o quantomeno la zattera di salvataggio che il ministro degli Esteri ha gettato in mare visto il naufragio della nave con cui negli ultimi dieci anni ha solcato i mari della politica.
Sì, in queste ore è tutto un rincorrersi di voci e di tentativi di dare l’arrembaggio alla scialuppa. C’è chi ci prova direttamente con Di Maio e chi si fa avanti invece con i referenti del Pd, sperando che il campo largo includa anche loro. A sentire le indiscrezioni, sarebbe un fuggi fuggi da Giuseppe Conte e dal suo spin doctor Rocco Casalino. Da quando l’ex premier e il suo portaborsette hanno imboccato la strada senza uscita della sfiducia al governo, sono tanti i parlamentari grillini a cui tremano le gambe e se non sono ancora transitati da un fronte all’altro, schierandosi apertamente per la riconferma di Mario Draghi, è solo perché nel momento del salto temono di precipitare nel vuoto, senza un appiglio a cui agganciarsi per approdare nella nuova terra dei responsabili. Già. La prima volta che ho sentito questo termine era il 2010. Per evitare di farsi bollare come semplici voltagabbana, pronti a ogni giravolta pur di tener stretta la poltrona, gli Scilipoti si inventarono questa definizione: responsabili. L’aggettivo aveva un che di alto e sottintendeva un senso dello Stato che andava oltre l’appartenenza. Così, con una semplice parola che includeva una consapevolezza del proprio ruolo, ma soprattutto un atteggiamento sensato e giudizioso, si è coperto un decennio di cambi di casacca, fino a trasformare l’elezione in uno schieramento come un fatto puramente formale. Da anni in ogni legislatura gli opportunisti che mollano il partito ma non la poltrona, badando cioè a tenersi stretto lo stipendio, sono centinaia, al punto che nessuno si stupisce più.
Certo, vedere frotte di grillini che si trasferiscono da uno schieramento antisistema a uno filo sistema colpisce, perché pare di vedere la migrazione dei salmoni, che in blocco nuotano controcorrente. Con una sola differenza: mentre i salmoni tornano alle origini, cioè al fiume dove sono nati, i grillini vanno controcorrente per allontanarsi più possibile dal punto di partenza. Ricordate la famosa metafora della scatola di tonno, quando Beppe Grillo disse che i 5 stelle avrebbero usato l’apriscatole? Beh, passato qualche anno, gli onorevoli pentastellati paiono non avere alcuna voglia di lasciare la scatola che volevano sventrare: evidentemente si sono trovati bene.
Intendiamoci, non è tutta colpa loro. Ciò a cui stiamo assistendo alla Camera e al Senato è anche il frutto della paura di gran parte della sinistra di perdere il potere. Come ho già spiegato, i sondaggi in questo momento attribuiscono la vittoria al centrodestra e se si dovesse votare è certo che Pd e Leu dovrebbero lasciare le poltrone che occupano. Dunque, gli sherpa della trattativa puntano a strappare i grillini a Conte, e per questo si agitano come non mai, facendo balenare un ripescaggio ai naufraghi del Movimento. Ufficialmente si parla di necessità del Paese, richiamando il senso di responsabilità: bisogna attuare il Pnrr, ridurre le bollette, confermare l’ecobonus. E poi, come ha detto Luigi Di Maio, senza Draghi anche la siccità peggiorerebbe. Insomma, tutti si attaccano al canotto dell’ex presidente del Consiglio, nella speranza di non colare a picco. Uno spettacolo indecente, perché comunque vada, con tutti quegli Scilipoti a bordo la navigazione sarebbe comunque a rischio e arrivare in porto sarebbe un miracolo. Detto in due parole, se fossi Draghi li abbandonerei al loro destino prima di finire a fondo con loro.





