2019-10-20
Resa dei conti per Conte
Il percorso che attende i giallorossi è pieno di trappole. Gli alleati litigano su tutto e preparano i veti incrociati che potrebbero però far cadere l'esecutivo. Non solo sulla legge di bilancio, ma anche sull'Ilva e le partite Iva.Il premier Giuseppe Conte: «Il bilancio è chiuso, non torna in cdm». Ma i big dem non escludono più l'ipotesi voto anticipato. Andrea Orlando avverte: «Se succede si va con il Rosatellum".Premessa: per una coalizione compatta, anche il calendario parlamentare teoricamente più insidioso si rivela affrontabilissimo, perché una soluzione - per chi la cerca - si trova sempre. Al contrario, per una coalizione litigiosa e reciprocamente sospettosa com'è già la maggioranza giallorossa, anche il calendario teoricamente più lineare può diventare un Vietnam, perché ogni occasione diventa buona per litigare, ingigantire le differenze, alimentare le diffidenze, ricercare la visibilità di partito, addossare le colpe agli alleati, trasformare il governo nel bersaglio da colpire più che in un bene da preservare. È il metodo delle banderillas, che nella corrida fiaccano il toro, lo dissanguano, lo rendono insieme più debole e più nervoso, preparandolo all'esito inevitabile. È difficile immaginare che sia la manovra in sé l'occasione del colpo di grazia al Conte bis: realisticamente, nessuno se la sentirà di mandare l'Italia all'esercizio provvisorio (come accadrebbe se la legge di bilancio non fosse definitivamente approvata entro il 31 dicembre) e di passare per «irresponsabile». A maggior ragione perché poi in genere a un certo punto (in seconda e in terza lettura) arriva la versione finale della manovra, un pacchetto chiuso, blindatissimo nella forma di un maxiemendamento governativo da approvare con tanto di fiducia. Improbabile dunque che accadano sfracelli per quella via. Attenzione, però: perché invece tutto ciò che è intorno e accanto alla manovra può diventare un campo minato, un terreno ideale per incidenti e agguati. Tutte evenienze che possono essere divise in tre gruppi: altri provvedimenti che giacciono in Parlamento; provvedimenti collegati alla manovra; eventi esterni al calendario parlamentare in senso stretto. Il primo gruppo è abbastanza ristretto. Non dimentichiamo che, dal momento in cui il governo pre senta formalmente il ddl che contiene la manovra (la scadenza sarebbe proprio oggi, 20 ottobre), si entra nella cosiddetta sessione di bilancio. A quel punto, un ramo del Parlamento (Commissioni e Aula) inizia ad affrontare il testo, e nel frattempo l'altro ramo esamina gli altri provvedimenti giacenti; poi le parti si invertono, nel senso che è l'altro ramo del Parlamento a prendersi in carico la manovra in seconda lettura, mentre nella Camera rimasta libera si affrontano gli altri provvedimenti, e così via fino alla terza lettura (in qualche caso raro, eventualmente, alla quarta), finché le due Camere non hanno approvato esattamente la stessa versione della manovra. E cosa c'è sul tavolo nelle prossime settimane, manovra a parte? Occorre tenere gli occhi aperti sulla conversione del decreto per il trasferimento di funzioni e per la riorganizzazione di alcuni ministeri (è diventata una norma omnibus, con dentro misure di tutti i tipi), sulle proposte di legge in materia di conflitto d'interessi e di rappresentatività dei sindacati, e sulle proposte per istituire Commissioni d'inchiesta sulle case famiglia e il trattamento dei minori e - per altro verso - sulle fake news (ossessione renziana). A occhio e croce, nessuno di questi temi si presta a cedimenti e ammiccamenti da parte di pezzi di opposizione: semmai, più di qualcosa può alimentare faglie e fratture tra Pd, M5s e pattuglia renziana.Attenzione, però: abbiamo voluto isolare, tenendolo per ultimo, il provvedimento più caldo che già la prossima settimana occuperà Senato: è la conversione del decreto (che scade il 3 novembre) su lavoro e risoluzione delle crisi aziendali: dietro questo titolo neutro si nascondono temi insidiosi, a partire dall'Ilva, con la questione rovente dello scudo legale, dell'esimente penale da garantire ai gestori. La maggioranza sembra orientata a stralciare la norma dal decreto, a riscriverla e a collocarla altrove. Tradotto: non c'è intesa. E sembra improbabile che il nodo venga sciolto già domani (lunedì) in Commissione e dopodomani in Aula. Il secondo gruppo di provvedimenti è ancora in fase di scrittura, e ha tempi meno perentori. Secondo la Nota di aggiornamento al Def, tra leggi e decreti, c'è da attendersi una trentina di provvedimenti collegati alla manovra vera e propria. Non tutti saranno presentati entro dicembre, altri partiranno più avanti. Ma quello che certamente camminerà a fianco della manovra, anche in termini di iter parlamentare, è il decreto fiscale, dove confluiranno le operazioni più pericolose contro i contribuenti: gli interventi peggiorativi a danno delle partite Iva, il taglio delle detrazioni, la stretta pericolosissima contro le compensazioni, più la pioggia di nuovi balzelli e gabelle. È lì che ci sarà il Vietnam: è quello il terreno dove, se vi fossero forze di maggioranza vogliose di distinguersi (renziani in testa), potrebbero scatenarsi, con tanto di emendamenti potenzialmente appoggiabili dalle opposizioni. Contromossa possibile del governo? Blindare tutto con la fiducia: ma si sa che, se poi il voto di fiducia non va bene, il governo deve andare a casa. Va infine tenuto presente il terzo pacchetto di rischi, esterni al calendario parlamentare. E qui possono convergere fattori diversissimi, dalle regionali (dall'Umbria domenica prossima fino all'Emilia Romagna a fine gennaio) ai sondaggi, passando per i giudizi delle agenzie di rating e l'interlocuzione con Bruxelles sulla manovra. Per un corpo fragile (fragilissimo, se si considera che sono passati appena 40 giorni da quando il Conte bis ottenne la fiducia), anche un'influenza autunnale può portare alla polmonite. E a indurre qualcuno a staccare la spina. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/manovra-fisco-lavoro-e-regionali-pd-e-m5s-sono-gia-in-un-campo-minato-2641030285.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="conte-chi-non-fa-squadra-e-fuori" data-post-id="2641030285" data-published-at="1763044843" data-use-pagination="False"> Conte: «Chi non fa squadra è fuori»
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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