2022-04-19
«Ho scritto la galassia delle Michelin italiane»
L’editore gourmand Manfredi Nicolò Maretti: «Un volume cataloga tutti gli stellati dal 1959. Non è puro enciclopedismo, vi si può leggere l’evoluzione della nostra cucina: da chi ha toccato la vetta per poco a chi dura in cima dagli esordi. È un succulento calendario da collezione».E le stelle stanno a mangiare. Perdonerà sir Archibald Cronin l’ennesimo abuso al suo romanzo e l’ennesima violenza alla lingua italiana. Ha tolto d’impaccio generazioni di titolisti. Ma qui ci vuole. Si ragiona non di un tomino (da fare in griglia), ma di un tomo di 1.184 pagine - copertine in similpelle e nastrini segnapagina esclusi - che viene via per 55 euro inflazione compresa dove un giovane autore-editore ha dato corpo a una sua incontenibile passione. Tanto è pervasiva che non ha usato parole, ma numeri. Questo è un libro fatto di dati e di date, perciò memorabile. È denso come il puré di Joel Robuchon, spesso come il piccione di Alain Ducasse, prezioso come il riso giallo in foglia d’oro di Gualtiero Marchesi, profumato di ricordanze come la pesca melba di Auguste Escoffier, raffinatamente popolare come la passatina di ceci e code di mazzancolle di Fulvio Pierangelini, invitante come il suscì di Moreno Cedroni. Veniamo al dunque; Manfredi Nicolò Maretti da Faenza, ma imolese d’occupazione, 29 anni ha scritto e stampato con il suo atelier editoriale, la Maretti appunto, Le stelle Michelin in Italia: enciclopedia dei ristoranti stellati italiani dal 1959 al 2021. Una «follia» da impenitenti bliblio-gastrofili, che oggi a Roma è tenuta a battesimo da Cristina Bowerman, eccelsa ed eclettica cuciniera al Glass Hosteria di Roma, dopo l’anteprima milanese a Identità Golose, visto che la prefazione è firmata da Paolo Marchi.Manfredi Nicolò Maretti come si è permesso a 29 anni di scrivere e autopubblicarsi un libro? «Ho fatto da solo questo libro perché semplicemente non poteva farlo nessun altro oltre me. È stata una sorta di coazione a ripetere la mia nel cercare e collezionare tutte le guide Michelin uscite in Italia dal 1959 in avanti e una volta che le ho messe sullo scaffale in libreria mi sono detto: come consultarle? Come comprenderne fino in fondo il valore testimoniale? Mi sembrava giusto farne una collazione e così è nato il libro».Ma come a tutti i poeti le manca un verso, giusto?«Vero; la mia collezione di “rosse” ha un buco, mi manca quella del 1970. Ma grazie al San Domenico di Imola, che per me è casa e non è un caso sia tra i più longevi stellati d’Italia, l’ho potuto colmare».Lei è un collezionista di stelle?«Ho cominciato comprando le Michelin nei mercatini poi su e-bay e alla fine mi sono detto perché non farci il libro? Ci ho lavorato otto mesi per tirare giù date ed indirizzi e devo dire un grazie enorme a Laura Castellani e a Giovanni Dalla Vecchia che hanno fatto la ricerca dividendosi gli anni dal 1959 al 1991 e dal 1992 al 2021».E perché non anche la 2022?«Per rispetto alla Michelin; non mi sembrava giusto invadere il loro campo. Così come ritengo che si dovranno fare degli aggiornamenti al libro per tenerlo sempre degno del nome di enciclopedia. Li farò quinquennali. Diciamo che loro scrivono la cronaca della cucina e io li codifico in una storia».Quelli della Michelin sono molto gelosi del loro lavoro. Come l’hanno presa? «Benissimo, mi hanno fatto i complimenti. Al punto che penso che il lavoro che ho fatto io, che ha fatto la Maretti, andrebbe esteso almeno ai paesi gastronomicamente più rilevanti. Però la Michelin come si sa non si “sposa” con nessuno, sono però felice del loro apprezzamento. E poi il fatto che Fausto Arrighi che ha diretto la “rossa” per tanti anni abbia scritto l’introduzione al libro mi rende orgoglioso».Da un neppure trentenne uno si aspetterebbe la storia del rock, dei migliori videogame, che ci fa uno giovane in mezzo alle pentole?«Che ci faccio? Ma io vivo di passioni: l’arte, il teatro, la letteratura e la cucina sono il mio mondo. E sono anche il mio catalogo editoriale. La passione gastronomica è nata da piccolino quando mio papà Cristian mi ha portato a due anni a mangiare da Roger Verger al Moulin de Mougins e poi la folgorazione all’Hotel de Paris con Alain Ducasse, non ero neppure adolescente. E da lì ho sempre sentito che arte e cucina che pure hanno immense affinità sono la mia dimensione d’esistenza».C’è stato anche l’incontro con Maurice Von Greenfields che firma anche la postfazione e di cui lei ha editato il suo Tre Stelle Michelin. Ha contato vero?«Si è stata la spinta decisiva. Maurice è un uomo di una vitalità e di una cultura gastronomica sconfinata, mi ha spronato in questa impresa di continua consultazione delle guide. E devo dire che io un po’ aspiro al suo record: mangiare in tutti i tristellati del mondo».Una sorta di gigante e il bambino in salsa bernese?«Mi piace! È che io ascolto molto le persone adulte, mi piace stare con quelli che ne sanno, che hanno esperienza e attingo da loro per costruire il mio viaggio di vita, di cultura e di impresa. Non voglio né sono in grado di dare lezioni a nessuno, ma penso che i giovani farebbero bene a dare ascolto a chi ha vissuto per vivere loro meglio».A proposito; papà Cristian Maretti che ha detto di questo progetto?«Mi ha detto: ma a chi interessa un libro così? Però come al solito da quando mi ha affidato la casa editrice mi ha anche detto: fai come credi. E io ho fatto».Appunto, a chi interessa un libro così?«Prima di tutto ai ristoratori, poi ai loro eredi, poi a tutti i cultori di cucina e dovrei dire anche agli storici. La testimonianza più bella mi è venuta dal figlio di Guido Alciati che mi ha scritto: vedendo quelle date ho risentito l’eco dei giorni felici, dei posti visitati con papà ho sentito i profumi. E poi siamo già ottavi in classifica nel nostro specifico. Mica male per un libro da 55 euro. Che ambisce anche ad essere un oggetto colto e di culto, da esporre».Possibile che delle date diventino delle madeleine proustiane?«Assolutamente sì, l’ho provato anch’io. Ogni volta che appuntavo una data, una stella di un ristorante da me visitato, lo rivedevo, lo riassaporavo».Com’è concepito il libro?«Sono censite tutte le stelle Michelin che l’Italia ha avuto, da una a tre, anno per anno, poi regione per regione in modo che si può stabilire subito qual è stata l’evoluzione della nostra cucina. Che, computando le stelle, ha fatto passi enormi. Tanti ristoranti non ci sono più, se ne sono aggiunti di nuovi: alcuni hanno avuto evoluzioni folgoranti, altri sono cresciuti lentamente, qualcuno è pure decaduto. Ecco si ripercorre la storia sfogliando un appetitosissimo calendario».Già che ci siamo chi sono gli stellati di lungo corso?«Il più longevo è Arnaldo, Degoli ha segnato il gusto italiano. Poi ci sono il San Domenico stellato dal 1975, Da Vittorio dal 1978, dal 1982 Pinchiorri, Il Pescatore - Antonio Santini firma un ricordo nel mio libro - e Sorriso».Peccato non ci sia più Lascia o raddoppia se no lei vincerebbe…«Alla passione non si comanda!».La Maretti nasce come casa editrice d’arte, non la sta un po’ trascurando per la cucina?«Assolutamente no. Abbiamo fatto dei libri magnifici, anche col teatro e le biografie, abbiamo dei nuovi titoli di notevole impatto. La cucina oggi mi ha aperto nuovi orizzonti e ho fatto alcuni libri d’arte e cucina. L’ultimo dedicato a Matteo Baronetto che esce in contemporanea al Michelin è un libro futurista. E poi ne sta per uscire uno bilingue sull’ospitalità in cui Mattia Cicognani del gruppo degli hotel Batani si racconta. Facciamo un’editoria eretica!».Al punto che lei snobba le librerie e vende quasi solo su Internet. Scelta o necessità perché i grandi editori fanno muro?«Direi scelta. Sono convinto che il libro stia morendo. I grandi editori fanno libri sempre più economici, ma la virtualità sta progressivamente erodendo lo spazio dei libri. A meno che tu non ti faccia amica Internet. Per questo ho scelto di distribuire prevalentemente su Internet, di lavorare molto con i social. Vogliamo fare libri cult e libri che siano oggetti preziosi. Quanto alle librerie andiamo sulle indipendenti. Oggi in Italia i grandi editori hanno le loro catene distributive e se non sei dei loro non entri o paghi prezzi altissimi. Preferisco fare un’editoria che dialoga attraverso Internet con il lettore che poi sedimenta la conoscenza nel libro».Ma dopo l’enciclopedia arriverà anche una guida gastronomica Maretti?«Non credo; la Michelin lo fa benissimo anche se mai dire mai. Semmai una ragione ci sarebbe per fare la guida: parlare dei tanti altri non stellati che se lo meritano».Dunque lei ha un ristorante del cuore tra quelli che stanno nel libro?«Ne ho tanti, ma non voglio fare preferenze. Se devo indicarne uno dirò che mi dispiace di non avere collazionato anche il 2022 perché nel mio libro non compare Richard Abouzaki, il giovanissimo chef del Retroscena di Porto San Giorgio che ha preso una stella quest’anno».Intervista finita, che si fa? Risposta di Manfredi: «Si va a mangiare, si va per stelle».