2018-07-08
Maglietta rossa la trionferà: se questa è sinistra...
Continua a combattere battaglie distanti anni luce dai problemi della gente, che poi vota per altri. Il 4 marzo non è servito a nullaAvanti o popolo alla riscossa, maglietta rossa la trionferà. Peccato che il popolo non ci sia più, e il suo posto sia stato preso da quattro intellettuali di complemento e da una manciata di nostalgici che non si rassegnano all'addio agli slogan. Tutti con un'eguale faccia smarrita, tutti con la stessa aria triste di perdenti anche se di successo, tutti a farsi il selfie per poi tornare alle precedenti occupazioni con la coscienza tranquilla di aver fatto la rivoluzione. Il primo a farsi ritrarre con l'aria corrucciata da Che Guevara di Casal di Principe è lo scrittore con la «s» minuscola, il quale, avendo smarrito la vena narrativa, spera che parlando dell'emorragia di vite umane nel Mediterraneo tornerà l'Ispirazione con la «I» maiuscola. Così, con l'aria più arrabbiata che potesse mettere in campo di fronte all'obbiettivo del suo telefonino, il gomorroico Roberto Saviano si è sparato un'istantanea con la t-shirt vermiglia. La galleria dei nuovi partigiani prosegue con l'altro promotore della campagna, ossia don Luigi Ciotti, il prete che ci vuole liberare dalla mafie, ma intanto vorrebbe occuparci con i migranti. Anche lui davanti alla telecamerina ha l'aria di uno che ha appena terminato la penitenza e dà la sensazione che non sia stata una passeggiata. Il repertorio del popolo che va alla riscossa in maglietta rossa ovviamente prosegue con Gad Lerner, di cui ci siamo occupati ieri sulle pagine della Verità. Il tele giornalista è l'unico della compagnia a sorridere, ma - come abbiamo già spiegato - lo fa perché ha il Rolex e la cascina dove produce Barbera e Nebbiolo, di cui i suoi amici con la maglietta rossa parlano benissimo sollecitando nuovi brindisi. Rosy Bindi ha indossato la maglietta, ma si capisce che non vede l'ora di levarsela e scappare via. Infatti, nello scatto postato su Internet, si intravede una t-shirt corredata di volatili: un messaggio subliminale delle vere intenzioni dell'ex presidentessa della commissione antimafia. Vauro, vignettista con la matita intinta nel barattolo rosso, si ritrae con un'aria confusa mentre cerca di capire se davvero il telefono gli farà un autoritratto. Sandro Ruotolo, compagno di merende di Vauro ai tempi di Michele Santoro, si è fatto fotografare con una maglietta-slogan a favore della riapertura dei porti, ma guardandolo non si coglie l'ora grave che vorrebbe trasmettere, ma solo che non vede l'ora di chiudere gli occhi perché si è svegliato da poco. Laura Boldrini, che ora ha tempo, si fa ritrarre con una camicetta scarlatta elegante e sbracciata, con una scollatura molto glamour a «v» che si ferma prima di essere provocante: perché la rivoluzione non può mica sbracare. Leoluca Orlando indossa la maglietta, ma si capisce che, da ex democristiano, è un po' in imbarazzo e alla polo vorrebbe aggiungere una cravatta: nell'attesa di trovarla, però, si abbottona fino al collo nonostante il caldo africano di Palermo, così da sembrare più composto. Beppe Giulietti, un tempo capo del sindacato dei giornalisti Rai, si fa riprendere mentre guarda da un'altra parte, così si coglie l'indecisione: vengo meglio se guardo a sinistra o a destra? Alla fine deve aver stabilito che, nonostante lui sia di sinistra, il profilo migliore è il destro. Enrico Letta, aspirante leader della sinistra con la benedizione di Emmanuel Macron, sceglie una fotografia con profilo mussoliniano e labbra serrate. Alle spalle le cime di alcuni alberi, a segnalare che lo scatto è stato realizzato sottraendosi non all'impegno di direttore della scuola politica parigina, ma al duro lavoro dei campi: un leader si vede anche da questi dettagli. Susanna Camusso, al contrario di Letta e di tanti altri che si sono messi in rete, sorride felice all'obbiettivo con addosso la sua t-shirt: l'effetto è un po' da badante ucraina, ma siamo certi che la segretaria della Cgil avrà apprezzato il lavoro del compagno fotografo perché ricorda molto il realismo sovietico.Nella galleria dei nuovi resistenti, seguono numerose altre immagini. C'è il bagnino che, per risparmiare, ha pensato bene di usare la stessa canotta che impiega sulla spiaggia, scattandosi il selfie per poi postarlo sulle pagine di Repubblica. C'è il tizio che, nonostante sia fuori forma e fuori formato, non esita a mettere on line la maglietta rossa oversize deformata all'altezza del giro vita. Infine c'è chi, per fare qualcosa di alternativo rispetto al solito e un po' scontato abito bianco, ha deciso di sposarsi con addosso una maglietta rossa, nonostante non sia chiaro se la mise sia stata indossata in comune o davanti all'altare, che ovviamente fa la differenza.Il meglio comunque sono i molti nuovi partigiani, che alla maglietta rossa d'ordinanza - quella per intenderci lanciata da don Ciotti e Saviano, un capo che fa tanto extracomunitario - hanno preferito la Lacoste, ossia la polo con il coccodrillino all'altezza del petto sinistro. Gli scatti on line sono molto chic. E poi è anche più chic lo slogan: Avanti o popolo alla riscossa, la Lacoste rossa trionferà. Certo, il comunismo non c'è più, ma basta modificare la strofa finale della celebre canzone inserendo «immigrato» al posto di «comunismo» e si torna a sognare. «Evviva l'immigrato e la libertà». Perché, se il comunismo non c'è più, il ridicolo rimane e trionfa.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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