2021-07-27
Magistratura in tilt sul caso Storari. Toghe contro il pg di Cassazione
Piercamillo Davigo (Ansa)
La maggior parte dei colleghi si oppone al provvedimento che trasferisce il magistrato della vicenda Piero Amara. Giovanni Salvi gli ha contestato anche l'omessa astensione, però pure lui in una circostanza votò a favore di un'amica Due anni fa le toghe italiane, stordite dalla deflagrazione del caso Palamara, assistettero quasi inebetite al sanguinoso regolamento di conti tra magistrati seguito alla caduta dell'ex presidente dell'Anm. Alcuni consiglieri del Csm colpevoli di essersi incontrati per alcuni minuti, quasi senza proferire parola, con Palamara furono costretti alle dimissioni da articoli di giornale sapientemente eterodiretti e nessuno alzò le barricate per difendere un pm irreprensibile come Stefano Fava, colpevole solo di aver chiesto chiarezza sui comportamenti dei suoi capi, ipotizzando conflitti di interesse ancora oggi non approfonditi (che fine ha fatto l'esposto di Fava al Csm?). Due anni dopo, per fortuna, il clima è cambiato e la richiesta della Procura generale della Cassazione guidata da Giovanni Salvi di allontanare da Milano il pm Paolo Storari, indagato per rivelazione di segreto d'ufficio dalla procura di Brescia, ha trovato una ferma opposizione tra i suoi colleghi. Storari è accusato di aver consegnato i verbali dell'avvocato «pentito» Piero Amara all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, decisione che avrebbe preso per «autotutelarsi» contro la presunta inerzia della Procura di Milano, ma dopo che il Pg Salvi ha chiesto il trasferimento cautelare d'urgenza e il cambio di funzioni del pubblico ministero «per la serenità di tutti i magistrati del distretto», con una lettera, le toghe milanesi (58 pm su 64, 28 gip su 32, ma anche molti altri colleghi - il numero dei firmatari ieri pomeriggio aveva superato quota 150 -) hanno messo nero su bianco che «la loro serenità non è turbata dalla permanenza del collega nell'esercizio delle sue funzioni» presso la Procura di Milano. Anzi a «turbarli» è «la situazione che sta emergendo da notizie incontrollate e fonti aperte». E per questo chiedono rapidi chiarimenti. In effetti nel capoluogo meneghino il clima è esplosivo e la prima commissione del Csm sta portando avanti un'indagine per capire se ci siano situazioni di incompatibilità ambientale. Il caso Storari viene da lontano e parte dalla gestione di Amara, di cui il pm sotto indagine aveva chiesto l'incriminazione per calunnia e l'arresto, trovandosi in disaccordo con i suoi capi, di tutt'altro avviso. Il procuratore Francesco Greco e l'aggiunto Laura Pedio, nel pieno della bagarre del processo Eni, avevano consegnato alla Procura di Brescia (che poi archiviò il fascicolo) una decina di righe di un verbale in cui Amara gettava ombre sul presidente del collegio Marco Tremolada, lo stesso che poi avrebbe assolto i vertici della compagnia petrolifera. Proprio ieri, per ricostruire compiutamente la vicenda, sono stati sentiti dal Csm lo stesso Tremolada, il presidente del Tribunale Roberto Bichi e alcuni ex pm del dipartimento affari internazionali che si è occupato della vicenda Eni, senza mettere a disposizione delle difese alcune importanti prove (per questo è stato aperto un altro fascicolo d'inchiesta). Venerdì, invece, toccherà a Storari difendersi davanti alla sezione disciplinare. Ma la cosa incredibile è che di fronte rischia di trovarsi quattro consiglieri a cui Davigo ha detto di aver mostrato (e in alcuni casi anche distribuito) in anteprima i verbali consegnati da Storari, una rivelazione carbonara che non sarebbe stata ufficializzata in nessun modo dal presidente David Ermini e da altri tre dei cinque componenti titolari della sezione disciplinare: Fulvio Gigliotti, Giuseppe Cascini e Giuseppe Marra. Si tratta di membri che, in base all'articolo 51 del codice di procedura civile, Storari potrebbe ora ricusare. In questa situazione di marasma c'è un dato che vale la pena di evidenziare. Il Pg Salvi contesta a Storari la omessa astensione dalle indagini sulla consegna in forma anonima di una copia non sottoscritta dei verbali di interrogatorio di Amara ad alcuni giornalisti. Storari avrebbe dovuto avvertire i suoi capi di aver consegnato sei mesi a Davigo gli interrogatori del presunto pentito e che queste carte, potenzialmente, avrebbero potuto essere le stesse finite in mano ai cronisti. Salvi aveva accusato di omessa astensione anche Palamara «nel procedimento disciplinare instaurato a carico del magistrato Mara Mattioli, alla cui decisione egli partecipava […] e rispetto alla quale sussistevano, invece, gravi ragioni di convenienza in ragione di un consolidato rapporto di stretta amicizia con il predetto magistrato». Ma in pochi ricordano la querelle sulle mailing list dei magistrati del febbraio scorso, quando Salvi non si astenne durante la votazione al plenum per la collocazione fuori ruolo presso il ministero del Lavoro di Andrea Orlando di Elisabetta Cesqui, esponente di Md come lo stesso Salvi. All'epoca la Cesqui era sostituto procuratore generale della Cassazione e il Pg era il suo capo in un ufficio sotto organico. Per questo la donna, in una lettera di ringraziamenti, si espresse così: «Dovrei ringraziare troppi, anche tra quelli che non ci sono più, e perciò mi limito a salutare con affetto quelli con i quali ho fatto nel tempo un tratto di strada, e per tutti Giovanni Salvi, amico di una vita, che mi ha incoraggiato generosamente ad accettare la proposta, pure in un momento non facile per l'Ufficio». Al trasferimento, nel plenum del 25 febbraio, nonostante il parere positivo di Salvi, si opposero sette consiglieri del Csm e altri tre si astennero nella votazione. «C'è una violazione netta delle norme», sostennero i contrari, rimarcando le «scoperture» nell'organico della Procura generale del Palazzaccio. Md scese in campo con tutti i suoi effettivi specificando che «l'incarico di Capo di Gabinetto del ministro del Lavoro rientra tra le ipotesi eccezionali».Ieri sulla questione Storari si sono espressi anche i magistrati irregolari eletti con la lista Articolo centouno nel consiglio direttivo del Csm. Le loro parole pesano come pietre: «Possibile che nella gestione dell'articolatissima «vicenda Amara» da parte della Procura di Milano […] l'unico chiamato a risponderne sul piano disciplinare sia il sostituto procuratore Paolo Storari? […] In questa vicenda, poi, s'impone all'attenzione di tutti la questione della credibilità del promotore dell'iniziativa cautelare, il Procuratore generale Giovanni Salvi». Nel loro comunicato gli scriventi hanno ricordato l'episodio riportato dalla Verità della sua presunta «autopromozione» di Salvi durante un pranzo con Palamara, circostanza che non avrebbe ricevuto «chiara, precisa e doverosa smentita». Inoltre, sottolineano le toghe fuori dal coro, «è noto» che Salvi «appartenga alla corrente, politicamente assai connotata, a cui per tradizione è affidata la guida della Procura della Repubblica di Milano», ovvero Md. In più, «stando anche alle affermazioni non smentite» di Davigo, il Pg sarebbe stato «a conoscenza di almeno una parte della condotta, oggi addebitata a Storari, già da molto tempo prima che la notizia della consegna dei verbali a Davigo divenisse di dominio pubblico, senza che, tuttavia, in tutto questo tempo, forse anche più di un anno, avesse ritenuto di assumere, sotto il profilo disciplinare, alcuna iniziativa». Per questo i giudici di Articolo centouno concludono: «Non possiamo che rilanciare l'invito al procuratore generale Salvi a fare un passo indietro, a tutela dell'Istituzione che rappresenta e della credibilità della magistratura tutta».