
Abuso d'ufficio e peculato i capi d'accusa per il presidente Rai. Sotto la lente le note spese per promuovere il suo libro, pagate con i soldi di viale Mazzini, e gli affidamenti diretti per alcuni servizi. La vicenda era stata raccontata in anteprima dal nostro giornale.Come si affrettano a spiegare gli avvocati della Rai, si tratterebbe di «fatto meramente tecnico». E aggiungono con la stessa premura che «ragionevolmente si arriverà in breve tempo al definitivo chiarimento sulla vicenda». Può darsi abbiano ragione, resta però il fatto che non si può far passare come una cosa normale che il presidente della televisione pubblica, Monica Maggioni, sia indagata per abuso d'ufficio e peculato. Perché da ieri, con la conclusione delle indagini della Procura di Roma, la notizia è diventata ufficiale.La storia era stata raccontata in anteprima proprio sulle pagine della Verità e riguarda il periodo in cui la Maggioni era direttore di Rai News, tra il 2013 e il 2015. Da quello che si apprende, all'attuale presidente Rai vengono contestati i viaggi effettuati per presentare il suo libro Terrore mediatico, pubblicato e distribuito da una casa editrice privata, la Laterza. Il testo, scritto in seguito all'attacco terroristico alla redazione parigina di Charlie Hebdo, affronta il tema della strategia mediatica dell'Isis e dei video dell'orrore diffusi sulla Rete. La Rai in tutto ciò non avrebbe nulla a che fare, se non che gli spostamenti e le note spese per promuovere l'opera sarebbero stati pagati con i soldi di Viale Mazzini e quindi con quelli del canone versato dai contribuenti. Nel giugno scorso la deputata del Movimento 5 Stelle, Monica Liuzzi, aveva già presentato un'interrogazione in commissione di Vigilanza per conoscere la verità sul sospetto tour promozionale di Terrore mediatico: «Maggioni deve chiarire», chiedeva la grillina, «vogliamo sapere di quanti rimborsi e di che cifra stiamo parlando e anche chi li ha autorizzati. La presidente deve immediatamente restituire quei soldi, senza nascondere la polvere sotto il tappeto».La Maggioni non ha mai risposto, né restituito il denaro, ma al suo posto è arrivata la replica della radiotelevisione pubblica, con implicita ammissione di aver pagato. Secondo la difesa, infatti, gli otto incontri pubblici sarebbero stati in linea con l'incarico ricoperto dalla Maggioni, poiché nel libro venivano trattati temi «coerenti con il mandato editoriale assegnato». In pratica, le presentazioni erano ritenute dai vertici della televisione statale «elemento di promozione e valorizzazione dell'immagine della Rai». Ma la spiegazione non ha convinto i magistrati di Roma, che hanno proceduto a iscrivere la giornalista nel registro degli indagati.A essere contestati dagli inquirenti non sono soltanto i viaggi. La seconda accusa nei confronti della Maggioni riguarda affidamenti diretti e senza gara d'appalto di servizi per le piattaforme dei nuovi media da parte di Rai News. In particolare si parla di filmati per il sito Web e di appalti per l'informatizzazione. Si sarebbe dovuto fare un bando per individuare il fornitore migliore e meno caro, invece si è proceduto come non esistessero regole.L'indagine dei magistrati romani è partita in seguito a un esposto presentato dal presidente dell'associazione Rai bene comune, Riccardo Laganà, nel quale si ipotizzava una serie di presunti illeciti compiuti da Maggioni dal 2013 al 2015. In seguito a quella denuncia, a ottobre scorso la Guardia di finanza fece un'acquisizione di documenti nella sede di viale Mazzini. «Stiamo fornendo tutta la documentazione richiesta», dissero allora fonti Rai, «che era, tra l'altro, già stata consegnata all'Autorità nazionale anticorruzione». Laganà segnalò anche il fatto che il compenso di Monica Maggioni, in qualità di direttore di Rai News, sarebbe andato a sommarsi a quello percepito in qualità di presidente. Quindi la giornalista avrebbe percepito un doppio stipendio. Anche su questo aspetto si attendono chiarimenti. «Nessun accanimento», sottolinea Laganà, «contro il presidente, ma solo la volontà di «tutelare il servizio pubblico e gli utenti, perché se la Rai dovesse andare a rotoli ci sono di mezzo posti di lavoro e soldi dei cittadini spesi in maniere secondo noi poco trasparente».Sull'argomento la Maggioni è intervenuta una sola volta, affidando il suo sfogo al giornale amico La Repubblica: «Sono poche centinaia di euro per treni e taxi, per un lavoro che rivendico come fatto in nome dell'azienda». Aggiungendo che si tratterebbe di «accuse pretestuose», quasi fosse in atto un complotto contro di lei. A difenderla anche Michele Anzaldi, deputato democratico di fede renziana e già segretario della Vigilanza: «È giusto che gli inquirenti facciano il loro lavoro, ma ho trovato questa vicenda sorprendente: la Rai è il regno dello spreco, dei sei microfoni al seguito dei presidenti in visita all'estero, degli appalti dati alle società costruite ad hoc dai conduttori, dello strapotere degli agenti esterni, delle assunzioni di manager e collaboratori esterni quando ce ne sono a decine di interni pagati e costretti a non fare nulla. Di fronte a tutto questo, si parla invece di qualche biglietto di treno dell'allora direttore di Rai News per promuovere un libro?». Dai piani alti di Viale Mazzini aggiungono anche che «su questa stessa vicenda Anac ha già svolto approfondite indagini che si sono concluse in data 7 marzo 2018 con un provvedimento di archiviazione». Che però non è la strada seguita dalla Procura di Roma. Infatti già nei prossimi giorni il presidente della Rai potrebbe essere interrogato dal pubblico ministero Claudia Terracina.
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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