
Parigi ha già un patto con i lavoratori inglesi: resteranno senza penalità. E sulla Manica frontiere con i soldi Ue.Alla faccia dell'europeismo. Mentre Parigi fa la maestrina, dà lezioni e voti all'Italia, rea di contestare le regole di Bruxelles, sotto banco l'Eliseo si fa gli affari propri infischiandosene degli interessi comunitari. Questo era già evidente nel trasloco di soppiatto dei migranti alle nostre frontiere, ma ora Emmanuel Macron ha fatto un passo in avanti. Il tema è la Brexit che sta mandando in fibrillazione sia Parigi che Berlino: entrambi hanno intensi rapporti commerciali e finanziari con Londra. Con un disegno di legge, l'Eliseo ha deciso che qualora l'Ue e il Regno Unito non arrivassero a un accordo su una Brexit «pacifica», tutte le società inglesi che operano in Francia sarebbero comunque tutelate da una normativa che consentirebbe loro di continuare ad operare sul territorio francese. Il business sarebbe salvo. «Dobbiamo assicurarci che in assenza di un accordo il 30 marzo del 2019, i cittadini britannici che vivono in Francia non si trovino improvvisamente ad essere immigrati irregolari», ha detto il ministro per l'Europa, Nathalie Loiseau. Sono circa 190.000 gli inglesi che risiedono in Francia. Quindi se dovesse saltare il banco per la Brexit, la Francia non avrebbe ripercussioni sui propri interessi. È evidente che, di contro, Parigi godrebbe di un rapporto privilegiato con Londra che comunque resterà una piazza finanziaria importante. C'è quindi una doppia trattativa sulla Brexit, quella ufficiale condotta nelle sedi istituzionali comunitarie e quella sotto banco portata avanti da Parigi. A questo minideal, Macron sta lavorando da tempo. L'attenzione è rivolta in particolare al canale della Manica che è una delle arterie commerciali a più intenso traffico nei rapporti tra Ue e Regno Unito e che Parigi controlla insieme a Londra. Con la Brexit la postazione doganale va cambiata. La Francia, il Paese che ha più da perdere in caso di fallimento della trattativa, ha deciso di bypassare Bruxelles e di gestire il caso per proprio conto. Secondo quanto riporta il sito di informazione Politico, alti funzionari pubblici francesi si incontrano ripetutamente con controparti britanniche per discutere l'impatto della Brexit sulle economie costiere e sui porti settentrionali della Francia. Su questa area si intrecciano interessi che non sono solo economici. Molti uomini chiave dell'Eliseo, come il primo ministro Edouard Philippe, il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, il ministro del Bilancio Gérald Darmanin, hanno collegi elettorali nel Nord della Francia. Ma c'è di più. L'Eliseo vorrebbe scaricare su tutta l'Ue i costi per adeguare l'area a ridosso della Manica con nuove infrastrutture doganali post Brexit. Questo vorrebbe dire che anche l'Italia sarebbe chiamata a dare il suo contributo. Oggi migliaia di tonnellate di merci viaggiano su strada o mare verso la Gran Bretagna con controlli minimi. Dopo la Brexit, si imporranno misure straordinarie. Gli agenti doganali dovranno ispezionare tutti i container che attraversano il confine, effettuando verifiche supplementari sui flussi migratori. Quindi vanno costruiti vasti parcheggi, introdotti scanner moderni e altri strumenti tecnologici e addestrate dozzine di agenti doganali. Tutto questo ha un costo che la Francia vorrebbe dividere con tutta l'Europa pur essendo il principale Paese ad avvantaggiarsi.Anche Berlino sta studiando un piano di emergenza in caso di no deal. È stata la stessa cancelliera Angela Merkel a rivelare che il governo si sta preparando all'eventualità che la Gran Bretagna esca dalla Ue senza un accordo. Insomma i due big europei più che portare avanti la trattativa in nome dell'Europa sono preoccupati a tutelare i propri interessi. E l'Italia che fa? Chi crede ancora in una intesa condivisa e nel grande progetto europeo, rischia di restare col cerino in mano.
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».






