2018-07-16
Salvini e Conte
rifilano alla Merkel altri migranti. A Macron resta solo il pallone
La Francia multietnica di Paul Pogba e Kylian Mbappé supera la Croazia e vince il Mondiale sotto gli occhi di Vladimir Putin. Il presidente transalpino gongola, però quello da calcio è l'unico campo nel quale non sia stato stracciato.Dopo Malta e Parigi, pure la cancelliera tedesca darà accoglienza a 50 dei clandestini sbarcati a Pozzallo. Idem per Portogallo e Spagna. Matteo Salvini ora rilancia sulla Libia: un piano di aiuti per limitare le partenze da lì.Lo speciale contiene due articoliHanno vinto i peggiori. Timidi, opportunisti, in qualche fase quasi «vomitevoli» come piace argomentare al loro presidente Emmanuel Macron. Ma hanno vinto 4-2 e la Coppa del Mondo è per la seconda volta nelle loro forti manone francesi. Questo conta nel mondo del pallone, come predica spesso invano Massimiliano Allegri. Il resto è rispetto e rimpianto per la Croazia che ha giocato meglio, a tratti ha dominato. Ma il coraggio non sempre fa statistica. Un autogol da fallo inesistente, un rimpallo e un rigore da Var, regalato da un regolamento che non tiene più conto dell'involontarietà di nulla. Troppo, per chiunque non sia un algoritmo.Il mondiale multicult doveva avere il suo finale politicamente corretto e l'ha avuto, con il re plastificato del mondialismo senza patria Macron descamisado in tribuna a danzare l'hip hop. Sconfitto sull'immigrazione, costretto ad aprire i porti blindati dall'ipocrisia, abbandonato anche da Angela Merkel nelle sue corrucciate reprimende da primo della classe, le petit roi alza almeno la coppa. Una fortuna pazzesca, le viene restituito tutto insieme ciò che le fu tolto (in termini di meriti oggettivi) nella finale del 2006 a Berlino contro l'Italia. La Croazia ha una partenza da gran premio. Il pressing di Luka Modric e Ivan Rakitic è asfissiante, per i bleus è praticamente impossibile cominciare l'azione e il segnale è immediato: qui non si molla un centimetro, questo prato moscovita è dietro Plitvice, dove si vince o si muore. La Francia non si preoccupa ma si prepara a fare la murena nel buco: fin qui ha sempre giocato e vinto con un contropiede speculativo mascherato dalle giocate dei suoi campioni Kylian Mbappé e Antoine Griezmann. Ivan Perisic è scatenato, fermarlo è difficile e Lucas Hernandez ci prova tirandogli una manata in faccia: niente per l'arbitro argentino Nestor Pitana, più considerato in patria come attore generico che come direttore di gara. Secondo i tifosi di River Plate e Boca Juniors con la finale ha vinto un terno al lotto. La Croazia domina, ma al 18° il destino decide in altro modo: la Francia pesca il numero secco al casinó di Montecarlo e su una punizione di Griezmann, Marione Mandzukic devia di zucca all'incrocio dei pali. Però è quello della sua porta. E Danjel Subasic dalle grandi mani (oggi colpevolmente inutili) lo guarda con la disperazione negli occhi (1-0).Adesso potrebbe essere un'altra partita, ma la Francia è tatticamente limitata; del resto se avesse voluto spumeggiare avrebbe scelto un altro allenatore e non il contabile Didier Deschamps. I croati schiumano rabbia, i transalpini continuano a stare arroccati secondo il codice Rocco (Nereo). E dieci minuti dopo è Perisic - protagonista tragico della finale - a raccogliere un pallone al limite dell'area e a pareggiare con un gran diagonale (1-1). Quesito da cortile italiano: ciò che lo juventino distrugge, l'interista ricostruisce? Calma, perché al 38° lo stesso Perisic non fa in tempo a tagliarsi una mano, la palla ci finisce sopra in mischia e l'arbitro comparsa concede il rigore. È la morte ufficiale dell'intervento involontario; ciò che accade in area è sempre e comunque doloso. A questo punto il regolamento è utile solo per far le barchette nelle pozze dopo un temporale. Griezmann mette la palla sul dischetto e fa centro (2-1).Alla fine del primo tempo c'è la conta degli assenti, vale a dire degli spettatori non paganti: Marcelo Brozovic, Mario Mandzukic e il super pasticcione Ivan Strinic per i croati; Blaise Matuidi, Benjamin Pavard e il pennellone Olivier Giroud per i bleus. Quando si ricomincia è ancora la Croazia ad attaccare con generosità; doveva essere più stanca per aver giocato una partita in più (tre supplementari consecutivi) e invece dà lezioni di grinta, di tonicità atletica, di carattere. Ma su questo non c'era dubbio. Sugli altipiani dietro Zara finché c'è benzina si corre. Dopo 51 minuti si presenta Mbappé, al quale qualcuno ha tolto gli auricolari e ha detto: stiamo giocando. Al 58° la Croazia attacca, ma è ancora la speculativa Francia a segnare con Pogba, favorito da un rimpallo (3-1). Adesso è facile: tutti in area e rinvii su Mbappé. È ciò che puntualmente accade al 64° quando il bimbo d'oro segna il quarto gol in contropiede (4-1). Poi entriamo in una fase da pochade teatrale con il portiere Lloris che si crede Loris Karius, tenta di dribblare Mandzukic in area e gli regala un gol (4-2). Succede ai francesi, quando si sentono fenomeni, di mostrare lampi di ridicolo.Giovanna d'Arco torna in trincea. Un diagonale di Rakitic fa tremare la Tour Eiffel, ma adesso i guerrieri di Zlatko Dalic sono stanchi per davvero. Il telecronista Sandro Piccinini (perfetto il mondiale di Mediaset) commenta: «Ora la Francia non riesce a costruire più nulla». Per la verità non c'è mai riuscita, tenuta in piedi da Griezmann, da Pogba e da un'enorme statua della Marianna con un cornetto rosso al posto della bandiera. Così finisce un mondiale da luna park, disteso e divertente per chi l'aveva perso a novembre. Si conclude con il trionfo d'una piccola squadra sopravvalutata dalla cortigianeria mediatica, pur se composta da quattro grandi giocatori (Griezmann, Mbappé, N'Zonzi, Pogba). La Francia è campione del mondo per la seconda volta, simbolo del potere pervasivo, esteriore e molto fashion del multiculturalismo da iPhone. Ma il calcio è un'altra cosa. È un impasto di sofferenza e passione, è tattica e lacrime, è qualcosa che somiglia alla scalata della Croazia verso la luce. La luce degli sconfitti che hanno diritto di uscire a testa alta più dei vincitori non per sensazioni astratte, ma perché hanno giocato meglio, provando a vincere sempre. La somma dei loro voti è nettamente superiore a quella dei vincitori. Questo ribadiamo, mentre la grandeur deflagra, nel giorno in cui il pallone non mostra la sua sferica onestà.Giorgio Gandola<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/macron-re-del-mondo-per-un-giorno-ma-e-soltanto-una-partita-di-pallone-2587042317.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-merkel-si-riprende-gli-immigrati-il-metodo-conte-piega-anche-berlino" data-post-id="2587042317" data-published-at="1758041629" data-use-pagination="False"> La Merkel si riprende gli immigrati. Il metodo Conte piega anche Berlino Giphy Alla fine il tappo è saltato e anche la Germania ha scelto di collaborare. Il portavoce della cancelliera Angela Merkel, Steffen Seibert, ieri ha confermato che Berlino accoglierà 50 dei 450 migranti presenti su navi italiane e di Frontex in attesa al largo di Pozzallo, come anticipato da fonti del governo. «La Germania partecipa all'accoglienza dei migranti soccorsi nel Mediterraneo», ha scritto Seibert su Twitter: «L'accordo con l'Italia, in questo caso di prendere 50 persone, arriva nell'ambito dei colloqui in corso per una cooperazione bilaterale più stretta in materia di asilo». La posizione di Berlino, dunque, si unisce a quella di Malta e Francia, già da sabato resesi disponibili ad accogliere 50 migranti ciascuna. Anche Spagna e Portogallo hanno comunicato che accoglieranno 50 persone a testa. Anche se si tratta di numeri ancora piccoli, la reazione di Angela Merkel fa pensare che la politica del ministro dell'interno Matteo Salvini stia dando i frutti sperati. Chiudere i porti italiani alle Ong sta facendo muovere anche agli altri Paesi membri dell'Unione europea.Salvini ha lanciato un monito agli altri Paesi Ue che si stanno interrogando sull'accoglienza dei 450 migranti a bordo delle navi militari a Pozzallo: «L'Italia ha finito di essere il campo profughi del mondo. Finalmente esiste un governo che fa l'interesse dei cittadini italiani», ha detto. «Dopo 650.000 sbarchi di cui pagheremo le conseguenze per parecchio tempo, adesso tutti in Europa si sono resi conto che non possiamo accogliere solo noi. È l'inizio di un percorso. È chiaro che l'obiettivo finale del governo non è la suddivisione a livello europeo, ma il blocco delle partenze. Meno gente parte, meno gente muore». Ed è su questa falsariga che il leader leghista, in una lettera pubblicata ieri sul Corriere della Sera, ha annunciato che il nostro Paese interverrà per affrontare il problema immigrazione alla radice: è allo studio un piano di aiuti da destinare alla Libia per limitare le partenze. Intanto, l'Italia lavorerà «per avviare (o rinforzare) gli accordi bilaterali» con i Paesi nordafricani. La politica del ministro Salvini, però, non piace a Praga. Il premier della Repubblica Ceca Andrej Babis ha definito su Twitter la richiesta dell'Italia ai Paesi dell'Ue di accogliere parte dei 450 migranti «una strada per l'inferno». Babis ritiene che questa misura inciti «solo i trafficanti e aumenta i loro profitti». «Il nostro Paese», ha continuato, «non prenderà alcun migrante. Al Consiglio europeo abbiamo applicato il principio della volontarietà e ci atteniamo a esso». Secondo il primo ministro della Repubblica Ceca, «l'unica soluzione alla crisi migratoria è il modello australiano, ossia non fare sbarcare i migranti in Europa». Per Babis «dobbiamo inviare il chiaro segnale che l'immigrazione clandestina è finita e che l'Unione europea è pronta a rimpatriare immediatamente i migranti illegali. Dobbiamo aiutare i migranti nei Paesi dai quali vengono, al di fuori dei confini dell'Europa, per impedire loro di mettersi in viaggio». Ma a criticare le scelte della Germania non ci ha pensato solo Praga. «Budapest non accoglie nessuno», ha ribadito il portavoce del partito di Viktor Orban. «Al momento non abbiamo nulla da annunciare», è invece stata la risposta dell'Austria.Non ci è voluto molto ieri perché alcuni esponenti del governo Conte rispondessero alle critiche mosse dal premier ceco (e non solo). «Non sorprende, ma fa molto pensare che Babis commenti l'approccio italiano come 'la strada per l'inferno», ha detto ieri in una nota il sottosegretario agli Affari esteri, Manlio Di Stefano. «Forse il premier della Repubblica Ceca non ha ancora colto il senso di cosa significhi far parte di un'Unione. Non ci si può riempire le mani quando si tratta di beneficiare economicamente dall'Europa e lavarsele quando ci sono problemi da affrontare a viso aperto. Sappiamo tutti che nel lungo periodo l'obiettivo comune è quello di permettere a tutti di restare a casa loro con una vita dignitosa, ma nell'immediato non si può delegare». Di Stefano ha quindi sottolineato che ogni Paese membro dell'Ue deve prendersi le sue responsabilità. «Bisogna che tutti i 27 Paesi dell'Unione si prendano le proprie responsabilità», ha detto. «Il premier Babis, insieme ai Paesi di Visegrad (il gruppo di Stati formato da Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, ndr), devono seguire l'esempio. Altrimenti ripensino seriamente la loro funzione all'interno dell'Unione Europea», ha concluso il sottosegretario agli Affari esteri.Alle critiche di Di Stefano verso la politica di Praga si è unito su Twitter anche il presidente della Camera, Roberto Fico: «La strada per l'inferno è non saper accogliere tutti insieme in un'ottica di solidarietà. Ribadisco che chi non accetta quote va sanzionato pesantemente», ha sottolineato.Ora, come ha già ribadito il premier Giuseppe Conte, ci si attende che altri Paesi membri aderiscano ad accogliere i migranti, «mettendo così in atto un'azione condivisa a livello europeo». Sarebbe un'altra prova che la politica del ministro Salvini questa volta ha fatto centro.Gianluca Baldini