2019-11-24
Ma nessuno
ha voglia di far domande al Bullo?
Con l'ultimo avviso di garanzia, sono una quindicina i personaggi nell'orbita del senatore semplice finiti nella rete della giustizia. Dai genitori ai (quasi) amici come Luca Lotti, fino all'ex autista. Giornali e tv, però, ospitano le tiritere di Matteo senza fare domande.Ormai si fa fatica a tenere il conto degli esponenti del Giglio magico che sono finiti sotto inchiesta della magistratura. L'ultima è lady Leopolda, ossia Lilian Mammoliti, la donna che fa coppia fissa con Patrizio Donnini, meglio conosciuto come l'organizzatore delle prime campagne elettorali di Matteo Renzi. A dire il vero, la stessa Mammoliti era già finita nel mirino della magistratura per il fallimento di una società in affari con la famiglia del fu presidente del Consiglio. Le accuse che i pm di Cuneo hanno rivolto a Laura Bovoli, la mamma del fondatore di Italia viva, e che ne hanno determinato il rinvio a giudizio, riguardano infatti anche la signora della kermesse fiorentina, una specie di congresso auto promozionale che il senatore di Scandicci ormai ripete da dieci anni. Mammoliti, oltre che dai pubblici ministeri piemontesi, pare però inseguita pure da quelli toscani, i quali vogliono capire come mai una montagna di soldi del gruppo Toto siano arrivati a lei e a Donnini, per poi finire in un giro di denaro sospetto legato anche al Comitato per il referendum costituzionale, quello che tre anni fa propagandava la riforma di Maria Elena Boschi con uno slogan facile facile: «Basta un sì».La Procura di Firenze ritiene che non bastassero i sì, ma ci volesse anche un mucchio di quattrini e a questo avrebbe provveduto l'azienda di costruttori e gestori autostradali abruzzesi, facendo arrivare svariati milioni, una parte dei quali - centinaia di migliaia di euro - sarebbero finiti a vario titolo e attraverso diversi marchingegni nelle casse dei sostenitori del comitato favorevole alle modifiche costituzionali.Tuttavia, come dicevamo, Mammoliti e Donnini sono solo gli ultimi petali del Giglio magico a essere indagati. Prima di loro, altri sono finiti se non sul banco degli imputati per lo meno su quello delle persone sottoposte a indagine. Di recente, a ricevere un avviso di garanzia è stato Alberto Bianchi, una specie di eminenza grigia del renzismo. A differenza di altri, l'avvocato che ha ereditato lo studio di Alberto Predieri, uno dei grandi giuristi italiani, non è uomo che si sporca le mani nei consigli comunali. No, lui è persona che ama i consigli di amministrazione e infatti, da quando Renzi ha scalato le vette della politica, è stato nominato in alcuni cda, tra i quali quello importantissimo di Enel. Ma Bianchi, oltre a occupare la poltrona di consigliere nelle società pubbliche, sedeva su una altrettanto importante nella fondazione Open, ossia nella cassaforte del renzismo, perché da lì passavano i sostenitori dell'ex presidente del Consiglio. E guarda caso, proprio nei mesi della campagna referendaria per modificare la Costituzione, il legale di casa Renzi riceve pagamenti dal gruppo Toto per un importo che sfiora i tre milioni. Dopo poco, si affretta a versare una parte di quelle che sono descritte come parcelle per consulenze legali nelle casse dello stesso Comitato referendario, aggiungendo in sovrappiù altri 200.000 euro per la fondazione Open. Sicuramente l'erede di Alberto Predieri è persona generosa e dunque ha donato gran parte dei suoi incassi personali alla battaglia riformatrice di Renzi, ma i pm, che sono persone maliziose, ci vogliono vedere chiaro, sospettando che si tratti di finanziamento illecito, ossia del solito trucco per nascondere soldi versati al politico di turno.Prima di Mammoliti, Donnini e Bianchi (che secondo l'accusa avrebbero ricevuto la bella cifra di quasi 7 milioni) a finire nei registri degli indagati erano però stati altri esponenti della ristretta cerchia di frequentatori di Matteo Renzi. Nell'ordine, a ricevere comunicazioni dalla Procura (avvisi di garanzia, ordinanze di custodia cautelare o anche solo coinvolgimenti indiretti) poi sono stati: l'ex sottosegretario di Palazzo Chigi Luca Lotti per la vicenda Consip, cioè per aver rivelato - secondo l'accusa - informazioni riservate riguardo a un'inchiesta a carico del padre di Renzi; lo stesso babbo dell'ex segretario del Pd, di cui a un certo punto i pm hanno anche richiesto e ottenuto l'arresto; la mamma del succitato fondatore di Italia viva, vale a dire Laura Bovoli, pure lei arrestata nell'ambito di un'inchiesta per la bancarotta di tre cooperative, ma anche rinviata a giudizio in Piemonte, per la medesima vicenda di cui dicevamo prima, vale a dire per l'inchiesta su un fallimento che ha coinvolto la signora Mammoliti.Siamo a quota sei petali del Giglio magico, ma l'elenco non è finito, perché a un certo punto l'attenzione dei pubblici ministeri è stata attratta anche dal fratello del cognato di Matteo Renzi, tale Alessandro Conticini. Il parente più lontano del Rottamatore è accusato dalla solita Procura di Firenze di essersi intascato parte dei soldi che l'Unicef aveva destinato al sostegno dei bambini poveri dell'Africa. Il denaro sarebbe stato utilizzato invece dal cognato per comprare quote della società dei Renzi, mentre alcuni milioni sarebbero stati reinvestiti per costruire delle ville di lusso in Portogallo. Poi, dopo i «cognati», è arrivato l'ex cassiere del Pd ed ex fidanzato di Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi, parlamentare e avvocato. Nel suo caso, i pm di Roma sospettano che abbia incassato tramite la fondazione Eyu un po' di quattrini dal costruttore Luca Parnasi, soldi che in realtà sarebbero serviti a finanziare il Pd.Ma sotto inchiesta non ci sono solo parenti o collaboratori di prima fascia dell'ex premier. Se si vogliono ricordare tutti i protagonisti delle indagini di questi ultimi mesi o anni, il cerchio magico si allarga, perché bisogna citare Carlo Russo, anch'egli indagato per la vicenda Consip come Lotti e il padre di Renzi. E poi c'è Valeriano Mureddu, un sardo la cui moglie fece affari con il babbo del fu segretario del Pd, ma ai tempi del crac di Banca Etruria portò il genitore dell'ex ministro Boschi (pure lui indagato per bancarotta) da un esperto di fallimenti bancari come Flavio Carboni, già condannato per la bancarotta dell'Ambrosiano di Roberto Calvi. Quindi all'appello non può mancare Roberto Bargilli, ex autista del camper con cui il Rottamatore girava l'Italia, e poi ci sono Andrea Bacci, l'uomo che ristrutturò la casa del futuro presidente del Consiglio, e Luigi Dagostino, condannato insieme ai genitori di Renzi per alcune fatture.Siamo certi di avere dimenticato qualcuno, ma anche sicuri che i lettori abbiano capito. Fra tante indagini e accuse, possibile che tra i moltissimi cronisti che quotidianamente si genuflettono di fronte a Renzi per strappare un'intervista non ce ne sia mai qualcuno che provi a fargli una domanda sulla sequela di inchieste e arresti fra familiari e collaboratori? Possibile che nessuno gli chieda conto dell'azione di quei cattivacci dei magistrati? Capisco che i colleghi siano tutti impegnati a inseguire Salvini e i bidoni di petrolio, ma ci sarà una sardina curiosa di sapere la ragione di tutte queste inchieste? Oppure le sardine sono davvero tonni, e abboccano al primo amo renziano buttato in acqua?
Martha Argerich (Michela Lotti)