
I media nostrani hanno scritto che la nuova legge liberalizza la vendita di armi da guerra. In realtà il decreto recepisce una direttiva Ue e contiene regole ferree. Tutte le bugie di chi parla di mitragliatori al supermercato.«Vince la super lobby. Più facile possedere un'arma da guerra». «Perché dal 14 settembre sarà più semplice acquistare un'arma in Italia». «In Italia sarà più facile acquistare un'arma». «Armi: da domani più piombo per tutti, questa è l'Europa che ci piace?».Sono solo alcuni dei titoli apocalittici circolati sui quotidiani nazionali e sulle testate online più lette nel nostro Paese. Da Repubblica al Fatto Quotidiano, tutti paiono essersi convinti che, con il decreto legislativo 104 dello scorso 10 agosto, entrato in vigore con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e approvato per recepire la nuova direttiva europea 853/2017, il Vecchio continente somiglierà al Far west. Il sito dell'Agi, piazzando una foto di Matteo Salvini, identificato come il capofila del partito degli sparatori, ha scritto: «Tra le altre cose sarà più facile detenere armi di derivazione militare come il Kalashnikov Ak47 e il fucile semiautomatico Ar15, spesso utilizzato nelle stragi nelle scuole americane». Il liceo Giulio Cesare di Roma come la Columbine high school. Il presidente dell'Anm, Francesco Minisci, ha tirato fuori il sommo spauracchio: «Siamo contrari alla vendita di armi nei supermercati». Spesa al Carrefour: mi dia un etto di prosciutto, un filoncino di pane e un mitragliatore M60. Ovviamente, nessuna legge autorizzerà gli oplofili a rifornirsi alla Esselunga. La nuova legge italiana non nasce neppure su iniziativa di Salvini, bensì dall'esigenza di recepire in modo intelligente una direttiva Ue che, a sua volta, era stata approvata in una forma ampiamente migliorata rispetto all'impianto iniziale. Che fu messo a punto, soprattutto su impulso della Francia, dopo la strage del Bataclan. Allora il governo di François Hollande, che precipitava negli indici di gradimento, pensò di dare un segnale ai cittadini per dimostrare la propria determinazione nel combattere il terrorismo. Qualche bomba buttata a casaccio in Siria e un'azione incisiva per colpire il traffico di armi. Peccato che, anziché il contrabbando, il progetto della direttiva Ue punisse i legali possessori di armi. Tra le proposte discusse c'erano prescrizioni sulla detenzione di armi e munizioni che avrebbero reso impossibile la difesa domestica. La direttiva fu ammorbidita grazie agli sforzi di Vicky Ford, eurodeputata britannica che presiedeva il Comitato per il mercato interno e la protezione dei consumatori e grazie all'opposizione di alcuni Paesi dell'Est (in particolare la Repubblica ceca, che non recepirà la direttiva fino a quando, sulla sua legittimità, non si sarà pronunciata la Corte di giustizia europea). Di certo, il testo uscito in Gazzetta ufficiale l'8 settembre non trasformerà l'Italia nel set di un film d'azione. E non consentirà a nessuno di comprare fucili automatici per regolare i conti con il vicino rumoroso. Innanzitutto, la legge riduce la validità dei porti d'arma da 6 a 5 anni. Inoltre, chiunque possiede armi in assenza di un'autorizzazione al porto (ad esempio, chi le ha ereditate e ha ottenuto il nulla osta alla detenzione), dovrà presentare ogni cinque anni una certificazione medica di idoneità psicofisica. Tra i punti contestati dai giornaloni c'è la possibilità di denunciare acquisto e detenzione di armi e munizioni anche per via telematica, attraverso la posta certificata. Francamente incomprensibili le obiezioni di chi grida alla tana libera pistoleri esaltati. Esistono tecnologie per risparmiare tempo e scartoffie. Usiamole. La norma, è vero, non introduce l'obbligo di informativa sul possesso di armi ai propri conviventi maggiorenni. Ma non si capisce perché questo debba improvvisamente spingere le persone a comprare pistole all'insaputa dei familiari, per sterminarli alla prima lite.Il decreto approvato in Italia cancella l'inutile restrizione sui caricatori introdotta dalle misure antiterrorismo dell'ex ministro Angelino Alfano, portando la capacità massima consentita a 20 colpi per armi corte (prima erano 15) e 10 per armi lunghe (prima erano 5). Evidentemente ci si è resi conto che i terroristi non si preoccupano di acquistare legalmente le armi e di rispettare i divieti sul munizionamento e che, se l'arma utilizzata in un attentato è automatica (cioè spara a raffica, perché di provenienza illecita), non è la capacità del caricatore a fare la differenza.L'aspetto che però preoccupa di più gli «oplofobi» è quello relativo alle cosiddette armi da guerra. Intanto, occorre precisare che nessuno poteva o potrà venderle. Sul mercato civile esistono precise limitazioni. Non si possono detenere le armi automatiche in dotazione agli eserciti. In Italia è vietato usare i calibri militari, tanto che abbiamo inventato appositamente il famoso 9x21 millimetri per distinguerlo dal 9x19 Nato. Si poteva e si potrà acquistare un'arma esteticamente identica al Kalashnikov, ma essa funzionerà come qualsiasi altro fucile semiautomatico, anche uno dipinto di rosa e riempito di teneri adesivi di Hello Kitty. Nessun allarme, nessun regalo ai presunti stragisti all'americana. E poi la direttiva Ue ha istituito una nuova categoria, A6, per le armi demilitarizzate, cioè riconvertite in modo irreversibile ad armi semiautomatiche per uso civile. Potrà possederle solo chi è iscritto a un tiro a segno federato con il Coni. Non si direbbe che siamo in presenza di una liberalizzazione delle armi da guerra. Su indicazione dell'Europa, anzi, il decreto italiano sancisce anche nuove regole per migliorare la tracciabilità delle armi. Su ogni esemplare il fabbricatore dovrà imprimere «una marcatura unica, chiara e permanente» che consenta un'identificazione inequivocabile di quell'arma e possa essere inserita in una banca dati telematica (anche se quest'ultimo punto si annuncia di difficile applicazione). I giornaloni, dunque, ci hanno venduto un'interpretazione della nuova normativa totalmente sballata. Hanno condito il solito polpettone da ideologi del disarmismo, sperando di screditare la categoria dei tiratori sportivi e dei collezionisti diffondendo paure irrazionali. Pure un magistrato come Minisci, che si presume sappia di cosa parla, ha evocato l'inesistente scenario dei fucili in vendita al bancone del Carrefour. Ricordiamocelo, quando sentiremo questa gente pontificare sulle fake news.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
La presidente della Fondazione Patrizia De Luise: «Non solo previdenza integrativa per gli agenti. Stabiliamo le priorità consultando gli interessati».
«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
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È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






