2022-07-24
Il M5s si butta nello sprofondo rosso e studia un’alleanza a sinistra del Pd
Alessandro Di Battista (Ansa)
Mentre Enrico Letta guarda al centro, Giuseppe Conte lancia l’opa sull’elettorato radicale. In un video Beppe Grillo ripristina il totem dei due mandati (e attacca Luigi Di Maio). Torna in scena anche Alessandro Di Battista: «Candidarmi? Vediamo».Beppe Grillo, Giuseppe Conte e Alessandro Di Battista: il M5s si prepara ad affrontare la campagna elettorale con un attacco a tre punte e l’obiettivo di recuperare i consensi dei «duri e puri», sorpassare a sinistra il Pd e sperare che il Dibba rosicchi qualche voto della destra sociale e antibellicista a Giorgia Meloni. La strategia è chiara e pure obbligata: Enrico Letta ha deciso di non provarci nemmeno a contrastare la corazzata del centrodestra, ha chiuso i ponti con M5s e sinistra, continua a rincorrere un centro che ha più leader che voti e propinare agli italiani una «agenda Draghi» senza Draghi, ovvero il nulla assoluto e pure spiegato male. L’obiettivo di Conte è creare un polo giallorosso (scuro) e dare battaglia al centrodestra sui temi sociali, lasciando Letta alle prese con il fantasma di Draghi e le ricette di Carlo Calenda. «Se qualcuno pensa di fare campagna elettorale in nome dell’agenda Draghi ha sbagliato», dice il segretario nazionale di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni. Entra nel dettaglio, parlando con la Verità, uno dei big nazionali del partito di sinistra radicale: «È tutto aperto», spiega il nostro interlocutore, «potremmo andare col Pd se non ci sono Renzi e Calenda e si mette da parte l’agenda Draghi, o da soli insieme ai Verdi o in ultima istanza con Conte». E Articolo Uno, il partito di Roberto Speranza, Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema? «Si candideranno sotto il simbolo del Pd», aggiunge l’esponente di Sinistra Italiana, «noi faremo la nostra lista rossoverde con un programma nuovo, basato sui diritti sociali e civili». Malumore per la chiusura al M5s da parte del Pd arriva da Arturo Scotto, coordinatore di Articolo Uno: «In politica», argomenta Scotto, «dire mai più è sempre un errore. Se non ci sono oggi le condizioni per un accordo politico pieno con il M5s, ragionare su accordi tecnico elettorali non può essere escluso aprioristicamente. La legge elettorale ci dice che se non c’è un’intesa larga sui collegi uninominali, la destra può sfondare e prendere una maggioranza ampia e cambiare da sola la Costituzione». Scotto trema per l’ipotesi di un programma basato sull’agenda Draghi: «I temi sociali e del lavoro», avverte, «non possono diventare monopolio del M5s». Dunque, il M5s lancia l’opa sull’elettorato di sinistra, mentre Beppe Grillo scende in campo e pubblica un video sui suoi canali social, una specie di richiamo alle origini, a partire dalla regola dei due mandati: «Possiamo essere morti tra 15 giorni, non lo so», azzanna Beppe, «ma so che questi nostri due mandati sono la luce nella tenebra, sono l’interpretazione della politica in un nuovo modo, come un servizio civile. L’Italia», aggiunge Grillo, «si merita tante cose e noi non siamo riusciti a farle: mi sento colpevole anche io. Ma abbiamo fatto qualcosa di straordinario: sono tutti contro di noi. Siamo degli appestati. E quando tutti, compresi i bulli della stampa, sono contro di noi significa una sola cosa: che abbiamo ragione». L’attacco a Luigi Di Maio è spietato: «C’è gente che fa questo lavoro», dice Beppe, «entra in politica per diventare una cartelletta, Giggino ’a cartelletta adesso è di là che aspetta di archiviarsi in qualche ministero della Nato. Ha chiamato decine di cartellette che insieme a lui aspettano di essere archiviate a loro volta. Se dobbiamo morire», dice ancora Grillo, «non vorrei morire come una cartelletta». Un paio di ore dopo Giuseppi sguaina il ciuffo da battaglia e attacca direttamente Letta, ripostando sui social il grottesco post del segretario dei Dem, quello sull’«Italia tradita» e il volto di Mario Draghi, che ha suscitato migliaia di commenti negativi: «È vero, Enrico», scrive Giuseppi, «l’Italia è stata tradita quando in Aula il premier e il centrodestra, anziché cogliere l’occasione per approfondire l’agenda sociale presentata dal M5s, l’hanno respinta umiliando tutti gli italiani che attendono risposte: basta salari da fame e precarietà per i nostri giovani, buste paga più pesanti per i lavoratori, tutela delle 50.000 piccole imprese dell’edilizia a rischio fallimento, lotta all’inquinamento vera e non trivelle e inceneritori. L’agenda Draghi da voi invocata», aggiunge Conte, «ha ben poco a che fare con i temi della giustizia sociale e della tutela ambientale, che sono stati respinti e umiliati sprezzantemente. Ma adesso non è più tempo di formule e giochi di palazzo. Ora ci sono le elezioni, non voteranno solo i noti commentatori di giornali e talk show che ci attaccano e i protagonisti dei salotti finanziari che ci detestano. Anche chi non conta e chi non ha voce», conclude Conte, «potrà far pesare il proprio giudizio. Noi per loro ci saremo sempre». L’obiettivo di Giuseppi, visto che il Pd ha deciso di non giocare neanche la partita col centrodestra, è approfittare dell’appiattimento dei Dem sul centrino calendian-renziano e recuperare i consensi delle fasce sociali più deboli. Intanto, Di Battista fa capire di essere pronto a candidarsi: «Vi ringrazio», sottolinea il Dibba rivolgendosi ai suoi sostenitori, «perché in tanti mi state scrivendo di ributtarmi nella mischia. Come sempre cerco di essere molto sincero, il che per qualcuno è la mia debolezza anche se io penso che sia la mia forza. Vedrò cosa succede in questi giorni. Finisco il mio lavoro», aggiunge Di Battista, «perché io lavoro, torno in Italia e vedo cosa succede perché penso che molte cose che vengono dette dai politici a caldo, nei prossimi giorni verranno ritrattate. Io non sono disposto a tutto pur di tornare in parlamento». Traduzione: se il M5s non torna col Pd, Dibba è in campo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)