2020-09-20
L’uomo delle mascherine fantasma è sotto processo per bancarotta
L'intermediario tra la Regione Lazio e una delle società dello scandalo è un imprenditore imputato. Secondo la procura antimafia, i soci dell'azienda avrebbero rapporti con la criminalità organizzata.A introdurre ai piani alti della Regione Lazio la Internazionale biolife Srl, una delle ditte coinvolte nel mascherina-gate, è stato un imprenditore in disgrazia imputato per bancarotta fraudolenta, poi sostituito da un altro condannato per lo stesso reato. Fatto sta che alla ditta, che aveva ricevuto una commessa da 27 milioni di euro (a fronte di un fatturato - nel 2017 - di 272.000 euro e un utile di 1.000), è stato revocato l'affidamento dopo un sequestro di 147.940 camici impermeabili ordinato dalla Procura di Taranto.Gli investigatori hanno cercato di ricostruire la strada tramite la quale la Biolife sia arrivata alla corte del governatore Nicola Zingaretti.Carmelo Tulumello, l'ex comandante della polizia municipale di Rieti che da capo della Protezione civile del Lazio ha firmato con le imprese gli accordi che in alcuni casi puzzano di truffa, sentito a verbale dalla Guardia di finanza il 5 giugno 2020 sostiene che la Biolife sarebbe stata «segnalata» dalla Direzione salute e integrazione sociosanitaria. E in modo specifico, verbalizza, «dalla dottoressa Lorella Lombardozzi». Il capo della Protezione civile esibisce anche della documentazione. E i finanzieri ne danno atto. Poi spiega: «Sulla scorta di due proposte d'acquisto emesse dalla Internazionale Biolife rispettivamente in data 27 marzo 2020 (3 milioni di mascherine chirurgiche e 3 milioni di FfP2) e in data 29 marzo 2020 (1 milione di camici e 1 milione di tute protettive) l'Agenzia regionale Protezione civile ha emesso, in data 27 e 30 marzo 2020 (in piena emergenza ndr), i rispettivi affidamenti per euro 10.800.000 e 14.000.000 di euro». E infine ha spiegato che «a oggi la società ha consegnato unicamente 45.000 camici. Dette consegne sono state effettuate negli ultimi tre giorni per 15.000 camici al giorno, come da bolle che vi consegno. Al riguardo vi consegno anche uno dei camici ricevuti per eventuali accertamenti che riterrete opportuno eseguire». La Biolife, stando a quanto ha spiegato Tulumello, ha incassato tramite due bonifici 2.160.000 euro e 2.800.000 euro «quali acconti del 20 per cento relativi ai due affidamenti». Lo stesso giorno (5 giugno 2020) viene sentita Lorella Lombardozzi, nella sua qualità di dirigente del settore Area farmaci della Regione Lazio. E salta fuori una nuova pista. A indicare la Biolife, secondo Lombardozzi, sarebbe stato il suo capo, Renato Botti, manager milanese che in passato è stato uomo di fiducia di Roberto Formigoni e di don Verzè e che è stato nominato commissario della Sanità laziale appena Zingaretti si è seduto sulla poltrona da governatore.Ecco la versione della Lombardozzi: «Durante i primi giorni dell'emergenza sanitaria comunicavo al mio direttore Renato Botti la forte criticità per la mancanza di mascherine di ogni tipo da distribuire alle strutture sanitarie. Il dottor Botti mi informava che era stato contattato da tal Dario Roscioli come persona in grado di fornire dispositivi medici per la Protezione civile della Regione Lazio, lasciandomi il suo numero telefonico con l'invìto di contattarlo». Per gli aspetti contrattuali, però, specifica Lombardozzi, «interessai immediatamente il dottor Tulumello». Non risulta che Botti sia stato sentito. O, almeno, il suo verbale non è presente negli atti che La Verità ha potuto consultare. Nelle carte dell'inchiesta di Taranto, però, sono state versate le proposte della Biolife arrivate via fax e anche sul cellulare della Lombardozzi.Ieri abbiamo provato a contattare più volte Roscioli, l'uomo che avrebbe fatto da ponte con il direttore generale della sanità laziale, ma senza fortuna.Su Internet che nel 2013 Roscioli, membro di una nota famiglia romana di albergatori, è stato arrestato per una presunta frode fiscale nel settore dell'hôtellerie da 150 milioni di euro effettuata attraverso due società fallite. Rimesso quasi subito in libertà, Roscioli, assistito dall'avvocato Cesare Gai (lo stesso che assiste - ma sembra che si tratti di una coincidenza - i vertici della Ecotech, altra ditta implicata nel mascherina-gate laziale), è riuscito a dimostrare che una delle due società non era realmente andata in rovina. A quel punto sono cadute buona parte delle accuse. Resta imputato (in primo grado) per il crac della Forimi Italia agriturismo Srl, di cui Roscioli non è mai stato amministratore, ma è detentore ancora del 3 per cento delle quote. La società è fallita nel 2012 e apparteneva per il 48 per cento alla Roscioli consulting (di proprietà di altri sei membri della famiglia) e per il restante 49 alla Cows and victory resort limited.Alla Biolife commentano: «Roscioli? È lui che ha messo in contatto la Regione con Antonio Formaro e Francesco Oliverio. Ha tante conoscenze, ma è solo un commerciale, non ha mai avuto quote dell'azienda».Formaro sino al 31 luglio 2020 possedeva il 45 per cento della ditta e c'era lui quando è stata presa la commessa. Secondo il quotidiano Domani, in alcuni atti depositati alla Procura di Roma, è inquadrato così: «I dati investigativi e giudiziari raccolti a suo carico mostrano un significativo spessore criminale, abituali frequentazioni con pregiudicati per gravi reati anche associativi di traffico internazionale di droga ed economico finanziari». Oliverio, classe 1980, invece, avrebbe «connessioni» con «affiliati al clan Belforte della camorra casertana e uomini legati a cosa nostra di Catania».Il procuratore di Roma Michele Prestipino ci spiega: «Per una parte dell'inchiesta di cui parliamo c'è stata una discovery, essendo state disposte delle perquisizioni. Quei virgolettati provengono da indicazioni contenute in una nota inviata alla Procura di Roma dalla Direzione nazionale antimafia nell'ambito delle funzioni di coordinamento e sulle quali sono in corso approfondimenti investigativi. Si tratta, insomma, di una attività d'impulso, che va verificata».Oliverio è indicato nelle carte in possesso della Verità come «responsabile commerciale» della Biolife. Gli investigatori annotano che sarebbe «irreperibile». Negli atti viene descritto anche come «referente» della società «nei rapporti con l'Agenzia regionale Protezione civile del Lazio». Proprio come dichiarato da Lombardozzi, che ha spiegato pure quando è avvenuto il turnover: «Lo stesso Roscioli, nel periodo di Pasqua (che ricadeva il 12 aprile ndr), mi comunicò che per ragioni personali non era più disponibile e, nel contempo, mi comunicava il nominativo e il numero di telefono di tale Francesco Oliverio quale persona che lo avrebbe sostituito per le problematiche connesse alla mancata fornitura dei dispositivi medici che nel frattempo si erano aggiudicati».Nel casellario giudiziale di Oliverio risultano due sentenze: una a 2 mesi di reclusione con multa da 200 euro del 17 febbraio 2017, emessa dal Tribunale monocratico di Roma, per appropriazione indebita (per fatti commessi a Roma nel 2011) e divenuta irrevocabile il 22 maggio 2017; e una a 2 anni di reclusione emessa dalla Corte d'appello di Roma (irrevocabile) l'11 febbraio 2019 a conferma della sentenza di primo grado per bancarotta fraudolenta. Con il secondo giudizio, Oliverio ha riportato anche l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità a esercitare uffici direttivi di qualsiasi impresa per dieci anni.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)