Solo un meteorite precipitato da chissà dove può cambiare il mondo. Con questo desidero sottolineare come solo un evento esterno al sistema organizzativo, sia esso politico o culturale, abbia la capacità di modificare lo stato delle cose. Gli eventi di questi giorni dimostrano con sfolgorante chiarezza che il cambiamento invocato è solo parte di una narrativa ben lontana dall'essere implementata nella pratica.
Solo un meteorite precipitato da chissà dove può cambiare il mondo. Con questo desidero sottolineare come solo un evento esterno al sistema organizzativo, sia esso politico o culturale, abbia la capacità di modificare lo stato delle cose. Gli eventi di questi giorni dimostrano con sfolgorante chiarezza che il cambiamento invocato è solo parte di una narrativa ben lontana dall'essere implementata nella pratica.È inutile cimentarsi su quello che sarà il governo di questa Repubblica: lo vedremo quando una delle numerose possibilità che si palesano, ora dopo ora, si affermerà come nuovo orizzonte organizzativo. Da qui ad allora tutto può cambiare per garantire la stabilità immutabile di quello che finora è già stato.Da qualunque parte la si rigiri, senza il meteorite siamo fermi. Diciamo che possiamo, tuttavia, trarre qualche indicazione di massima che potrebbe essere utile per una temporanea consapevolezza del «come vanno le cose»: temporanea consapevolezza, perché anche essa si consuma molto rapidamente e non fa storia.Emergono un paio di conferme. La prima riguarda l'idea di democrazia che ci siamo fatti noi che il voto lo esprimiamo, non loro che lo raccolgono. Un'idea romantica, anzi onirica, che non si ritrova nella quotidianità. Prendiamo pure in rassegna più casi. Scontato fare riferimento al presidente Sergio Mattarella che per tutelare il risparmio dei consumatori - non ha parlato di cittadini - e confortare gli operatori economici, interviene con una azione politica totalmente irrituale e inammissibile espropriando sia le funzioni del Parlamento sia i cittadini - non considerati - nella espressione di una maggioranza politica che aveva il diritto di essere messa alla prova. Ma diamo un occhio alla controparte, che ha saputo argomentare tutto, e il suo contrario, dando per scontato che il voto espresso fosse una delega per indicare chi dovesse detenere il potere e non una delega per dirigersi, tutti, verso obiettivi condivisi. Se la democrazia è espressione della volontà della maggioranza nel perseguire insieme degli obiettivi, poveretta, di certo non abita in questa Repubblica. Perché, infatti, neppure le opposizioni hanno seguito migliore via, quando in nome della tutela del voto più intelligente degli altri hanno palesato la possibilità di governare da minoranza. I conti non tornano. O meglio tornano se finalmente accettiamo che la democrazia italiana è una forma di tolleranza benigna della espressione di un popola il cui compito è confermare il pensiero di chi il potere già lo detiene. Cittadini sotto tutela: del Presidente, del segretario di partito o di Casaleggio . La seconda conferma riguarda l'impossibilità strutturale del cambiamento: siamo seri, nessuno lo vuole. O meglio: nessuno di quelli richiamati appena sopra.Provate a immaginarvi alcuni di costoro senza la controparte che ne legittima il gioco e la posizione: uno specchio senza immagine riflessa è il vuoto e così, ciascuno di quelli, è il reciproco per l'altro. Povero cambiamento reclamato da tutti, a parole, allontanato da tutti, nei fatti. Siamo oggi presi da lunghi giri di negoziazione politica, cioè una forma di relazione il cui obiettivo è riportare in equilibrio le parti che si confrontano, non quello di portare a compimento un progetto. Il vero senso del negoziato è il mantenimento della stabilità tra le parti che detengono un poco di potere: ma esso si realizza nelle forma diretta della relazione, senza delega. Più esso procede nel percorso degli aggiustamenti, più si allontana dalle ragioni che hanno innescato il processo che lo ha richiesto. La negoziazione soddisferà certo le parti coinvolte - se non sono anche pirla - ma non necessariamente i deleganti: nel nostro caso i cittadini che da una finestrella dello scantinato, guardando verso l'alto attraverso la bocca di lupo, vedono i duellanti che negoziano per difendere i cittadini stessi.Il cambiamento è una bufala. Enorme.Perché poi guardatevi dentro: siete tutti sicuri di volerlo, rischiando quanto avete di brutto e di bello? O forse anche voi, noi, come anche chi ci rappresenta, siamo sufficientemente contenti della narrativa delle possibilità del cambiamento, senza chiederci l'esagerazione di provarlo sul serio?In ogni caso, per attuarlo serve solo il meteorite.
Maria Sole Ronzoni
Il ceo di Tosca Blu Maria Sole Ronzoni racconta la genesi del marchio (familiare) di borse e calzature che punta a conquistare i mercati esteri: «Fu un’idea di papà per celebrare l’avvento di mia sorella. E-commerce necessario, ma i negozi esprimono la nostra identità».
Prima puntata del viaggio alla scoperta di quel talento naturale e poliedrico di Elena Fabrizi. Mamma Angela da piccola la portava al mercato: qui nacque l’amore per la cucina popolare. Affinata in tutti i suoi ristoranti.
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Il testamento: cedete ad uno tra Lvmh, EssilorLuxottica e L’Oreal. Al compagno Leo Dell’Orco il 40% dei diritti di voto.
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Filosa: sorpasso di Leapmotor. Poi smentita e controsmentita. Il duello continuerà.