2022-05-03
«Paghiamo il gas in rubli». Giallo Cingolani
Il ministro dà un’intervista a «Politico» in cui apre alle richieste di Vladimir Putin «per qualche mese». Poi smentisce. La verità è che non ci sono alternative. Maggioranza spaccata sul decreto aiuti per l’energia: il M5s non vota.Tra un embargo minacciato (quello sul petrolio), uno realizzato ma non ancora avviato (quello sul carbone) e uno invocato ma distruttivo (quello sul gas), prosegue l’imbarazzante sequenza di partenze e arresti dell’Ue. Dopo l’adesione della Germania ad un embargo graduale applicato al petrolio russo, fornita l’altro giorno dal ministro tedesco Robert Habeck, vi è stata, a stretto giro, la frenata da parte dell’Ungheria, che si è detta nettamente contraria. Un accordo unanime in Europa ancora non si trova e Budapest, che dipende molto dal petrolio russo, punta i piedi. La Germania, secondo Habeck, ha già fatto molti sforzi per ridurre la propria dipendenza energetica dalla Russia. L’import di carbone è passato dal 45% all’8%, il petrolio dal 35% al 12%, il gas dal 55% al 35%. «Le importazioni russe di petrolio sono state sostanzialmente ridotte alle quantità rimanenti richieste dalle raffinerie di Leuna e Schwedt, ovvero solo il 12% circa in totale. La completa indipendenza dalle importazioni russe di greggio entro la fine dell’estate è quindi realistica», ha concluso il vicecancelliere. La raffineria di Schwedt è uno snodo importante del processo di affrancamento dal petrolio russo. Il grande impianto, terminale di un oleodotto dalla Russia, è infatti proprietà della russa Rosneft. Andrebbe quindi nazionalizzato per poi, in accordo con la Polonia, usare Danzica come punto di ingresso di petrolio contrattualizzato con altri. Ieri comunque è filtrata l’indiscrezione che dall’embargo potrebbero essere escluse Slovacchia ed Ungheria, a causa della loro estrema esposizione verso la Russia. Ieri si è tenuta l’ennesima riunione straordinaria dei ministri dell’energia del Consiglio europeo, con un solo punto all’ordine del giorno, «Situazione energetica nell’Ue nel contesto della guerra in Ucraina». Prima dell’incontro, il sito Politico.eu ha riportato le parole del ministro italiano Roberto Cingolani, che a sorpresa, sul controverso tema del pagamento del gas secondo lo schema imposto da Gazprom, avrebbe affermato: «Penso che sarebbe bene per qualche mese, almeno, consentire alle aziende di andare avanti e pagare in rubli, mentre comprendiamo il quadro giuridico e le implicazioni. Credo che le compagnie petrolifere e del gas non possano rischiare di pagare e poi essere accusate di aver infranto le sanzioni, ma allo stesso tempo non possono rischiare... di non pagare in rubli». Dichiarazioni che hanno agitato parecchio le acque stagnanti di Bruxelles, dove l’alta burocrazia è impantanata alla ricerca di un espediente per salvare la faccia, ma anche quelle di Roma. Tre ore dopo la comparsa dell’articolo di Politico, infatti, è arrivata la secca smentita dal ministero della Transizione ecologica. «L’articolo pubblicato da Politico dal titolo “Italy open to paying for Russian gas with rubles” è fuorviante e non corrisponde alla posizione espressa dal ministro Cingolani che non ha mai aperto ad un pagamento in rubli. In attesa che si definisca unitariamente, a livello di Ue, la posizione sui pagamenti, lo schema euro/rubli che prevede che le imprese paghino in euro, al momento non lascia ravvisare una violazione delle sanzioni stabilite il 24 febbraio». La linea del Piave del pagamento in euro, insomma, si rivela non così salda. Nei giorni scorsi, in ogni caso, si è parlato apertamente di compagnie europee che avrebbero aperto il conto in rubli e di alcune che avrebbero già pagato. Nella conferenza stampa seguita al consiglio europeo i commissari hanno ribadito che il meccanismo proposto dalla Russia non è accettabile dall’Unione. Permane quindi l’incertezza su cosa potrà succedere nelle prossime settimane.Al di là della scivolosa aritmetica sui quantitativi, delle diatribe sulla valuta dei pagamenti o delle fantasiose combinazioni per sostituire la Russia con questo o quell’esotico fornitore, resta l’amarezza. Perché ai cittadini, presto o tardi, verrà richiesto l’ennesimo sacrificio, causato dalla scellerata e irresponsabile gestione europea di un tema fondamentale come la sicurezza energetica. È incredibile che si sia portato l’intero continente a dipendere per oltre il 40% dei propri fabbisogni energetici da un unico soggetto, comunque questo si chiami, e che domani debbano essere i cittadini a dover sopportare il disagio delle sanzioni. Accantonando la discussione sul fatto che le sanzioni siano davvero utili ad indebolire la Russia, è innegabile che se anziché per il 40% quel Paese pesasse solo per il 15% dell’import di gas, le conseguenze sarebbero assai più gestibili e i costi da sopportare sarebbero minori. Gli artefici delle scelte che ci hanno portato in questo vicolo cieco però non sono responsabili politicamente delle loro azioni, essendo ben al riparo dal processo elettorale (cit.). Peraltro, già sostituiti dagli attuali funzionari in carica, non meno politicamente irresponsabili.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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