2019-10-20
L’ultimo guizzo del Cav: fa il gregario. Il centrodestra prima di Forza Italia
Silvio Berlusconi cede definitivamente la leadership e ritaglia per sé il nuovo ruolo di padre nobile di minoranza Il partito, però, è in piena fibrillazione: Mara Carfagna e Renato Brunetta capofila dei malpancisti. Ed Enrico Letta resta silente...Grida con la voce che quasi si arrochisce: «Questa è la nostra piazza! Non solo quella di Forza Italia, quella Lega e di Fratelli d'Italia! Sono commosso». Se c'è una notizia, in questa manifestazione arroventata e strapiena, è il discorso di Silvio Berlusconi in piazza San Giovanni a Roma. Per il contenuto ma non solo per il contenuto, per il contesto e per il clima in cui si è svolto, ma non solo per quello, per gli eventi politici e per le rotture che lo hanno preceduto, e infine per il tono che lo ha segnato: «L'Italia», grida il Cavaliere «non vuole essere governata dalla sinistra da salotto, il Pd, e da quella da strada, il Movimento 5 stelle». E quale è dunque la novità? Rompendo con una parte del proprio partito e con molti dei suoi colonnelli, infatti, Silvio Berlusconi ha parlato per la prima volta non da «alleato-concorrente» (come era stato fino al voto), non da «sconfitto recalcitrante» (come era stato dopo il voto), non da «Highlander irriducibile» (come era fino a ieri) ma da padre nobile che accetta un ruolo e lo esalta. Non più dominus ma decano del centrodestra, non più quello delle gag beffarde e surreali (quando si mise a contare con le dita mentre il suo alleato parlava al Quirinale), ma come colui che custodisce l'identità. A ben vedere è un Berlusconi che si radicalizza, e che allo stesso tempo costituzionalizza i suoi due partner. Un Cavaliere che riscrive anche la sua storia per farla diventare il prologo, l'antefatto del presente: «Solo se siamo tutti insieme potremo cambiare l'Italia. Oggi uniti conquisteremo una grande vittoria anche tutte le prossime regionali, ovunque voteremmo Per vincere siamo tutti indispensabili», dice il Cavaliere: «Voi della Lega, noi di Forza Italia, voi di Fratelli d'Italia." E quando mai lo avevate sentito questo afflato unitario? Sono frasi che rispondono alla grande obiezione di coscienza di Mara Carfagna, allo strappo di Renato Brunetta, al silenzio preoccupato di Gianni Letta, che soffre solo all'idea di una Forza Italia nella scia di Salvini. Ancora quel grido: «Siamo qui per dire no al governo delle tasse, delle manette, della burocrazia, del giustizialismo fuori controllo. Siamo qui per mandare a casa un governo non eletto dagli italiani». Ma in ogni momento il Cavaliere non manca di collegare la piazza di San Giovanni con le altre piazze San Giovanni della sua storia: «Uniti siamo la maggioranza naturale del Paese, solo così potremo cambiare tutta l'Italia», ha sottolineato, «dopo 25 anni siamo ancora l'unica possibilità di un governo serio capace di farci rispettare in Europa e nel mondo». Frasi che si collegano al bagno di realismo di pochi giorni fa in Umbria: «Nel centrodestra, come in tutte le coalizioni dovrebbe essere, abbiamo sempre detto che il leader è colui il cui partito ottiene un voto in più: quindi è logico che, se Salvini è oltre il 30%, sia lui il leader del centrodestra». Ciò che era stato detto senza convinzione, senza diventare sostanza politica, diventa invece nella piazza di San Giovanni lingua comune, impegno pubblico. Una scelta netta avvertita nella sua importanza e amplificata proprio da chi l'ha avversata, come ad esempio Renato Brunetta: «Voglio bene al presidente, per questo gli dico no. Pur di tenere ancora una volta unito il centrodestra ha messo in campo fisicamente la sua persona, con tutti i rischi che ne conseguono». A chi parlava dunque Berlusconi quando diceva: «Sento la responsabilità di essere qui in campo»? Non agli avversari, ma ai suoi compagni di strada, forse persino a sé stesso, in un giorno che che segnerà la storia di Forza Italia. «Questo governo è appoggiato da quattro sinistre: Pd, M5s, Leu e Italia viva. A cui se ne aggiunge una quinta: la magistratura. Quella parte di magistratura che non ha mai smesso di perseguitare gli avversari politici». Dicono che sui convincimenti finali Cavaliere sia stato decisivo l'effetto di disgusto per i provvedimenti anti-evasione messi in campo o annunciati dal governo: lo spettro del carcere per i reati fiscali che lui considera una lesione dei diritti civili, l'antefatto di uno stato di polizia governato dallo strapotere delle toghe. Partirebbe da qui questa ultima svolta, la scelta di partecipare come custode della memoria storica, e da risorsa, alla costruzione di una casa comune. Così vanno lette queste parole: «Oggi dunque ricominciamo insieme il nostro cammino per la libertà. Un cammino nel quale ognuno di noi svolgerà sicuramente con passione la propria parte». Così si spiega quel tono quasi di appello: «Abbiamo un grande dovere: quello di rispondere alla domanda di unità che proviene dal nostro popolo. Questa è la nostra piazza. Vedo le bandiere della Lega, di Fratelli d'Italia, di Forza Italia e mi fa davvero piacere», dice Il Cavaliere, «vederle sventolare tutte insieme». Una parte di Forza Italia entrerà in fibrillazione. Qualcuno arriverà a sbattere la porta. Ma Berlusconi ha preso una posizione netta, come mai prima.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.