
La Corte suprema potrebbe così accertare una modifica indebita delle procedure di voto. Faro sul ruolo della Cia.Altro che «concedere». Donald Trump, l'8 dicembre, si è confermato più che mai battagliero: «Le elezioni sono state totalmente truccate. È una disgrazia per il nostro Paese. È come un Paese del terzo mondo, con schede e voti che arrivano da tutte le parti usando meccanismi e macchinari che nessuno conosce. Vedrete che accadranno cose grosse nei prossimi due giorni». E ieri Trump ha rincarato la dose con una raffica di tweet.A La Verità risulta tra l'altro che la campagna Trump stia raccogliendo elementi cospicui sul possibile ruolo di uomini della Cia nella presunta manipolazione elettorale. Il team Trump, tra l'altro, considera con estrema attenzione due «teatri» europei. Per un verso, la Germania, dove nelle scorse settimane ci sarebbe stato un sequestro a carico di una server farm gestita dalla Cia da parte di uomini delle Forze speciali dell'esercito Usa, secondo le dichiarazioni rese dal lieutenant general Thomas McInerney. Per altro verso, l'Italia, dove, secondo la campagna Trump, come La Verità ha riferito la scorsa settimana, sarebbe stata pensata e poi realizzata una parte del presunto switch elettorale, attraverso una triangolazione tra un official statunitense operante presso l'Ambasciata Usa a Roma, figure militari di altissimo livello, e la collaborazione tecnica di una società italiana nel settore della difesa. Intanto, tornando in territorio Usa, la novità delle ultime trentasei ore (e forse proprio a questo si riferiva Trump parlando di big things in arrivo) è la clamorosa iniziativa assunta dallo Stato del Texas, che ha deciso di fare direttamente causa a Pennsylvania, Georgia, Michigan, Wisconsin. Gli argomenti sono quelli che già conosciamo: e cioè che, con la giustificazione del Covid, ci sia stata una modifica indebita delle procedure elettorali, mettendo così a rischio l'integrità e la sicurezza del voto. Se le contestazioni fossero accolte, l'esito teoricamente più favorevole a Trump potrebbe invalidare il voto in quegli Stati, passando la palla ai relativi parlamenti statali, a cui toccherebbe - in questo scenario - la scelta dei grandi elettori. Ma il fatto più rilevante è il meccanismo procedurale, che potrebbe consentire per questa via - cioè attraverso un conflitto giuridico tra Stati - l'accesso diretto alla Corte suprema (sempre ammesso che la Corte accetti la causa). In caso di conflitto tra Stati, infatti, la giurisdizione della Corte suprema è esclusiva, però discrezionale, nel senso che la Corte non è tenuta a ritenere la causa giudicabile (ad esempio, se non valuta sufficientemente fondata la contestazione). La Corte ha dato un termine agli Stati chiamati in causa per opporre le proprie controdeduzioni. Va anche segnalata l'importante presa di posizione di John Ratcliffe (Director of national intelligence), che pochi giorni fa era tra l'altro intervenuto sul Wsj con un duro commento contro le mire geopolitiche della Cina, definita testualmente «la minaccia numero uno alla sicurezza nazionale». Ratcliffe, parlando a Fox News, ha chiesto che le contestazioni legali sulle elezioni vengano risolte prima della proclamazione del vincitore. Non si tratta di una dichiarazione di poco conto, ma di un estremo tentativo di evitare che un'eventuale proclamazione avvenuta prima e senza una completa chiarificazione legale lasci sulla nuova presidenza una spada di Damocle e un'ombra di delegittimazione. In ogni caso, siamo agli sgoccioli. Il 14 dicembre, a meno di fatti nuovi e rinvii, i grandi elettori provenienti dai 50 stati dovranno votare per il nuovo presidente, in vista del giuramento del 20 gennaio. Dunque, se la campagna Trump ha dei colpi da sparare, è necessario che lo faccia adesso. I temi della cybersecurity, intanto, restano roventi in tutto il mondo e a tutte le latitudini. E, spostandoci su tutt'altro versante, oggi alle 13.30, a Palazzo San Macuto, è prevista l'audizione di Leonardo spa davanti al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






