2022-08-30
Sabina Vannucchi: «Mio papà è stato il Pavese della tv. Due “gemelli” uniti anche nella fine»
Luigi Vannucchi. Nel riquadro, la figlia Sabina (Getty Images)
Nell’anniversario del suicidio, simile a quello dello scrittore, parla la figlia di Luigi Vannucchi che lo interpretò sulla Rai: «Fu un dongiovanni dalla straordinaria carriera con una pulsione di morte. D’estate diceva: “Entro nel tunnel”».Chi è rimasto folgorato da poetica e pensiero di Cesare Pavese, attratto anche dalle sue convulsioni esistenziali, culminate nel biglietto scritto nella stanza numero 49 dell’albergo Roma di Torino il 27 agosto 1950 prima di togliersi la vita mediante pasticche di sonnifero, deve sapere che può assistere alla rappresentazione della figura e dell’esistenza dello scrittore piemontese in un’opera teatrale. Si tratta de Il vizio assurdo, estratto del verso introduttivo di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, la poesia più celebre di Pavese, che prestò il titolo a un’originale ricostruzione biografica scritta nel 1960 da Davide Lajolo, il quale poi, con il drammaturgo Diego Fabbri, ne curò un adattamento per il teatro, messo in scena a partire dal 1973 con la regia di Giancarlo Sbragia. Sui palcoscenici dei teatri italiani ottenne un clamoroso successo, con circa 330 repliche e un pubblico stimato di 350.000 spettatori, tanto da attirare l’interesse della Rai che, nel gennaio 1977, incaricò Lino Procacci di curarne la regia televisiva, in un’edizione al teatro comunale «Mancinelli» di Orvieto. A interpretare lo scrittore fu un attore di ragguardevole levatura, Luigi Vannucchi, nato a Caltanissetta nel 1930, già affermato in teatro dal 1952 accanto a Gassman, dopo essere stato scelto, un anno prima, da Orazio Costa per interpretare Cristo in Donna del paradiso, e poi diventato notissimo agli italiani attraverso quegli sceneggiati Rai in bianco e nero degli anni Sessanta e Settanta del Novecento che in parecchi ancora rievocano. Fu don Rodrigo nei Promessi sposi di Sandro Bolchi (1967), il barone di Santafusca ne Il cappello del prete (1970), il dottor Fleming in A come Andromeda (1972). Doppiò Clark Gable, Clint Eastwood, Toni Musante, Dirk Bogard e vari altri, fece Alcide De Gasperi in Anno uno di Roberto Rossellini (1974). La sua notorietà non sfuggì neppure a Carosello, che lo scritturò per la réclame della grappa Piave. Vannucchi è stato l’unico attore a interpretare Pavese. Profuse la parte con un risultato straordinario, s’immedesimò nel dramma umano, politico, letterario dell’artista, ricostruendone con meticolosità maniacale i minimi dettagli del suo modo di essere, la mimica nevrotica, le illuminazioni, gli scoramenti. Nella stanza dell’hotel Roma ricreata sul proscenio, Pavese-Vannucchi, all’ultima spiaggia, telefona a Los Angeles all’attrice Constance Dowling, l’«allodola americana» - suicida nel 1969 con i sonniferi, come Pavese - chiedendole ancora inutilmente di sposarlo. Poi, il flashback sulla sua vita. Come Pavese, Vannucchi si tolse la vita con sonniferi barbiturici in un giorno di fine agosto, il 30 agosto 1978, a Roma. Come per il suicidio di Pavese, la stampa non lesinò pettegolezzi, giungendo ad affrettate conclusioni. La traiettoria dell’attore e quella del suo personaggio finirono per essere sovrapposte, a causa dell’exitus comune. La Rai mandò per la prima volta in onda lo spettacolo l’8 settembre 1978, guarda caso il giorno prima del 70° anniversario della nascita di Pavese. Coincidenze del rebus del destino e appetiti per l’audience. In realtà, per quanto Vannucchi ne fosse un estimatore e ne avesse penetrato il lacerante dramma interiore, le due personalità e biografie sono molto diverse e per questo è riduttivo assimilarle attraverso la causale dell’identico epilogo. Quella che segue è la testimonianza della figlia dell’attore, Sabina Vannucchi, classe 1959, anche lei attrice di teatro (Strehler, Cecchi, Scarpetta…) e cinema (Moretti, fratelli Taviani, Salvatores…). Dove vive ora?«Vivo a Milano da tre anni ma sono nata e cresciuta a Roma, in via della Camilluccia, dove restai con papà, mia mamma Franca, e mio fratello Luca, mancato nel 1984, fino alla separazione dei miei genitori, nel 1975. Poi mio padre rimase in quel palazzo, in un appartamento che ampliò, con uno studio e una grande terrazza, e in cui morì».Come ricorda suo padre, uomo e attore?«Mio padre voleva la presenza di mia madre agli spettacoli, alle prove, ai debutti. Noi lo seguivamo e dunque ho ricordi molto precoci. Il teatro per me è un ambiente naturale. Quando si è separato non vivevamo più con lui, ma avevamo un rapporto non conflittuale e molto complice. Dopo la separazione, soprattutto durante le vacanze, potevo raggiungerlo. Ho vissuto tutte le prove del Misura per misura di Shakespeare diretto da Squarzina (1978, ndr). Come attore ricordo il suo rigore. Era molto rigido soprattutto con sé stesso. E molto colto. Lo chiamavo “la mia enciclopedia portatile”. Era elegante, simpatico, godereccio. Soffriva di ciclotimia. Passava da periodi di euforia, in cui era sopra le righe in tutto e iperattivo, a momenti oserei dire letargici, in cui stava chiuso in camera a leggere e dormire. Non ha mai fatto terapie psicanalitiche o psicologiche ma prendeva antidepressivi e talvolta con alcolici».Quando iniziò ad amare le opere di Pavese?«Lo ha sempre amato, anche da ragazzo. Credo abbia cominciato a leggerlo verso i 18-20 anni. Secondo me il libro che più l’ha affascinato è stato Il mestiere di vivere. Quando capitò la possibilità di fare Il vizio assurdo si tuffò ancor più nelle sue opere. Ha avuto contatti con molti che hanno conosciuto Pavese».Ricorda un episodio di questa cura di ogni particolare per ricostruirne fedelmente la figura?«Volle, ad esempio, che le tasche degli abiti di scena fossero riempite di libri, proprio come faceva Pavese, per sformarle…». Anche lei è infatuata di Pavese?«Non particolarmente. Ho letto alcune cose. Per me Pavese è troppo cupo. Ma ha inciso sulla mia formazione. Ne fui attratta perché lui lo amava così tanto e io ero abbastanza innamorata di papà…».Lo è ancora. «Certo».Come ebbe origine l’idea di assegnare a suo padre l’interpretazione dello scrittore?«Credo anche per la somiglianza… Posso fare solo ipotesi, perché non ci sono lettere. Mio padre già lavorava per gli Associati di Giancarlo Sbragia, una cooperativa teatrale. Sicuramente l’idea è nata in quel gruppo, forse da mio padre stesso. La prima doveva essere al Teatro Stabile di Torino, che non volle lo spettacolo. Ci fu una polemica con la Ginzburg, che diceva trattarsi di un ritratto non attendibile. Così il debutto avvenne a Padova e poi, visto il grande successo, anche Torino, a testa china, riprese la rappresentazione».La Rai registrò lo spettacolo nel gennaio 1977 e lo mise in onda una settimana dopo la morte di suo padre. Lo vedeste in televisione?«Lo vidi con i nonni. Ricordo che mia nonna, quando vide la scena in cui prendeva le pillole, scoppiò in lacrime. Mio padre, nel 1978, fece anche altri spettacoli teatrali, come Il mercante di Venezia, ma il pubblico ha legato indissolubilmente la sua morte, anche per un fatto romantico, al Vizio assurdo». Quali analogie riscontra tra la personalità di suo padre e quella di Pavese?«Solo il desiderio di suicidarsi e la curiosità intellettuale. Per il resto era un marinaio, aveva una fidanzata in ogni porto. Piaceva molto alle donne e le donne gli piacevano molto, in tutti i sensi, da buon siciliano… Bisogna dire però che nel caso di Pavese la Ginzburg si era molto arrabbiata perché sembrava si fosse ucciso per una donna…». Infatti nel Mestiere di vivere annotò che «non ci si uccide per amore di una donna» ma «perché un amore, qualsiasi amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità»… Ma tornando a suo padre?«Era un dongiovanni, ebbe una carriera straordinaria, una famiglia bella, e pure c’era in lui una tensione verso la morte, l’attrazione per il suicidio. Ci aveva provato a 18 anni. Ricordo un altro tentativo, io avevo 11-12 anni, era stato male, avvertii casino in casa, apparve in vestaglia con la faccia ciancicata… A 47 anni inoltre forse avvertiva preoccupazione per il lavoro, di essere in un’età di passaggio… Andava giù soprattutto in estate, “sto entrando nel tunnel” diceva… Era appena tornato da una vacanza al mare in Sardegna con un amico. Il mare è sconsigliato per i depressi».Lasciò un biglietto?«Fu scoperto dal portiere che non lo vedeva da due giorni e aveva le chiavi. Chiamò il regista Daniele D’Anza, che telefonò a mia mamma, poi arrivò la polizia. Mio fratello non si trovava e lesse la notizia sul giornale. Ha lasciato due lettere, una alla mamma e una alla sua compagna. In quella alla mamma scrisse: “Si tratta di un malessere mal curato”». In un’intervista ad Amica del 10 gennaio 1974, disse che la molla che spinse Pavese al suicidio, «fu l’aver constatato di non essere riuscito a farsi capire dagli altri (…). A suo modo è stato un lottatore e se poi è rimasto vittima del vizio assurdo è stato forse perché nessuno lo ha aiutato». Suo padre, secondo lei, si sentiva solo, incompreso o non aiutato?«No. È sempre stato aiutato da mia mamma, con cui, anche dopo la separazione, stava ore e ore al telefono. E da suo fratello. Aveva tantissimi amici. Credo fosse lui che non volesse, sottovalutando il suo stato, da cui cercava di prendere le distanze».Le è accaduto di risentirsi con suo padre per la sua scelta estrema?«Sì. All’inizio sono stata comprensiva, ma quando sono diventata mamma mi sentivo sola e ce l’ho avuta un po’ con lui. Ora non più, perché è stata una sua scelta».Il vizio assurdo è stato trasmesso da Rai 5 il 22 aprile 2022 ma su Rai Play non si trova. Si può vedere solo su You Yube, finché dura. Vogliamo suggerire alla Rai di inserirlo su Rai Play?«Certamente. Su Rai Play è stato disponibile solo otto giorni, a maggio di quest’anno. Poi è scomparso». L’ha sognato, qualche volta, suo padre?«Sì, un sogno bellissimo. Stava camminando a braccetto con una vecchina, su un viale alberato e luminoso. Era di spalle, si girava e mi diceva: “Sto benissimo”. Gli chiedevo: “Ma sei un fantasma? Ho paura”. Ha risposto con un sorriso».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi