2025-01-30
Li Gotti, il trasformista dei partiti che ha difeso i boss di Cosa nostra
Luigi Li Gotti (Imagoeconomica)
Dopo un passato nell’Msi e in An approdò all’Idv. Tra i suoi clienti Giovanni Brusca.Si è destreggiato con disinvoltura tra difesa e accusa, attraversando le aule dei processi più scottanti ma anche quelle di alcuni dei più controversi della storia italiana. Luigi Li Gotti, partito da Mesoraca di Crotone e trasferitosi a Roma negli anni ’70, è un nome di peso nel circuito giudiziario. Ha rappresentato le vittime della strage di Piazza Fontana e le vedove di via Fani, ha assistito la famiglia del commissario Luigi Calabresi, è stato al fianco dei parenti delle vittime del caso Moro. Ma basta guardare dall’altra parte del palcoscenico per vedere un altro Li Gotti: l’avvocato di Tommaso Buscetta, di Giovanni Brusca, di Salvatore Contorno, di Gaspare Mutolo, di Gioacchino La Barbera e di altri collaboratori di giustizia eccellenti dell’epoca del pentitismo siciliano: quello delle stragi, delle ipotizzate trattative e delle accuse a politici e a esponenti delle istituzioni. Era l’era dell’illuminazione legalitaria per molti ex esponenti di Cosa nostra e di personaggi che hanno costruito il loro destino sulle loro verità, talvolta scomode, altre volte convenienti e altre, infine, smentite. Difensore delle vittime (quelle del terrorismo) e dei carnefici mafiosi convertiti. È lui, toga sulle spalle, che assiste il pentito Francesco Di Carlo durante la deposizione in videoconferenza nell’udienza del processo al senatore Giulio Andreotti. Anni dopo è sempre lui a smentire pubblicamente che il suo cliente (Di Carlo) «abbia denunciato minacce che, secondo quanto appreso in ambienti giudiziari, sarebbero state rivolte a suoi familiari affinché non facesse i nomi di alcuni politici al processo contro Marcello Dell’Utri». Ma è anche il difensore di uomini dello Stato. Come il questore Francesco Gratteri, capo dello Sco (il Servizio centrale operativo della polizia di Stato finito nelle indagini per il blitz alla scuola Diaz durante il G8 di Genova e condannato a 4 anni, 3 dei quali indultati), che da poliziotto partecipò, coincidenza, proprio all’arresto di Brusca. E poi c’è la carriera politica. Dal Movimento sociale degli anni ’70, passando per Alleanza nazionale, fino alla svolta improvvisa nel giustizialismo dipietrista dell’Italia dei valori. Da sottosegretario alla Giustizia del secondo governo Prodi ha avuto tra le mani dossier bollenti e ha gestito il fragile sistema dei collaboratori di giustizia. Le sue posizioni sulla grazia ad Adriano Sofri e a Ovidio Bompressi scatenarono un terremoto politico: il suo collega Carlo Taormina lo accusò di conflitto di interessi (per la duplice veste da sottosegretario alla Giustizia e legale della famiglia Calabresi), chiedendone le dimissioni dal governo. Quando ne è uscito (ma non per gli strali di Taormina), e dopo la parentesi da senatore dipietrista, ha assunto la difesa di Pino Giglio, pentito di ’ndrangheta nel processo Aemilia, uno che ha spiegato come la mala faceva soldi in Emilia Romagna senza apparentemente sporcarsi le mani. E poi c’è il mondo imprenditoriale calabrese. Questa volta i pentiti non c’entrano. E Li Gotti compare tra i difensori degli indagati. L’inchiesta è quella sul patron del Crotone Calcio Raffaele Vrenna, coinvolto in una presunta truffa aggravata sui rifiuti ospedalieri. Anche qui Li Gotti ha saputo muoversi con l’abilità di chi conosce le regole del gioco. E alla fine il processo si è chiuso con le assoluzioni. Forse è proprio questa la chiave per descrivere il personaggio: un maestro dell’equilibrio, capace di adattarsi al contesto, di cambiare bandiera senza passare per un voltagabbana, di servire lo Stato e difendere chi quello stesso Stato lo ha tradito. Un esperto viaggiatore tra le insidie della giustizia (e della politica) italiana. E chissà se un giorno il suo nome verrà ricordato come quello di un servitore dello Stato o di un abile navigatore nei meccanismi del sistema. O forse, più semplicemente, di entrambi.
Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale (Imagoeconomica)
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)