2018-12-06
L’Ue smonta la cannabis terapeutica: «Non aiuta i malati di cancro e Aids»
Uno studio dell'Osservatorio sulle droghe svela che ha effetti «deboli» e «insufficienti» come cura palliativa per pazienti oncologici o sieropositivi. Ma la politica la difende: ora la Lombardia chiede di poterla produrre.Una brusca frenata sull'uso della cannabis a scopo terapeutico arriva direttamente dall'Osservatorio europeo che si occupa di droghe. I «limiti» e le «lacune importanti» negli studi scientifici per l'impiego della cannabis in terapia sono scritti nero su bianco nel report Medical use of cannabis and cannabinoids appena pubblicato dall'European monitoring centre for drugs and drug addiction (Emcdda). L'importante istituzione Ue prende ufficialmente le distanze dall'uso terapeutico della cannabis anche per gli ambiti più studiati e promettenti, come il dolore neuropatico, gli spasmi nella sclerosi multipla e l'epilessia intrattabile dei bambini. I dati a disposizione, scrive l'agenzia, dimostrano solo «riduzioni marginali» e «un'efficacia modesta» sui sintomi. Sono «deboli» le evidenze sull'uso della cannabis per la nausea provocata dalla chemioterapia, ma anche per la stimolazione dell'appetito nelle persone con Aids. Il giudizio diventa «insufficiente» nelle cure palliative contro il cancro o per i disturbi del sonno o dell'ansia. «La letteratura scientifica ha molti dati sulla cannabis», spiega Rita Banzi, farmacologo clinico dell'istituto Mario Negri, ma sono frutto di «una ricerca disordinata, di scarsa qualità e dispersiva. È difficile pensare che questa sostanza possa essere utile per tutte le attività per cui è usata». Nel dolore cronico e oncologico terminale, dove c'è qualche dato in più, «l'efficacia dimostrata», continua la Banzi, «è molto inferiore rispetto a quella che si può raggiungere con farmaci già disponibili». L'impiego sembra essere più politico che scientifico. L'interesse commerciale per questi prodotti è arrivato recentemente. Va ricordato che la cannabis terapeutica ha una concentrazione più elevata di principi attivi rispetto alla cannabis legale (light) che si compra dal tabaccaio. In Italia l'uso medico della cannabis è legale dal 2007 ed è stato ampliato, nel 2013, a infiorescenze, estratti e preparati. Inizialmente sono stati utilizzati i prodotti importati dall'Olanda (280 chili nel 2017) ma, come si legge nel report Emcdda, sotto la supervisione del ministero della Salute nel 2015 «è iniziata anche la produzione in Italia con un rendimento previsto di circa 100 chili l'anno commercializzata al prezzo di 42 euro per 5 grammi», quindi circa 9 euro al grammo rispetto ai 30-36 di quella di importazione. Dal 2015, con il decreto ministeriale che ha dato inizio alla produzione in Italia della cannabis terapeutica solo presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (è uno stupefacente, quindi la produzione va particolarmente controllata), la richiesta di consumo ha iniziato ad aumentare. Dai circa 50 chili annui si è passati ai 100 e, da gennaio 2018, i ministeri della Salute e della Difesa hanno previsto di portare da tre a cinque le serre fiorentine per arrivare alla produzione di 300 chili all'anno. Intanto però, per rispondere alle necessità dei 9-10.000 pazienti italiani lo scorso luglio il ministro della Salute Giulia Grillo ha scritto al suo omonimo olandese per aggiungere 250 chili di prodotto ai 450 già concordati per il 2018 e per il 2019, per un totale di 700 chili. Questa quota si aggiungerà a quella importata dalla Germania e a quella prodotta dall'Istituto militare di Firenze, ma non solo. Anche Milano potrebbe avere il suo polo produttivo. Martedì 4 dicembre è passata in Regione Lombardia, con il consenso di tutti i gruppi politici, una mozione che chiede alla giunta di fasi promotrice presso il governo della richiesta di ampliare i centri autorizzati a produrre cannabis. In un emendamento si designa il Policlinico di Milano come sede di un progetto pilota per la produzione e in un altro si prevede una specifica formazione per i medici e una rendicontazione annuale dettagliata sui pazienti in cura. Curiosa la scelta fatta da una giunta a guida leghista. Al di là delle affermazioni dei politici delle varie fazioni che dichiarano «provata» l'efficacia della cannabis terapeutica (probabilmente ignari del report Ue), la maggioranza giustifica l'unanimità sulla mozione, presentata da Michele Usuelli (+Europa), come una possibilità per ridurre i costi di importazione. Del resto, in Lombardia, come anche in altre dieci regioni italiane, le terapie a base di cannabinoidi sono a carico del Ssn su prescrizione del medico per il trattamento della sclerosi multipla, del dolore cronico resistente al trattamento convenzionale e per nausea, vomito e cachessia (eccessivo dimagrimento) associati al cancro o all'Aids. È inoltre in corso l'approvazione di una norma per estendere a tutte le regioni la gratuità di queste cure con uno stanziamento di 2,3 milioni di euro. Siamo solo all'inizio del business. L'Emilia Romagna ha stimato un fabbisogno di 110 chili, ma per il 2019 secondo Sergio Venturi, assessore alla Salute, il fabbisogno potrebbe essere 600-820 chili. Se consideriamo che tutta la cannabis terapeutica importata dovrebbe finire in una sola regione, a buon titolo Enrico Rossi, presidente della Toscana ha chiesto fondi al ministero per portare a 4.000 chili la produzione dello stabilimento di Firenze, l'unico attualmente autorizzato. Si sta accendendo un business fiorente su fumosi (è il caso di dirlo) dati di efficacia. La politica, del resto, ha logiche diverse dalle evidenze scientifiche. La speranza, come si legge nel report europeo, è che, grazie a un uso più ampio della cannabis terapeutica, arrivino finalmente «ricerche e indagini cliniche più ampie, sopratutto sul dosaggio e le interazioni tra medicinali».