2022-04-08
L’Ue rinvia il lockdown dell’energia. «Il petrolio? Se ne riparla lunedì»
Ungheria e Germania frenano. Il ministro tedesco Christian Lindner: «Mineremmo l’economia e la stabilità sociale» Si parte dallo stop al carbone, però solo graduale. L’Europarlamento insiste: «Fermare l’import di metano».La portavoce di Sergej Lavrov: «Indecente la posizione dell’Italia». Chigi ribatte: «Indecenti sono i massacri». Il premier incassa il no olandese al tetto sul prezzo dell’oro azzurro.Lo speciale contiene due articoliL’Unione europea frena sullo stop alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia, e anche l’embargo del carbone finisce al centro di un serrato dibattito che tiene impegnato il Coreper, l’organismo di cui fanno parte gli ambasciatori degli Stati membri presso la Ue, per l’intera giornata di ieri, dedicata al varo del quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Solo in serata arriva l’ok per siglare, entro stamattina alle 10, l’intesa, ma l’embargo sul carbone sarà solo graduale, come chiedeva Berlino. Diversi Paesi, Germania e Ungheria in testa, in effetti, frenano, e non solo perché lo stop all’importazione delle fonti energetiche dalla Russia rischia di far collassare le economie che sono più dipendenti da Mosca, ma anche per motivi strettamente tecnici: a tenere banco è anche, ad esempio, la questione dei contratti già sottoscritti. Usa e Gran Bretagna possono spingere sull’acceleratore senza problemi: l’import di gas dalla Russia, per esempio, per Londra è residuale, mentre per Washington è pari a zero. Il Senato americano, ieri, ha votato all’unanimità la sospensione delle normali relazioni commerciali tra Stati Uniti e Mosca e il divieto sulle importazioni di petrolio, gas liquido e carbone russi, come annunciato dal presidente Joe Biden. L’Europa ha molti più problemi a prendere decisioni così drastiche: diversi Paesi, tra cui Germania e Italia, importano gas russo per più del 40% del totale degli approvvigionamenti, e quindi il dilemma tra il tentativo di mettere ko l’economia russa e il rischio di ritrovarsi in ginocchio diventa drammatico. Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, in questi giorni è stato tra i più espliciti nel rappresentare questa angoscia: ieri ha ribadito il concetto in una intervista a Die Zeit: «Se solo potessi seguire il mio cuore», dice Lindner, «vi sarebbe un embargo immediato su tutto. Non possono esistere normali relazioni economiche con una Russia il cui governo sta conducendo una guerra criminale contro l’Ucraina». Lo stop alle importazioni dalla Russia di petrolio e gas dovrà avvenire «il prima possibile», ma nell’immediato «non è possibile» ed è «dubbio che fermerebbe nel breve periodo la macchina da guerra russa». Realisticamente, sottolinea Lindner, la Germania «metterebbe a repentaglio la sua stabilità economica e sociale e non ci si può assumere la responsabilità di questo». Sul blocco delle importazioni di petrolio il dibattito è aperto: «Non è nel pacchetto che discutiamo oggi (ieri, ndr)», ha spiegato ieri mattina l’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell, «che riguarda solo il carbone, ma verrà discusso lunedì prossimo nel Consiglio Affari esteri. Prima o poi, spero più prima che poi, avverrà». Anche il G7 ha annunciato nuove sanzioni contro Mosca: i leader, denunciando le «terribili atrocità da parte delle forze armate russe» contro i civili in Ucraina, hanno deciso di vietare «nuovi investimenti in settori chiave dell’economia russa, compreso il settore energetico», oltre ad ampliare i divieti all’esportazione di determinati beni e varare un ulteriore giro di vite su banche e società statali russe. L’Europa, dicevamo, tentenna, stretta nella morsa tra il pressing di Londra e Washington, il grido di dolore dell’Ucraina e la necessità di evitare un collasso delle economie del continente. Il pacchetto in discussione ieri comprende lo stop alle importazioni di carbone per 4 miliardi di euro all’anno, con una gradualità per i contratti in essere, il divieto di esportazione di prodotti verso Mosca per 10 miliardi in settori in cui la Russia è considerata «vulnerabile», come computer quantici e semiconduttori avanzati, macchinari sensibili ed equipaggiamenti per i trasporti, nuovi divieti specifici all’importazione, per un valore di 5,5 miliardi di euro, riguardo a diversi prodotti, dal legno al cemento, e dai frutti di mare ai liquori. Sul tavolo anche un completo divieto di transazioni su quattro banche russe chiave, tra cui Vtb, che pesano per il 23% del settore del credito in Russia, il divieto per le navi russe o gestite da russi di accedere ai porti dell’Ue, con alcune eccezioni come prodotti alimentari e agricoli, aiuti umanitari ed energia, e di un bando contro i trasportatori russi e bielorussi via terra. Katerina Tikhonovna e Maria Vorontsova, le due figlie di Vladimir Putin nate dal suo primo matrimonio, saranno con molta probabilità tra le personalità inserite nella black list dell’Ue. Ieri intanto il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sulla reazione Ue alla guerra in Ucraina nella quale si chiede un embargo immediato per le importazioni di gas dalla Russia, oltre che per quelle di petrolio, carbone e combustibile nucleare. La richiesta di embargo immediato sul gas era oggetto di un emendamento approvato con 413 voti a favore, 93 contrari e 46 astensioni. L’intero testo è passato con 513 voti a favore, 22 contrari e 19 astensioni. L’unico italiano a votare contro l’emendamento sull’embargo totale è stato Carlo Calenda: «Per tagliare il gas russo», ha spiegato Calenda, «senza distruggere i servizi essenziali e le attività produttive, occorre mettere in atto un piano a partire dal pieno uso della potenza installata delle centrali a carbone. Trovo davvero poco serio», ha aggiunto Calenda, «votare un emendamento che tutti sanno essere non applicabile, per fare un po’ di retorica, nel mezzo di una guerra». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lue-rinvia-il-lockdown-dellenergia-il-petrolio-se-ne-riparla-lunedi-2657118641.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="volano-insulti-tra-mosca-e-draghi" data-post-id="2657118641" data-published-at="1649366450" data-use-pagination="False"> Volano insulti tra Mosca e Draghi Indecente sarai tu: nuova aspra polemica tra Mosca e Roma, con un botta e risposta molto duro tra la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, e il premier Mario Draghi. «La posizione dell’Italia sulle sanzioni», afferma la Zakharova, «è indecente. L’Italia probabilmente ha dimenticato chi le tese una mano in quel momento difficilissimo. E ora la sua leadership è in prima linea in un attacco al nostro Paese». Il riferimento della portavoce di Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, è agli aiuti che arrivarono da Mosca nel pieno dell’emergenza Covid, tra l’altro finiti nei giorni scorsi al centro di polemiche per il sospetto che, dietro il sostegno sanitario, si celasse una operazione di intelligence. «Ma questa», aggiunge Maria Zakharova,«non è la posizione dei cittadini italiani che stanno scrivendo di vergognarsi di chi li governa, di non condividere questa posizione e di comprendere l’origine di questa crisi». L’attacco della Zakharova alla leadership italiana arriva durante un’intervista con Vladimir Solovyov, uno dei giornalisti tv più influenti in Russia, la cui villa di Menaggio, sul lago di Como, sequestrata dalla Guardia di finanza italiana in esecuzione delle sanzioni che lo hanno colpito, è stata presa di mira da vandali. Draghi risponde alla Zakharova nel corso delle dichiarazioni congiunte a Palazzo Chigi con il premier olandese, Mark Rutte: «Sanzioni indecenti? Di indecente», dice il presidente del Consiglio, «ci sono i massacri che vediamo ogni giorno. La Commissione Ue ha annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni che l’Italia appoggia con convinzione, siamo pronti a nuovi passi anche sul fronte dell’energia insieme ai nostri partner. L’Ue deve mostrare convinzione e rapidità». Intanto però Mark Rutte, al suo fianco, dice ancora una volta no all’embargo sul gas russo: «Lo stop all’importazione di gas», argomenta il premier olandese, «è difficile. E una grande frustrazione, ma adesso non è possibile». Draghi da parte sua sottolinea che «pagare questi prezzi del gas significa sostenere l’economia russa, finanziare indirettamente la guerra. Se non si riesce a fare un blocco, l’alternativa potrebbe essere imporre un tetto al prezzo», aggiunge il premier, «utilizzando il potere di mercato che ha l’Europa. Continueremo a esaminare questa alternativa. Noi e tanti Paesi siamo convinti che i benefici siano superiori agli eventuali problemi. Il punto di arrivo sarà il Consiglio europeo di maggio. Non sono riuscito a convincere Rutte», sottolinea Draghi, «ma ha fatto un passo fondamentale: mi ha assicurato che non c’è nessuna questione di principio e si è detto disponibile ad esaminare tutte le ragioni e avere una discussione aperta». «L’Italia e altri Paesi», sottolinea in merito Rutte, «dicono che sarebbe utile, altri no. La situazione non è cambiata e il rischio è che queste diventino delle ideologie. Dobbiamo essere pragmatici se i vantaggi saranno superiori ai rischi mi convincerò». Da segnalare quanto afferma Tommaso Cerno, senatore del Pd, il partito che più di ogni altro sta premendo per l’embargo totale nei confronti della Russia, gas compreso: «Se stiamo davvero per chiedere al Paese di scegliere fra democrazia e benessere o, come ha detto il premier Mario Draghi, fra pace e aria condizionata», dice Cerno all’Adnkronos, «chiudendo le forniture di gas russo per mettere in difficoltà Vladimir Putin in Ucraina, io voto sì. Non ho dubbi fra libertà e dittatura. Ma dobbiamo essere onesti con gli italiani: sarà dura, molto dura. Serve dare una volta tanto l’esempio per primi», aggiunge Cerno, «come classe politica, a partire dal governo e dal Parlamento: stop a tutte le auto blu e stop ai voli gratuiti».
Susanna Tamaro (Getty Images)
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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