2020-03-18
«L’Ue lascia i marittimi in un limbo»
Il presidente di Assoarmatori Stefano Messina: «Chi lavora sulle navi non può sbarcare nei porti perché verrebbe messo in quarantena e sta rischiando il posto. Ma all'Europa non interessa».«L'Ue non sta facendo nulla per risolvere i problemi dei marittimi italiani in questi tempi di coronavirus». A parlare alla Verità è Stefano Messina, presidente di Assarmatori, la confederazione dei gruppi armatoriali operanti in Italia, e del gruppo Messina, società che opera nel campo del trasporto delle merci via mare. Con la pandemia che si sta diffondendo a livello globale e che purtroppo ha avuto un grande impatto anche in Italia, oggi il problema che hanno i lavoratori marittimi italiani è che non possono più sbarcare nei porti in cui arrivano perché verrebbero messi in quarantena. «Le istituzioni europee non hanno fatto nulla per risolvere il problema, se non dare indicazioni di natura igienica», spiega Messina. «Il governo italiano è stato più veloce nel rispondere al problema e, attraverso il ministero dei Trasporti, ha previsto una deroga che permette ai lavoratori di stare in mare fino a fine giugno, prolungando di fatto i turni di lavoro», dice Messina. «Purtroppo quello che è mancato è un coordinamento a livello europeo sul tema. Si sono mossi solo i singoli Paesi». Nonostante, dunque, gli operatori vengano pagati quando sono in mare, è chiaro che la situazione non possa durare a lungo. I lavoratori si trovano costretti a non poter tornare a casa dalle loro famiglie e nemmeno a scendere dalle navi quando queste attraccano. Si trovano di fatto in un limbo in cui possono solo lavorare. «Nei decreti emanati in questi giorni dal governo il problema non è stato toccato», dice il presidente di Assarmatori, «la speranza è che il tema venga affrontato la prossima settimana. Al momento però la Commissione europea non si è sentita».Il problema del trasporto merci via mare è insomma molto forte. Il motivo è chiaro: il trasporto merci è da considerarsi un servizio essenziale per evitare che un Paese finisca al collasso. «Non voglio dire che i lavoratori siano come i medici o gli infermieri che ogni giorno combattono in prima fila contro il virus, però è giusto sottolineare che i servizi offerti dal nostro settore non si possano interrompere perché di prima necessità», dice Messina. Inoltre, va ricordato, per i lavoratori marittimi non è prevista la cassa integrazione. «C'è solo un fondo di solidarietà istituito nel 2015 e previsto dal contratto collettivo di categoria», ricorda il manager. «La ritenuta è un terzo a carico del lavoratore e per due terzi a carico dell'azienda. Il problema è che la disponibilità di questo fondo non è eterna. Presumibilmente finirà nel giro di poche settimane», dice. «Quello che noi speriamo è che nei prossimi decreti sia prevista un'integrazione per i lavoratori di questo settore. Anche perché il settore marittimo è tra i più colpiti, soprattutto nel caso del trasporto passeggeri, dove si prevede la perdita di molti posti di lavoro. Del resto, al momento, il 70% delle prenotazioni è stato disdetto», spiega Messina. Il governo e l'Ue, insomma, devono fare qualcosa. «Le società italiane che trasportano merci in questo momento sono tutte in perdita. Portano avanti il servizio solo per questioni di coscienza», spiega il numero uno di Assarmatori, «non certo perché ci guadagnano. È pieno di navi che mandano avanti il trasporto con un numero così basso di container che non basta nemmeno a coprire il costo del carburante», dice il manager. Per cercare di trovare una soluzione nel minor tempo possibile, l'associazione presieduta da Messina ha scritto al commissario europeo dei trasporti, Adina Ioana Valean, ma al momento la missiva non ha ricevuto risposta. L'auspicio è che la situazione venga risolta al più presto, altrimenti molti professionisti potrebbero finire per perdere il lavoro.