2021-05-08
L’Ue deve aver esagerato col vino. Infatti vuole annacquarlo per legge
La pratica della «dealcolazione» sarebbe un modo per aprire nuovi mercati, offrendo un prodotto senza alcol, e Bruxelles sta valutando se dare l’approvazione. Produttori furiosi: «Sarebbe un’altra bevanda» Quando riaprono i ristoranti, se riaprono, ordinate tenebrio molitir al dente e sciacquatura di tino, sarete europeissimi, resilienti e in ottima salute! Se poi vi portano il conto salato perché i bachi della farina che l’Europa ha sdoganato come novel food costano all’incirca 70 euro al chilo e vi sembra troppo caro, consolatevi con la bevanda che andrà di moda da qui a qualche tempo per non offendere né l’ambiente né i vostri neuroni: il vino all’acqua. Non è una battuta, ma è una preoccupantissima deriva che sta prendendo l’Europa decisa a superare lo Stato etico inventando lo Stato dietetico. Se si cancella Cicerone perché è «suprematista» rovesciare il miracolo delle nozze di Cana trasformando il vino in acqua è in linea. Il parere di Cristo non conta, quello del ministro agricolo (M5s) Stefano Patuanelli per ora è non pervenuto e quello di moltissimi produttori di vino, la bevanda sacra che incorpora circa 6.000 anni di storia dell’umanità, una quantità inenarrabile di ricerca scientifica e di tecnologia, e un universo culturale sconfinato, a Bruxelles non interessa. Vediamo di capire cosa sta succedendo. L’allarme lo ha dato la Coldiretti: a Bruxelles si stanno mettendo d’accordo per consentire di annacquare il vino, sono in pericolo anche le denominazioni più prestigiose. Ettore Prandini che della Coldiretti è presidente aggiunge: «Non basta pensare di scrivere sulle etichette fa male come le sigarette, decidere che dal 2022 non ci saranno più contributi con l’errata convinzione che il vino vada osteggiato nell’ambito del programma di alimentazione per combattere il cancro, ora vogliono proprio cancellarlo annacquandolo». La faccenda per noi è seria: il vino è il primo motore agricolo con 13 miliardi di fatturato, 6,3 dall’export (anche se causa virus cinese è crollato del 20% e il mercato interno si è dimezzato) oltre 1,5 milioni di posti di lavoro. Nell’ultimo incontro trilaterale tra Commissione-Parlamento-Consiglio dei ministri la presidente di quest’ultimo la responsabile dell’agricoltura portoghese Maria do Ceu Antunes ha proposto di estendere la pratica di dealcolazione anche ai vini Doc e Docg con l’aggiunta di acqua. È un sacrilegio oltreché una pratica foriera di enormi frodi commerciali. Eppure Paolo De Castro (Pd) vicepresidente della commissione agricoltura di Strasburgo dice: «Non c’è nulla di deciso, se ne riparla a fine maggio e forse a fine giugno, ma ci vuole un approccio laico. Molti grandi gruppi ci dicono che sono d’accordo perché questo aprirebbe il mercato dei paesi arabi; certo sui vini a denominazione bisogna ragionarci». A sorpresa anche l’Unione Italiana vini non pare scossa. Col suo direttore Paolo Casteletti fa sapere: «Siamo attenti, ma non allarmati. È importante che queste nuove categorie rimangano all’interno della famiglia dei prodotti vitivinicoli e che dunque siano le imprese italiane a rispondere alle richieste di mercato (specialmente di alcuni Paesi asiatici)». Di parere opposto Sandro Boscaini, mister Amarone che peraltro con la sua Masi ha messo in commercio due nuovi vini i «Fresco» a basso tenore alcolico, che parla da presidente di Federvini: «Se togliamo l’alcol non è più vino. Un conto è operare in vigna e in cantina per avere gradazioni più contenute cercando anche di attenuare l’effetto del riscaldamento climatico, un conto è annacquare il vino. Così un tedesco si compra una cisterna di Negramaro pugliese e poi ne mette in commercio tre di vino annacquato spacciato per italiano! Tutto parte da quando alcuni paesi nord-europei hanno voluto il via libera ai vini fatti con la frutta. Voglio vedere come faranno i Consorzi a cambiare i disciplinari e come faranno a farci cambiare la legislazione nazionale che dà una definizione esatta di vino. Ma lo sanno a Bruxelles che in Italia se ci trovano con una tanica d’acqua in cantina ci mandano a processo? Lavorano contro l’Italia. L’ultima furbata l’ho scoperta in Ontario: vendono un vino argentino Re-Passo nei negozi del monopolio. Fa il verso al Valpolicella Ripasso, ovviamente il Consorzio zitto e muto ed è quello che dovrebbe vigilare sulle pratiche di dealcolazione?» Renzo Cotarella, enologo di fama interbazionale e amministratore delegato di Antinori la cantina più blasonata d’Italia, non fa sconti: «Se è vino ha l’alcol, non si discute. La pratica della dealcolazione con acqua si fa negli Usa, ma solo se i mosti sono troppo carichi e faticano a fermentare si può diluire per ripristinare l’acqua che c’è naturalmente nell’uva. Ma una volta vinificato l’uso di acqua deve restare vietato. Anche dealcolare con i filtri può offendere le caratteristiche del vino, soprattutto dei grandi vini. L’Europa del Nord non capisce che noi facciamo prodotti agri-culturali, che interpretiamo millenni di storia dell’umanità.» Gian Marco Centinaio sottosegretario all’agricoltura per la Lega è ultimativo: «L’Europa non smette mai di sorprenderci. In negativo. Ora c’è l’ipotesi di dealcolazione parziale e totale come nuova pratica enologica. Con quale obbiettivo? Favorire le bevande annacquate o il vino in bustina dei wine kit con cui i Paesi del Nord Europa imitavano il Made in Italy? Che fine farebbe il nostro patrimonio di Docg, Doc, Igt? Ci batteremo con ogni mezzo per difenderlo: è un tassello fondamentale per l’economia del paese». Chiosa Andrea Costanti, piccolo produttore d’immensa qualità di Montalcino: «Il Brunello annacquato? Ma scherziamo? Sarebbe come sverniciare la Venere del Botticelli! Se si deve fare senza alcol allora si fa prima con una spremuta d’uva. Ma non è vino, men che mai Brunello!».
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)