2025-04-12
L’Ue corre a baciare la pantofola di Xi. Ma così passa dalla padella alla brace
Dopo la telefonata tra Ursula e il premier cinese Li Qiang, ieri lo spagnolo Sánchez è andato a Pechino e Londra stringe accordi militari. Intanto la Commissione annuncia: «Il Patto di stabilità non si tocca».Mentre continua serrata la guerra dei dazi tra Washington e Pechino, rapporti, incontri e telefonate tra Cina e Europa vanno via via intensificandosi. Sul tavolo l’ipotesi di arrivare alla rimozione dei dazi compensativi fino al 35,3% applicati a fine ottobre sulle auto elettriche. Martedì scorso Ursula Von der Leyen ha telefonato al premier cinese Li Qiang per esortare Pechino a evitare «un’ulteriore escalation» della guerra commerciale, sottolineando «l’importanza fondamentale della stabilità e della prevedibilità per l’economia globale». Dopo l’invito, evidentemente non raccolto, ha insistito sul fatto che Ue e Cina, condividano la «responsabilità nel sostenere un sistema commerciale mondiale forte, riformato, libero, equo e con condizioni di parità».Il presidente Xi Jinping dal canto suo, ha esortato l’Ue a collaborare con Pechino per «resistere insieme alle prepotenze unilaterali». Dunque ci sarà un vertice, si terrà nella seconda metà di luglio a Pechino, probabilmente dopo quello con il Giappone. Queste dichiarazioni sono state rilasciate dopo l’incontro avuto ieri con Pedro Sánchez. Il premier spagnolo si è recato in Cina per baciare la pantofola del Dragone prima degli altri, dal momento che l’indirizzo socialista sembra essere proprio quello di sfruttare l’occasione per gettarsi nelle braccia di Pechino. La Spagna «è un Paese profondamente europeista che vede la Cina come un partner dell’Unione europea» ha detto Sánchez, che ha auspicato che «nelle relazioni tra Ue e Cina prevalgano il dialogo e la reciprocità». Non solo Spagna, anche la Gran Bretagna si avvicina alla Cina. Per la prima volta in dieci anni, il capo delle forze armate britanniche, l’ammiraglio Tony Radakin, si è recato a Pechino per incontrare il generale Liu Zhenli, membro della Commissione militare centrale. Un segnale eloquente che dimostra come l’Europa stia sempre di più guardando a Est perlomeno per cercare un piano b. Secondo il ministero della Difesa cinese, le due parti hanno avuto «scambi approfonditi sulle relazioni tra Regno Unito e Cina, sulla cooperazione militare, e su questioni regionali e globali di interesse comune». Secondo il quotidiano The Times, Radakin ha tenuto anche un discorso ai futuri comandanti dell’Esercito popolare di liberazione presso l’università nazionale di Difesa. Commentando la visita, in un post su X, Radakin ha scritto: «Abbiamo discusso una serie di questioni legate alla sicurezza. In un mondo instabile, dobbiamo fare la nostra parte come nazioni responsabili con interessi globali». L’ammiraglio ha inoltre sottolineato «l’importanza delle comunicazioni tra forze armate».E mentre Giorgia Meloni si prepara per il suo colloquio con Donald Trump proseguono le riunioni e i vertici, in Italia così come in Europa. All’Ecofin informale di Varsavia si è riaffermato il «pieno sostegno a un approccio deciso, ma calmo e calcolato della Commissione Ue. Riteniamo che la decisione della Commissione di sospendere le misure di ritorsione sia un buon passo nella giusta direzione: vogliamo utilizzare i prossimi tre mesi per un dialogo serio e costruttivo con gli Usa. C’è stato un accordo unanime sul mantenimento di una posizione europea unita. I ministri hanno ribadito l’importanza di proteggere cittadini e imprese da inutili perturbazioni economiche». ha detto il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski.Dall’Ecofin però anche cattive notizie. Per il commissario europeo all’Economia Valdis Dombrovskis infatti oggi non ci sono le «condizioni» per attivare la clausola generale di salvaguardia del patto di stabilità, come ha chiesto il governo italiano. Una doccia fredda per il nostro esecutivoIn Commissione, ha risposto, «abbiamo valutato la questione esaminando la nostra risposta agli attuali sviluppi geopolitici e a come possiamo rafforzare le nostre capacità di difesa e l’industria della difesa. Uno dei motivi per cui abbiamo optato per le clausole di salvaguardia nazionali è stato che la clausola di salvaguardia generale richiede una grave recessione economica nell’Ue o nell’area euro nel suo complesso». Quella condizione, ha continuato, «è stata soddisfatta nel 2020, quando abbiamo attivato la clausola di salvaguardia generale nel contesto della pandemia di Covid-19. Oggi però non ci troviamo nella stessa condizione. Ci aspettiamo ancora una crescita economica nell’Ue, anche con l’effetto dei dazi di Donald Trump». Quindi «abbiamo optato per le clausole di salvaguardia nazionali, perché ciò consente di rispondere a circostanze insolite al di fuori del controllo del governo. Gli attuali sviluppi geopolitici forniscono la giustificazione». Dombrovskis si è naturalmente espresso anche sui dazi. Il confronto all’Ecofin si è concentrato «sull’impatto macroeconomico sui dazi, sulla crescita economica, sull’inflazione, sulla volatilità dei mercati finanziari». Ma sull’ipotesi che l’Ue decida misure di sostegno a specifici settori colpiti dai dazi ha spiegato che «la nostra prima valutazione è che dobbiamo essere piuttosto cauti nella nostra risposta fiscale: abbiamo avuto la pandemia di Covid-19, abbiamo avuto una crisi energetica legata alla situazione russa in Ucraina, che sta affrontando gravi sfide per la sicurezza. E stiamo già avendo livelli elevati di deficit e debito. Quindi dobbiamo tenere a mente anche queste considerazioni sulla sostenibilità fiscale». Poi ha concluso: «Va detto però che, in settori specifici come acciaio e alluminio, automobili, microchip e così via, sono già nell’agenda dell’Unione europea e della Commissione europea».
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)