2019-06-12
L’Ue ci vuole tenere in ostaggio per anni
I tecnici di Bruxelles confermano che le sanzioni contro l'Italia sarebbero «giustificate». Jean-Claude Juncker fa il gufo: «La procedura durerà a lungo, così sbagliate direzione». Giuseppe Conte replica: «Lui ha sbagliato in Grecia». Giovanni Tria alle Camere: «Troveremo un compromesso».Il Cdm approva il provvedimento leghista. Multe e sequestri per le navi delle Ong che forzano gli ingressi e nuove tutele alle forze dell'ordine. L'ipotesi rimpasto perde quota per il rischio ingerenze di Sergio Mattarella.Lo speciale contiene due articoliBruxelles spara, Roma tratta (senza piegarsi). Cominciamo dalla capitale: com'è finito il vertice dell'altra notte tra i due vicepremier e Giuseppe Conte? La versione ufficiale della presidenza del Consiglio ha provato a replicare lo schema dell'ultima legge di bilancio, quando i due partner si divisero i provvedimenti-bandiera, uno per ciascuno, da buoni amici e secondo il rito del Cencelli: per la Lega quota 100, per i grillini il reddito di cittadinanza. Stavolta, per Matteo Salvini ci sarebbe il decreto Sicurezza bis (oggetto del Cdm di ieri), mentre i grillini incasserebbero un'accelerazione sul salario minimo.La nota prosegue spiegando che Conte e i vicepremier torneranno a riunirsi «per completare il piano di azione sino alla fine della legislatura». Insomma, il preannuncio, se non di un cronoprogramma dettagliato, quanto meno di una scansione temporale degli impegni. E infine, l'ovvio riferimento al lavoro (si parla di un incontro con i tecnici del Mef e il ministro Giovanni Tria) «per mettere a punto una strategia nell'interlocuzione con l'Europa». Ma, leggendo tra le righe, appare chiaro che il salario minimo (che peraltro, viaggiando su un veicolo legislativo ordinario, avrà un percorso necessariamente più lento) è più che altro un premio di consolazione che nasconde la sostanziale adesione dell'intera maggioranza all'«agenda Salvini». E infatti, dopo il decreto Sicurezza bis, il prossimo obiettivo, quello su cui si giocherà il successo della legislatura, è la flat tax. E che le priorità della Lega siano ormai divenute comuni alla coalizione, è immediatamente risultato chiaro l'altra notte, dopo il vertice, quando Luigi Di Maio ha sostanzialmente fatto eco a Salvini, senza distinzioni polemiche, e anzi mettendo anche il proprio peso su quell'obiettivo politico. «Tutto bene, il governo va avanti, nessuna manovra correttiva. Eviteremo la procedura garantendo crescita, lavoro e taglio delle tasse», ha detto il leader leghista. E, in totale sintonia con lui, Di Maio ha aggiunto: «Vertice positivo, la priorità è abbassare le tasse». I due, tra l'altro, uscendo dal vertice, hanno trovato il modo di battersi il cinque rendendo la scena ben visibile ai flash dei fotografi, marcando così non solo l'intesa ritrovata tra di loro, ma pure la volontà comune di «transennare» Conte ed evitare che l'interlocuzione con l'Ue sia impostata in termini troppo morbidi. E in qualche modo, ieri, Conte ha dato un primo segno di allineamento, per un verso escludendo «manovre recessive», e per altro verso recependo il messaggio che il viceministro leghista Massimo Garavaglia aveva anticipato alla Verità: il combinato disposto delle minori spese (i risparmi sul reddito di cittadinanza) e delle maggiori entrate (buon andamento dell'Iva) può portare il rapporto deficit-Pil al 2,1-2,2%, ben al di sotto del 2,5% pronosticato da Bruxelles. Di più: la valutazione del governo è che l'entrata Iva del primo trimestre sia attribuibile all'introduzione della fatturazione elettronica: si tratterebbe dunque di una crescita strutturale delle entrate, cosa che Roma intende far valere a Bruxelles. Intanto, però, ieri non sono venute buone notizie dall'Ue. E non solo perché la Lettonia ha confermato come commissario Valdis Dombrovskis, uno dei cerberi più scatenati contro di noi (anche se ancora non si sa che portafoglio avrà). Ma soprattutto perché la riunione del comitato economico e finanziario (i tecnici del Consiglio Ue) ha asseverato la valutazione già compiuta dalla Commissione Ue, e cioè ha a sua volta confermato che la procedura contro l'Italia sarebbe «giustificata». Insomma, aumenta la pressione su Roma, in vista dell'appuntamento decisivo, l'Ecofin dell'8-9 luglio, anticipato dal Consiglio europeo dei capi di Stato del 20-21 giugno. Inutile girarci intorno: sarà una partita tutta politica, giocata sul fatto che Bruxelles voglia infliggere una punizione esemplare a un governo sgradito, e si senta (o no) forte a sufficienza per provarci. Anche il solito Jean-Claude Juncker ha pensato bene di metterci del suo, minacciando conseguenze destinate a durare anni: «Penso che l'Italia rischi di restare nella procedura di infrazione per anni». Con la surreale conclusione: «Non voglio umiliare la Repubblica italiana, ho il massimo rispetto per l'Italia ma sta sbagliando direzione». A poche ore di distanza gli risponde il premier Conte: «Dice che sbagliamo? All'amico Juncker dico che lui ha sbagliato in Grecia». In ogni caso va ricordato, contro Bruxelles e i suoi piromani, che questo tipo di procedura sarebbe la prima nella storia, che un atto del genere farebbe ulteriormente crescere l'impopolarità di una Commissione in scadenza, a cui ogni regola di prudenza suggerirebbe di non assumersi questa responsabilità. E va anche tenuto presente che per passare alle sanzioni occorrerebbero anni. Per questo, non va trascurata l'ipotesi - nonostante tutte queste provocazioni - che l'Ecofin, a luglio, scelga di prendere altro tempo. La scusa potrebbe essere quella di consentire all'Italia di fornire ulteriori elementi sull'andamento delle entrate erariali. Dal canto suo, Giovanni Tria ha indossato i panni del pompiere parlando alle Camere: da un lato si è detto «certo» di avere l'appoggio della sua maggioranza, e dall'altro ha assicurato un atteggiamento «costruttivo» con Bruxelles: «Pur rimanendo convinti che le regole Ue devono essere migliorate e semplificate, è nel nostro interesse trovare un compromesso». Si vedrà quale compromesso Lega e M5s accetteranno. Intanto per oggi il premier Conte ha convocato una riunione sui temi economici con Salvini e Di Maio. Daniele Capezzone<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lue-ci-vuole-tenere-in-ostaggio-per-anni-2638777181.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="via-libera-al-decreto-sicurezza-bis-ma-il-colle-intralcia-un-esecutivo-bis" data-post-id="2638777181" data-published-at="1757855113" data-use-pagination="False"> Via libera al decreto Sicurezza bis. Ma il Colle intralcia un esecutivo bis Il decreto Sicurezza bis si porta via il governo bis. Complice la notte che su molti temi ha portato consiglio, il vertice di governo ha consentito, ieri, un Consiglio dei ministri in grado di azzerare l'effetto elezioni europee. Come se nulla sia successo e la Lega non abbia superato di gran lunga il 30% dei voti. La spiegazione è molto semplice. I due partiti di maggioranza hanno capito che troppi fronti aperti significano troppe trappole da evitare e così hanno messo da parte l'ipotesi rimpasto di governo. Sostituire ministri e sottosegretari spostando gli equilibri interni alla maggioranza sarebbe complicatissimo e aprirebbe un varco enorme per il terzo partito, quello del Colle. Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno testato fino a che punto si può spingere la fedeltà di Giuseppe Conte. Non abbastanza in là da affidargli un vero e proprio rimpasto dell'esecutivo. Tanto più che alla prima difficoltà si troverebbero a fronteggiare la tagliola del presidente della Repubblica. C'è la consapevolezza tra i due azionista di maggioranza che Sergio Mattarella non esiterebbe a chiedere un passaggio in Aula per effettuare un tagliando all'eventuale rinnovo di cariche. Altra eventualità che non garantisce risultati certi. Così l'altra notte si è convenuto che è se le pedine non si toccano, il castello resta più stabile. Al massimo si sostituisce eventuali fuoriuscite. A breve scopriremo l'esito della sentenza su Massimo Garavaglia a processo per danno erariale. Poi c'è il tema Giancarlo Giorgetti che se finisse a fare il Commissario in Europa dovrebbe indicare un suo successore. Per quanto riguarda il ministro degli Affari Ue, ieri in occasione della conferenza stampa post Cdm, Salvini non ha confermato né smentito l'ipotesi Alberto Bagnai. «Non ne abbiamo parlato», ha detto il vicepremier, aggiungendo però «che c'è la necessità di riempire quella casella, non nelle prossime ore ma presto». Nessun riferimento alla prossima legge Finanziaria, della quale né durante il vertice notturno né durante il Cdm si è discusso. Infatti, archiviata per i motivi sopra elencati l'ipotesi rimpasto di governo, il leader leghista ieri ha portato a casa a il suo personale successo. Un tema praticamente scontato ma rimandato appositamente all'indomani del voto europeo. Salvini ha partorito il tanto atteso decreto per controllare i porti e soprattutto i flussi di clandestini (inasprendo multe e sanzioni per chi si muove nella zona grigia e pure per le Ong). Nel contrasto ai trafficanti di esseri umani potranno essere usati agenti sotto copertura, «anche ricorrendo allo strumento delle intercettazioni», ha aggiunto il leader del Carroccio. «Sia sul primo che sul secondo decreto sulla sicurezza siamo tranquilli», ha continuato, ribadendo che non ci sono profili di incostituzionalità riguardo i decreti sulla sicurezza varati dal governo. «Questi decreti sono rispettosi di qualunque norma vigente in Italia e all'estero», ha spiegato il ministro dell'Interno. «Gli episodi di violenze durante pubbliche manifestazioni debbono prevedere un concreto pericolo per le persone. La libertà di pensiero degli italiani» non viene messa in discussione, ha osservato il ministro in relazione ai margini di manovra per interventi repressivi a carico della polizia. «Il decreto sicurezza bis prevede, infine, la confisca della nave per coloro che ripetutamente non ottemperano ai divieti di ingresso nelle acque territoriali e una multa da 10 a 50.000 euro per comandante, proprietario e armatore». «Un altro capitolo del decreto», ha concluso, «prevede l'inasprimento di pene per chi aggredisce gli operatori di polizia nel corso di manifestazioni. Un altro passaggio (la cosiddetta norma spazza clan, ndr) è quella che prevede l'assunzione di 800 unità di personale amministrativo per la notifica delle sentenze a carico di condannati ancora liberi: solo a Napoli sono 12.000». Fin qui i dettagli tecnici, il senso politico è la finalizzazione di una promessa elettorale, tant'è che ieri a prendersi la scena durante la conferenza stampa è stato esclusivamente Salvini. Anche se Di Maio, assente alla conferenza stampa, attraverso le agenzie ha rifilato una frecciata al collega: «Il decreto Sicurezza è un inizio e mi auguro che in fase di riconversione il Parlamento lavori a un rafforzamento delle misure per i rimpatri dei migranti irregolari», ha dichiarato il capo grillino. «Parliamo di centinaia di migliaia di persone non identificate che girano liberamente in Italia». Si tratta comunque di un atto dovuto e non di una critica sistematica come quelle che si susseguivano quotidianamente prima delle elezioni. La percezione è che il Colle stia riuscendo in una impresa che sembrava impossibile. L'eccessiva moral suasion su Conte sta saldando di nuovo i gialloblù. «L'unica alternativa a questo governo sono le urne», ha concluso Salvini ieri sera. E ora nessuno vuole il voto. Cadrebbe in settembre e la manovra la scriverebbe un esecutivo tecnico. Claudio Antonelli
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)