2020-06-27
L’Oms ci augura una serena estate: «Il virus tornerà come la Spagnola»
Il direttore aggiunto dell'organizzazione, Ranieri Guerra, fa il catastrofista e agita lo spettro dell'influenza del 1918: «Andò giù col caldo, poi riprese e fece 50 milioni di morti». Ma è solamente l'ultima perla dell'ente ginevrino.Il Covid-19 come la Spagnola: boom! Spararla grossa quando non si sa che dire è sempre un ottimo diversivo per uscire dall'angolo. All'Organizzazione mondiale della sanità sembra che ne abbiano fatto una sorta di way of life. O forse il ragionamento è un altro: se affermi tutto e il contrario di tutto, alla fine avrai necessariamente detto anche la cosa giusta. Fatto sta che, dopo mesi di pandemia e centinaia di miglia di morti in tutto il mondo, l'istituzione medica per eccellenza appare sempre più nel pallone. Ci tocca quindi sopportare Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell'Oms, che ad Agorà, su Rai 3, si lascia andare a paragoni apocalittici di questo tenore: l'epidemia Covid, ha detto, «si sta comportando come avevamo ipotizzato» e «il paragone è con la Spagnola che si comportò esattamente come il Covid: andò giù in estate e riprese ferocemente a settembre e ottobre, facendo 50 milioni di morti durante la seconda ondata». E voi che pensavate già al mare, al calcetto, alla ripresa del lavoro, delle scuole... Ma cosa vuoi riprendere, con la peste bubbonica alle porte? Certo, ci sono fior di esperti che considerano l'emergenza clinicamente terminata, che parlano di nuovo casi, sì, ma dalla carica virale quasi innocua. Ma Guerra rimette tutti in riga: «Sparendo il virus dalla clinica sembra tutto sia finito, ma non è così. Non entro nelle classificazioni e definizioni artificiose che colleghi insigni di varie discipline possono fare. Guardo i fatti e i fatti dicono che il genoma del virus è ancora lo stesso e i fatti dicono che l'andamento di una epidemia come questa è ampiamente previsto e prevedibile. C'è una discesa che coincide con l'estate. È vero che le terapie intensive si sono svuotate, ma si sono svuotate come previsto che accadesse e non vogliamo si riempiano di nuovo in autunno. Tutte le precauzioni che stiamo prendendo hanno l'obiettivo di circoscrivere la circolazione del virus quando questa riprenderà». Ora, intendiamoci: non si intende qui concorrere per il titolo di virologo della domenica di questa settimana, né partecipare al derby tra tifoserie di questo o quell'esperto. È giusto che gli addetti ai lavori parlino, si confrontino e se necessario si scontrino. In fatto di chiacchiere al vento e frasi sparate un po' per vedere l'effetto che fa, tuttavia, l'Oms può ormai essere considerata un super diffusore. Prendiamo la parte in cui Guerra afferma che le terapie intensive si sono svuotate «come previsto che accadesse» per via dell'estate. Eh no, non è mica andata così. Che il virus fosse sensibile al caldo lo dicevano in pochi medici, trattati per lo più da pazzi irresponsabili. Non era previsto proprio nulla. Restiamo solo nell'Oms: il 6 marzo, Michael Ryan, direttore esecutivo del programma di emergenza sanitaria dell'Oms, spiegava: «Non c'è al momento alcun segnale che ci dica che in estate il coronavirus sparirà come una normale influenza». Si tratta, spiegava, di una «falsa speranza». Anche se aggiungeva: «Speriamo che lo faccia. Sarebbe una manna dal cielo». Certo, il 3 maggio Sylvie Briand, direttrice del dipartimento per la gestione dei rischi infettivi dell'Oms, bontà sua, ammetteva: «Il caldo e la vita all'aria aperta potrebbero limitare il contagio». Ma ancora il 10 giugno, cioè pochi giorni fa, era di nuovo Michael Ryan a spiegare che «non ci sono ancora indicazioni su come Covid-19 evolverà in futuro. E quello che posso dire ora è che non possiamo contare su stagione e temperature per fermare il virus». Insomma, la strategia è quella di cui si diceva: prova a spararle tutte, primo o poi ci azzecchi (e poi puoi pavoneggiarti del fatto che «l'avevi detto»). Altro che «era tutto previsto». E del resto, quando Alberto Zangrillo ha parlato di virus «clinicamente morto», e comunque radicalmente indebolito, il coro unanime degli esperti è stato: no, è solo che ora sappiamo come trattarlo. Ecco, non si capisce, allora, perché dopo l'estate dovremmo scordarcene. Che il virus sia più debole o che siamo più forti noi nell'affrontarlo, in entrambi i casi pare ci siano buoni elementi per ritenere improbabile l'ecatombe autunnale. Non per Guerra, tuttavia. Che preferisce sventolare lo spettro di una pandemia di cento anni fa - praticamente la preistoria, tecnologicamente e medicalmente parlando, rispetto a oggi - senza contare che il mondo del 1918 si stava ancora leccando le ferite della Grande guerra. Che da qui a ottobre si possa replicare uno scenario simile è cosa che sembra avere a che fare più con la voglia di portare jella che con la scienza. Ma l'Oms è un po' così, le piace la comunicazione allegra, come dicevamo. Pensiamo solo alle mascherine: per settimane, l'organizzazione di Ginevra ne ha raccomandato l'uso solo a chi manifestava sintomi e agli operatori sanitari. Poi ne ha perfino biasimato «il falso senso di sicurezza» che esse generano, salvo poi arrendersi e raccomandarle. E i tamponi? Prima ci hanno detto di farli solo a chi avesse già sintomi evidenti per poi suggerire di farne il più possibile. Per non parlare del «caso Svezia», «un modello da seguire sulla strada di una nuova normalità», secondo il solito Mike Ryan, anche se la sua organizzazione ha sempre lodato il modello cinese, basato su presupposti esattamente contrari. Il tutto senza parlare della timidezza nei confronti delle malefatte di Pechino che a molti è sembrata rasentare la connivenza. Problematiche ormai senza importanza, in ogni caso: in autunno verrà la morte nera e voi volete ancora stare qui a fare polemiche?
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