2020-04-09
L’Olanda svela il volto Ue: un covo di ricatti
Wopke Hoekstra (Goncalo Silva/NurPhoto via Getty Images)
Il ministro delle Finanze dell'Aja, Wopke Hoekstra, spazza via la retorica e lancia il suo diktat: «L'unico strumento in campo è il Mes. E avrà condizioni precise, tranne che per le spese sanitarie. Non garantiamo il debito degli altri». L'Italia può farsi trattare così?Sulle protezioni niente solidarietà. Angela Merkel ne compra da Xi Jinping 40 milioni. Berlino snobba i progetti europei di stoccaggio delle mascherine e fa da sé con Pechino.Lo speciale comprende due articoli. È stato necessario contare i morti a migliaia nel nostro Paese affinché si sollevasse il velo di ipocrisia che ha ammantato per anni la retorica europeista. In pochi giorni sono caduti dogmi e luoghi comuni imperanti per anni: ci hanno fatto credere che una disoccupazione giovanile record in Italia, Spagna, Grecia fosse una pena da espiare per Paesi che «non avevano fatto le riforme», che l'Ue fosse una gioiosa macchina per il benessere, a patto di rispettarne le regole.Non è servita la lezione subita quando accettammo incautamente i primi due pilastri dell'Unione bancaria (vigilanza comune e meccanismo di risoluzione) sotto la minaccia dello spread agitata da Schäuble, e stiamo ancora attendendo il terzo (garanzia comune sui depositi). Assenso quasi estorto in un clima che il povero Fabrizio Saccomanni in Commissione d'inchiesta sulle banche descriveva così: «Anche le argomentazioni che noi avanzavamo venissero accolte privatamente dicendo: in effetti voi avete ragione, questa situazione rischia di essere difficile da gestire, però...». Non ci sono bastate nemmeno le registrazioni audio di Yanis Varoufakis per avere consapevolezza del clima da saloon che caratterizza le riunioni dell'Eurogruppo.Ma da ieri il Re è nudo anche grazie a poche righe di una risoluzione con cui il Parlamento olandese ha fornito un atto di indirizzo al proprio ministro Wopke Hoekstra: no agli eurobond, che costituiscono mutualizzazione del debito; ricorso al Mes senza le previste condizioni solo quando c'è da finanziare spese mediche. Ed è questa la linea tenuta da Hoekstra che ha poi scritto alcuni tweet: «Non è accettabile garantire il debito di altri Stati, la maggioranza dei Paesi condivide questa tesi e non appoggia gli Eurobond». Riguardo al Mes, ha distillato gocce di verità: «Il Mes è un prestatore di ultima istanza per Stati in difficoltà finanziarie, secondo noi il suo uso deve essere accompagnato da condizioni. L'attuale situazione di crisi consente un suo uso incondizionato solo per le spese sanitarie. Per il sostegno economico di lungo termine, è ragionevole che ci siano condizioni economiche».Parole che piombano come pietre su tutta la melensa mozione degli affetti con cui siamo stati ammorbati per anni. Non c'è spazio per solidarietà. L'Ue è il luogo in cui negli ultimi 28 anni sono stati composti interessi contrastanti, e sistematicamente siamo stati subalterni. A dispetto del rango di seconda potenza manifatturiera europea. E questo è il risultato: un Paese esperto in politiche fiscali aggressive tutelate dalla stessa Unione, il cui Pil è poco meno della metà del nostro, ci risponde che gli aiuti sono solo quelli del Mes, a cui noi abbiamo contribuito per il 18%, e ci fa pure la lezioncina sul rispetto di regole capestro che noi abbiamo supinamente accettato. A questo proposito, proprio ieri è stata annunciata una proposta di legge costituzionale a firma Cestari e Molinari (Lega) finalizzata all'abrogazione della Legge del 2012 di ratifica del Mes. Chissà che a qualcuno in Parlamento non venga in mente di eliminare uno strumento che, quando dovrebbe servire, si dimostra inadeguato.Ma va sgombrato il campo anche dall'equivoco degli eurobond, che andiamo elemosinando da qualche settimana. Esistono già, sotto due forme: quelli emessi da Bei e Mes, formalmente garantiti dal capitale versato dagli Stati membri. Ma questi fondi sono poi prestati alle imprese o agli Stati con precise condizioni, come farebbe qualsiasi banca.Di fatto, quelli emessi dagli Stati e comprati e detenuti dalla Bce (2.200 miliardi, di cui 400 italiani), «stampando» moneta. Anche in questo caso, la garanzia è fornita da tutti gli Stati membri. La Bce li può detenere entro certi limiti, solo temporaneamente rimossi, e potrebbe chiederne il rimborso a scadenza ma, per il momento, li rinnova. Si tratta sempre di debiti per il Paese beneficiario.Quello che invece si vuole introdurre, che Wolfgang Schäuble ha già detto essere contro la Costituzione tedesca, è un fondo comune di garanzia (Erf, European Recovery Fund) che serva per emettere titoli sui mercati e utilizzi quei fondi non più per prestare, ma sovvenzionare direttamente le spese degli Stati. In altre parole, qualcosa di simile a ciò che accade già attualmente col bilancio Ue da circa 140 miliardi (1% del Pil) che però ci vede contributori netti per 5,2 miliardi in media negli ultimi 7 anni. Con la differenza che l'Erf vorrebbe spendere non solo i contributi degli Stati, ma anche denaro prestato dagli investitori che andrà quindi rimborsato.Ed ecco i punti su cui non ci potrà mai essere un accordo: chi e in che misura contribuisce al fondo di garanzia per emettere obbligazioni? Saremo ancora in prima fila? Chi decide cosa e come finanziare? Perché solo le spese mediche, e non anche un piano per il taglio del cuneo fiscale per consentire la ripresa, ad esempio? Come allocare la spesa tra i diversi Stati? Rischiamo di essere sempre contributori netti? Come reperire le entrate per il servizio del debito dell'Erf? Con un aumento a livello Ue dell'Iva? Con imposte nazionali?A febbraio non siamo riusciti a concordare un budget da 140 miliardi l'anno e ora vogliamo farne nascere, nel pieno di una crisi economica epocale, uno da 350 miliardi? Quando finiremo di sognare e decideremo di bussare senza esitazione alla porta della Bce?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lolanda-svela-il-volto-ue-un-covo-di-ricatti-2645671569.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sulle-protezioni-niente-solidarieta-merkel-ne-compra-da-xi-40-milioni" data-post-id="2645671569" data-published-at="1586371997" data-use-pagination="False"> Sulle protezioni niente solidarietà. Merkel ne compra da Xi 40 milioni La solidarietà europea sulle mascherine anti coronavirus sembra già un lontano ricordo. A fine marzo, in un'intervista a Repubblica, il commissario europeo alla Salute pubblica, Stella Kyriakides, dichiarava: «Siamo in un momento critico per la cooperazione. Avrei preferito vedere più solidarietà e sostegno tra governi. Noi stiamo facendo il possibile anche attraverso Resceu, al quale abbiamo aumentato il budget di 80 milioni. Speriamo di veder arrivare i primi acquisti a inizio aprile». Attraverso il programma Resceu, del meccanismo di protezione civile dell'Unione europea, Bruxelles aveva deciso di costituire una scorta strategica di attrezzature mediche. Ma il progetto è da subito apparso fragile, in particolare vista la cifra piuttosto bassa messa sul piatto (3 milioni di euro a Stato membro) e le difficoltà logistiche. A infliggere quello che potrebbe essere il colpo definitivo alla solidarietà europea sulle mascherine è stata la Germania, il quinto Paese più colpito dalla pandemia di coronavirus, con oltre 100.000 contagiati e quasi 2.000 morti. Ieri, infatti, il governo tedesco di Angela Merkel ha confermato una fornitura da 40 milioni di maschere dalla Cina entro questa settimana. L'esecutivo l'ha annunciato dopo che il quotidiano Süddeutsche Zeitung aveva rivelato che la Germania ha ottenuto un «accesso diretto» a una parte della produzione di Moheco, azienda produttrice di materiale protezione controllata dallo Stato cinese. La Süddeutsche Zeitung scrive: «Il governo cinese ha stilato una lista delle aziende di Stato che realizzano dispositivi di protezione individuale con un'alta capacità di produzione, qualità affidabile e prezzi accettabili. Pechino decide come si acquista da queste aziende. Esiste una sorta di hotline statale utilizzata da ambasciate e governo in tutto il mondo». A garantire il trasporto dalla Cina alla Germania saranno cinque voli settimanali operati dalla più grande compagnia aerea tedesca, Lufthansa. La Süddeutsche Zeitung, uno dei giornali più importanti del Paese e riferimento per la Baviera, ha riferito che, citando un documento del ministero della Salute, che l'accordo è il frutto di un colloquio telefonico tra la cancelliera Merkel e il presidente cinese Xi Jinping a inizio mese. Una manna dal cielo per Berlino in una situazione internazionale di scarsità di mascherine. La portavoce del governo tedesco Ulrike Demmer ha glissato sulla telefonata ma ha sottolineato con forza che nella loro conversazione i due leader hanno deciso di mantenere una «stretta cooperazione» e di cercare di ripristinare il commercio internazionale. «È positivo che le catene di approvvigionamento funzionino di nuovo almeno in parte», la portavoce. Intanto, i casi di coronavirus in Germania sono cresciuti a ritmo maggiore della media negli ultimi tre giorni (oltre 4.000 nuovi casi ieri), la pandemia sta innescando una grave recessione nel Paese: il Pil tedesco, infatti si ridurrà del 4,2% nel 2020 secondo le stime dell'Ifo, che prevede per il 2021 una ripresa e una crescita del Pil pari al 5,8%. Secondo le stime contenute in un report diffuso ieri, «è probabile che il prodotto interno lordo si sia ridotto dell'1,9% nel solo primo trimestre del 2020. Nel secondo trimestre, crollerà del 9,8% a causa del lockdown» segnando il «calo più netto mai registrato in Germania da quando sono iniziati i conti nazionali trimestrali nel 1970». La recessione, afferma Timo Wollmershauser, capo delle previsioni dell'istituto, sta «lasciando segni molto chiari sul mercato del lavoro e sul bilancio del governo. Al suo apice, il tasso di disoccupazione salirà al 5,9% quest'anno e la schiera di lavoratori a breve termine si espanderà a 2,4 milioni».
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