2019-10-17
«L’Occidente assisterà immobile a una paurosa ondata migratoria»
L'ex capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa Fabio Mini: «Quanto impiegherà la Libia a mettere in atto minacce e ricatti sulla falsariga di Erdogan? Il blocco della vendita di armi alla Turchia è una fesseria».C'erano tutti i capi dei curdi, quelli storici e quelli giovani che lottano contro l'esercito e le milizie turche, a Derek, un villaggio al confine con l'Iraq, per i funerali della giovane Hevrin Khalaf, 35 anni. È stata prima violentata e poi massacrata con le pietre, in pratica lapidata, da una banda di miliziani filoturchi, sembra affiliata all'Isis. I curdi, che pure sono abituati alle torture, alle uccisioni di massa, alle persecuzioni ormai da secoli, sono rimasti profondamente colpiti da questa giovane leader, che, oltre a battersi per i diritti delle donne in un difficilissimo scenario della nostra terra, aveva dato vita a un Partito siriano del futuro, di cui era stata eletta segretaria. Per lei però non vi è stato futuro, ma solo una morte dolorosa. E i barbari assassini sono in libertà a compiere altri orrori. I curdi, è vero sono stati sempre perseguitati in ben quattro Stati dove vivono (Turchia, Iraq, Iran, Siria), e in un numero consistente di altri Paesi: in Armenia, Azerbaigian, Afghanistan e in Europa (oltre un milione e mezzo immigrati). Complessivamente si calcola che la popolazione sia di 35 -45 milioni di cittadini, di cui la metà vive in Turchia. Nel 1920, col trattato di Sèvres, stipulato fra le potenze vincitrici della prima guerra mondiale, doveva nascere una entità autonoma curda, ma i trafficanti dell'alta politica (l'inglese Llyoyd George e Mustafa Kemal, noto come Ataturk, che organizzò una serrata opposizione) fecero arenare il progetto lasciando i curdi in balia dei singoli governi , che pensarono solo a perseguitarli. Di fronte ai bombardamenti turchi delle cittadine curde ai confini con la Turchia e l'Iraq l'opinione pubblica occidentale si è allarmata, esprimendo simpatia e solidarietà con le popolazioni curde. «Per la verità», osserva il generale Fabio Mini, ex capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, «la gente è più preoccupata delle minacce del Sultano, che potrebbe organizzare il viaggio forzato in Europa di 3-4 milioni di migranti». Ma chi sono allora i veri amici dei curdi? «Nessuno è veramente amico. Anche fra le diverse fazioni di questo popolo variegato non si manifesta una grande unità: è un popolo diviso, frammentato, con storie e tradizioni diverse, non solo perché storicamente si è sempre trovato dislocato in Paesi diversi, ma perché non è mai riuscito a costruirsi uno Stato indipendente, come hanno fatto Israele e Armenia. È diviso, non tanto ideologicamente, come pensano alcuni, il Pkk è controllato solo da una esigua minoranza, ma da un'infinità di tribù«. E naturalmente i governi degli Stati dove vivono i curdi - Turchia, Iran, Siria, Iraq - alimentano a proprio vantaggio le concorrenze fra comunità curde. «In primo luogo Recep Tayyp Erdogan, che da sempre odia i curdi e non sopporta alcuna provincia o regione autonoma tollerata dalla Siria, soprattutto ai confini con la Turchia. Ma l'avversione dei turchi, soprattutto dei militari, che sono supernazionalisti, ha radici storiche. Erdogan ha cercato di pagare un conto anche con i militari che ha bastonato duramente«. In occasione del recente tentativo di golpe? «Tentativo, ma quale tentativo? Non vi è stata neppure una parvenza di colpo di Stato. È stato un pretesto montato ad arte. Dai recenti dati si sa che è stata attuata una vera “pulizia politica": sono stati cacciati e/o arrestati ben 16.000 ufficiali dell'esercito e della polizia; licenziati o sospesi 140.000 funzionari governativi; 6.300 insegnanti epurati. Pochi sanno che sono state chiuse 180 testate giornalistiche, con la confisca di mille aziende e il licenziamento di 2.500 reporter. Giustamente la Turchia è stata definita da Madeleine Albright - nel saggio Fascismo -, “la prigione per giornalisti più grande al mondo"». In Iraq però i curdi hanno conquistato l'indipendenza in una regione importante, ricca di petrolio? «Non è proprio così. Il Kurdistan è una regione autonoma, non uno Stato indipendente. È vero, vi sono territori con ricchi giacimenti petroliferi. Le concessioni sono state date a 35 multinazionali (fra cui l'Eni), di cui cinque sono turche. È curioso: la Turchia porta via il greggio ai curdi in Iraq e li combatte duramente in Siria». Generale Mini, lei conosce bene i turchi e la Siria di Bashar al Assad, come andrà a finire, secondo lei, visto anche il ritiro militare americano deciso da Donald Trump? «Mille militari americani erano una presenza poco più che simbolica. Trump vuole dimostrare agli elettori americani che gli Stati Uniti non sono più una potenza che si muove con le armi per conquistare un Paese: le forze militari costano molto e sono a rischio per la vita dei soldati». Ma gli interessi economici da salvaguardare?«Ci sono sempre, ma ora sono gestiti in modo diverso, rispetto al passato, sono meno visibili. Non ci saranno più 1.000 marines, ma vi sono ancora formazioni paramilitari - Cia compresa -, finanziate dagli Usa, che operano in Siria, Libano, Iraq e altrove nell'area: almeno 15.000 uomini che possano intervenire tempestivamente e chiedere rinforzi». Come andrà a finire?«L'ipotesi più probabile è che Assad conceda ai curdi, vi sono già trattative , l'autonomia della regione dove adesso risiedono, con Kobane capitale». Ma è proprio Kobane e tutta quell'area che i turchi vorrebbero conquistare cacciando la popolazione curda che vi risiede da secoli.«Lo so, non sarà facile, ma qui si deve muovere l'Onu».E anche l'Europa.«L'Europa è immobile. Il vecchio ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, aveva paura della sua ombra. Federica Mogherini, prima di diventare una inutile funzionaria a Bruxelles, è stata un ministro degli Esteri che non ha lasciato la più piccola traccia del suo passaggio alla Farnesina. Ma c'è chi fa peggio». Allude forse a Luigi Di Maio?«Lei provoca. Le dico solo che il can can che si è fatto sul blocco della vendita di armi italiane alla Turchia è una baggianata, il frutto dell'incompetenza di tanti politici. Ma lo sa quanto incide l'esportazione di armi leggere made in Italy in Turchia? Poco meno dell'importo dell'importazione di pistacchi turchi. Non solo: ma l'eventuale stop varrà per il futuro e quindi non inciderà in alcun modo sulle attività militari della Turchia. In caso di necessità Ankara si può rivolgere all'Iran, con cui ha buoni rapporti commerciali, e persino a Vladimir Putin, che sta giocando un'abile partita diplomatica, con Assad, Trump e la stessa Europa».E Bruxelles che farà? Aspetta l'invasione dei migranti preannunciata dal Sultano?«Non credo, ma non riesco a capire come si muoverà la nuova Commissione, senza una politica estera, senza una difesa, che ci tuteli anche da un'invasione, sempre possibile se manovrata, di una grande massa di immigrati».Anche perché non basteranno altri sei miliardi di euro (come quelli concessi al Sultano) per fermare una nuova grande ondata migratoria.«Una cosa però sembra certa: i flussi migratori sono destinati a incrementarsi, come confermano le cifre sugli sbarchi di questi giorni, e come ribadiscono in un recente studio gli economisti Francesco Fasani, dell'Università di Londra, e Tommaso Frattini, dell'Università di Milano. Scrivono, infatti: “Se l'accordo con la Turchia ha rivelato dopo tre anni tutta la sua instabilità, quello con la Libia è nato fragile. Difficile immaginare un partner meno affidabile di un Paese immerso nel caos di una guerra civile. Quanto tempo passerà prima che la Libia metta in atto minacce e ricatti sulla falsariga di Erdogan? Nel frattempo l'Italia - e l'Europa tutta - sostengono costi umani e politici drammatici"».
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)