2022-09-22
Lo zar è senza freni: sfodera l’atomica e 300.000 riservisti Panico a Mosca
Vladimir Putin annuncia la «mobilitazione parziale» e non esclude alcun mezzo contro l’Occidente. La Borsa crolla, civili russi in fuga.Mentre Pechino invoca il «cessate il fuoco» e si distanzia dall’alleato, Europa e Usa si compattano. Joe Biden: «Violati i principi dell’Onu». Lorenzo Guerini: «Segnale di difficoltà».Lo speciale contiene due articoliIeri mattina alle 8 (ora italiana), Vladimir Putin è apparso in tv con un messaggio registrato, dopo una lunga attesa (il discorso era previsto martedì sera alle 20). Il presidente russo ha parlato per soli 14 minuti leggendo un testo, un fatto che rappresenta una novità per lui, che di solito parla a braccio. Con toni durissimi ha spiegato che «l’operazione militare speciale in Ucraina è stata inevitabile. I territori dell’Ucraina che hanno annunciato il referendum per l’adesione alla Russia hanno il sostegno di Mosca». Poi lo zar si è scagliato contro l’Occidente: «Nella sua aggressiva politica anti russa, l’Occidente ha superato ogni limite. Coloro che stanno cercando di usare il ricatto nucleare contro la Russia scopriranno che le carte in tavola possono essere rivoltate contro di loro. Non sto bluffando». Nel suo attacco Putin ha detto che l’obiettivo di coloro che difendono l’Ucraina è «indebolire, dividere e distruggere la Russia. L’obiettivo di Mosca in Ucraina rimane la liberazione di tutto il Donbass». Poi la sfida alla Nato: «Alcune figure eminenti della Nato hanno parlato della possibilità di usare contro la Russia armi di distruzione di massa, cioè armi nucleari. A chi fa dichiarazioni di questo tipo sulla Russia, voglio ricordare che anche il nostro Paese ne dispone». Ma quante sono? Secondo un report dedicato all’arsenale nucleare russo curato dall’esperto Alessandro Ricci, pubblicato su Iriad Review, all’inizio di febbraio le testate nucleari russe ammontavano a un totale di poco meno di 6.000 unità. Di queste, il numero di quelle utilizzabili rappresenta molto più della metà del totale, ovvero circa 4.477 unità, di cui 1.588 sono quelle già schierate e operative, considerando sia le armi strategiche che le non strategiche. Numeri che anche per l’Italia non sono certo rassicuranti. Putin è poi tornato su un concetto a lui caro: «È nostra tradizione storica e destino del nostro popolo fermare coloro che cercano il dominio mondiale, che minacciano di smembrare e rendere schiava la madrepatria. È quello che stiamo facendo ora e credo nel vostro sostegno». Il presidente russo non ha annunciato la mobilitazione totale, come qualche analista aveva previsto, ma quella «parziale». Ciò significa che «solo quei cittadini che sono nelle riserve e soprattutto coloro che hanno prestato servizio nelle forze armate, hanno determinate specializzazioni militari e un’esperienza rilevante saranno soggetti a coscrizione». Di cosa si tratta esattamente? Secondo il generale di corpo d’armata Maurizio Boni, «la “mobilitazione parziale” di Putin è come l’“operazione speciale”. Una mobilitazione che non è totale in un’operazione militare su larga scala. Di fatto, il carattere della parzialità è solo un artificio comunicativo, un messaggio calibrato per tranquillizzare la società russa che non tollererebbe una leva forzata di massa. Nelle grandi città molte persone non vogliono andare a combattere e in molti si stanno organizzando per lasciare la Russia per evitare di essere spediti al fronte. I 300.000 soldati che Mosca si appresta a richiamare in servizio saranno tratti dall’enorme bacino di riserve di cui la Russia dispone (quasi due milioni di uomini) e che hanno prestato servizio militare negli ultimi cinque anni. Costituiscono linfa vitale per l’esercito di Mosca per la prosecuzione del conflitto poiché con le forze attualmente disponibili non può garantire la stabilizzazione nei settori più caldi del fronte (Kharkiv e Kherson) e la prosecuzione dell’offensiva». A proposito di quanto deciso da Putin, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, nel consueto briefing con i giornalisti, ha reso noto che il governo russo annuncerà «molto presto» quali categorie di cittadini saranno esentate dalla mobilitazione dei riservisti destinati a combattere in Ucraina. Poi, quando gli è stato chiesto se è possibile che vengano chiusi i confini, per impedire ai cittadini russi di scappare ha riposto: «Non posso rispondere alla domanda, ci sono misure a riguardo nelle leggi in vigore». Nel frattempo però, 700 persone scese in piazza a protestare contro lo zar sono state arrestate. Subito dopo il discorso di Putin, ha parlato il ministro russo della Difesa, Sergeij Shoigu, che ha definito il conflitto «difficile», dichiarando: «Non stiamo combattendo contro l’Ucraina, che ha da tempo esaurito le armi, ma contro l’Occidente intero e la Nato e tutti i tipi di armi, compresa la triade nucleare, possono adempiere ai loro compiti». Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un’intervista esclusiva alla Bild, ha parlato delle decisioni russe: «Putin ha problemi con gli ufficiali e con il personale militare. Sappiamo da tempo che ha già mobilitato i cadetti, giovani che non sono nelle condizioni di combattere. Questi cadetti sono caduti. Non hanno neanche potuto finire la loro formazione. Tutte queste persone non sono in grado di combattere. Sono venuti da noi e muoiono. Lui vede che le sue unità scappano. Ha bisogno di un esercito pesante da mandare qui». Per Evgeny Popov, deputato del partito Russia Unita, Mosca non farà il primo passo: «Non attaccheremo per primi i Paesi occidentali. Non faremo un massacro nucleare nel mondo. Non è la nostra politica. Non è la nostra pratica». Sembrano pensarla diversamente i russi, visto che dopo il discorso di Putin sono esauriti i biglietti aerei (solo andata) per lasciare la Russia, mentre anche ieri la Borsa di Mosca ha chiuso in forte calo (-3,2%). <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-zar-e-senza-freni-sfodera-latomica-e-300-000-riservisti-panico-a-mosca-2658318985.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-dragone-non-cela-la-sua-freddezza" data-post-id="2658318985" data-published-at="1663784447" data-use-pagination="False"> Il Dragone non cela la sua freddezza È salita alle stelle la tensione dopo l’annuncio di una «mobilitazione militare parziale» da parte di Vladimir Putin: una tensione alimentata anche dal fatto che il leader del Cremlino ha appoggiato i controversi referendum, volti ad annettere alla Federazione russa i territori ucraini occupati da Mosca. Una linea dura, condita da intimidazioni nucleari, che ha suscitato numerose reazioni. «Putin ha lanciato minacce nucleari esplicite contro l’Europa e mostrato un disprezzo sconsiderato verso le responsabilità di un regime di non proliferazione», ha detto Joe Biden all’Onu. «Ora la Russia chiama più soldati per unirsi alla lotta e il Cremlino sta organizzando un referendum fasullo per cercare di annettere parti dell’Ucraina: una violazione estremamente significativa della Carta delle Nazioni Unite», ha proseguito. Washington ha inoltre prospettato «conseguenze gravi», in caso di attacco nucleare russo. La mobilitazione è invece stata definita un «errore» da Emmanuel Macron. «Nessuna quantità di minacce e propaganda può nascondere il fatto che l’Ucraina sta vincendo questa guerra, la comunità internazionale è unita e la Russia sta diventando un paria globale», ha affermato il ministro degli Esteri britannico, Ben Wallace. Dal canto suo, il premier olandese, Mark Rutte, ha dichiarato che le mosse del leader russo sarebbero dettate dal «panico». Di «segnale di difficoltà» del Cremlino ha parlato invece il ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini. «Faremo tutto il possibile con i nostri alleati, in modo che la Nato supporti ancora di più Kiev così che possa difendersi», ha detto il premier polacco, Mateusz Morawiecki. Critiche ai referendum nelle aree occupate sono arrivate anche dall’Osce, secondo cui il loro risultato «non avrà valore legale». «L’annuncio di Putin di referendum fasulli, di una mobilitazione militare parziale e il ricatto nucleare sono una grave escalation», ha detto l’Alto rappresentante per gli affari esteri Ue, Josep Borrell. Nel frattempo, la Lituania ha messo in stato d’allerta l’esercito, mentre di «retorica nucleare pericolosa e sconsiderata» ha parlato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Se il fronte atlantico ha quindi fatto chiaramente quadrato attorno a Kiev, sembra invece più difficile decifrare la posizione della Cina: un Paese che ha finora evitato di condannare l’invasione russa dell’Ucraina e che ha spalleggiato a più riprese Mosca. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha invocato «un cessate il fuoco attraverso negoziati e soluzioni che rispondano alle preoccupazioni di sicurezza di tutti», per poi aggiungere, in riferimento ai referendum, che «sovranità e integrità territoriale di tutti i Paesi dovrebbero essere rispettati, così come la Carta e i principi dell’Onu». A prima vista sembrerebbe la solita dichiarazione furbescamente ambigua di Pechino, volta a cercare di dissimulare il suo sostegno de facto al Cremlino. E non è escluso che sia così anche questa volta. Dall’altra parte, va rilevato che invocare il cessate il fuoco subito dopo la proclamazione russa di una mobilitazione militare potrebbe tradire delle tensioni sotterranee tra Mosca e Pechino. Un’ipotesi, questa, che prende quota specialmente dopo il vertice di Samarcanda, tenutosi la settimana scorsa tra Putin e Xi Jinping. Ricordiamo infatti che, al netto della compattezza di facciata, il presidente russo ammise, in quell’occasione, che l’omologo cinese aveva espresso delle «preoccupazioni» sull’andamento della guerra. Non si può dunque escludere che le crepe nel rapporto tra Mosca e Pechino si stiano allargando. Attenzione: nel caso tale interpretazione fosse corretta, ciò non significherebbe che i cinesi si sarebbero improvvisamente convertiti alla causa occidentale. Pechino continua infatti a considerare questa guerra come un mezzo per massimizzare il proprio tornaconto geopolitico. Tali attriti potrebbero semmai essere verosimilmente dettati dal fatto che il Dragone consideri al momento Putin in uno stato di crescente debolezza: una situazione che renderebbe meno conveniente assicurargli solido sostegno. Anche la suddetta dichiarazione cinese sul rispetto dell’integrità territoriale, per quanto blanda e non nuova, assume un significato particolare nell’imminenza dei controversi referendum appoggiati dai russi nei territori ucraini occupati. Insomma, non è detto che, in queste ore, i rapporti tra Cina e Russia risultino idilliaci. Da monitorare è anche la posizione di Tayyip Erdogan. Il presidente turco ha cercato di ritagliarsi il ruolo di mediatore in questa crisi, intrattenendo stretti legami sia con Kiev che con Mosca. Parlando alla Pbs, ha comunque escluso che i territori occupati possano restare in mano ai russi: una presa di posizione che cozza con la linea di Putin sui referendum.