2025-02-19
Commissione Covid contro Lo Voi: «Siamo intralciati dai suoi ritardi»
Franco Lo Voi (Imagoeconomica)
Dura lettera del presidente alla toga. La cui Procura, su due inchieste «politiche», ha scelto strategie totalmente opposte.A causa loro avevano iniziato a chiamarlo Movimento 5 per cento. Infatti gli avvocati Luca Di Donna e Gianluca Carmelo Maria Esposito chiedevano, a titolo di provvigioni, tale quota sulle commesse pubbliche ottenute dai clienti grazie alla loro intermediazione. Un’attività di lobbying particolarmente vivace durante la pandemia, quando la struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri era alla disperata ricerca di mascherine, al punto da farli finire sul registro degli indagati della Procura di Roma con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite. Entrambi vantavano corsie preferenziali con il governo guidato da Giuseppe Conte, essendo stato Di Donna collega e stretto collaboratore proprio dell’ex premier, oltre che del giurista Guido Alpa, maestro di entrambi.Ma adesso la vicenda giudiziaria sembra essere stata cancellata con un colpo di spugna dalla Procura di Roma, che ha chiesto l’archiviazione degli indagati. Come risulta dalla lettera spedita dal pm Fabrizio Tucci a Marco Lisei, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sull’emergenza Covid, dopo che il senatore, lo scorso 11 novembre, aveva chiesto lumi al procuratore di Roma Franco Lo Voi sui procedimenti connessi alla gestione della pandemia da parte dello Stato.La risposta, inizialmente molto scarna, datata 29 gennaio 2025, faceva riferimento solo a quattro fascicoli. Sul tavolo del senatore finiscono così la richiesta di rinvio a giudizio per la presunta cricca che aveva fornito 800 milioni di mascherine cinesi ad Arcuri e la richiesta di archiviazione per Di Donna & c., firmata il 20 novembre, nove giorni dopo l’invio della missiva del senatore Lisei.Nella risposta firmata dal pm Paolo Ielo, per anni responsabile del pool che si occupa degli illeciti contro la pubblica amministrazione, si legge che quelli inviati erano «gli atti forniti dai sostituti procuratori Fabrizio Tucci e Rosalia Affinito, relativi ai procedimenti aventi ad oggetto fattispecie di reato collegate alla gestione dell’emergenza sanitaria». Una cernita che ha prodotto, però, ben poco. Di fronte a quel magro raccolto, Lisei risponde stizzito al procuratore, che nel frattempo, molto più rapidamente, aveva iscritto Giorgia Meloni e mezzo governo sul registro degli indagati per la vicenda del libico Osama Almasri: «Osservo che il riscontro da ella fornito a questa Commissione d’inchiesta, a distanza temporale notevole dalla richiesta di trasmissione a mia firma, appare lungi dall’essere esaustivo. La invito a integrare quanto prima tutta la documentazione, con riferimento particolare a ogni atto e documento ostensibile relativo ai procedimenti a carico dell’ex commissario […] Arcuri. Riveste carattere prioritario, altresì, l’invio della documentazione ostensibile relativa a procedimenti a carico di dirigenti del ministero della Salute, in relazione al mancato aggiornamento del piano pandemico». Qui il senatore ribadisce la lentezza della risposta e sottolinea che «l’attuale ritardo sta ostacolando il corretto svolgimento delle funzioni proprie della Commissione inquirente». Quindi il senatore scrive di confidare in una «piena adesione» di Lo Voi, «al principio di leale collaborazione tra Poteri dello Stato». A questo punto, con il magistrato in vacanza a Mauritius, l’impasse si sblocca e, il 7 febbraio, viene spedito moltissimo materiale. Ma nel frattempo era già saltata agli occhi una differenza nella gestione di procedimenti apparentemente analoghi, ovvero il diverso trattamento del procedimento contro la cricca delle mascherine rispetto a quello nei confronti di Di Donna & c. Quest’ultimo parte dalle dichiarazioni rese dall’imprenditore umbro Giovanni Buini, il quale ai pm aveva riferito, tra l’altro: «Nel momento in cui entrai nell'ufficio di Esposito, quest'ultimo mi fece accomodare e mi presentò l’avvocato Luca Di Donna. Esposito mi parlò dell'avvocato Di Donna, alla sua presenza, e per farmi comprendere chi avevo di fronte mi fece leggere un articolo di stampa che cercò su internet in cui Di Donna era dipinto come un "fedelissimo" del capo del governo Giuseppe Conte».E nello studio Alpa, oltre a Di Donna ed Esposito, il 5 maggio 2020, Buini avrebbe incontrato, con suo grande stupore, anche un generale dei servizi segreti e un altro alto ufficiale che si sarebbe qualificato «come appartenente ai Ris». Dalle carte dell’inchiesta emerge pure che Di Donna, a detta di un altro indagato, sarebbe «diventato referente di Giuseppe Conte per la ristrutturazione del partito di cui è da poco diventato presidente».Il procedimento era stato iscritto nel 2020, ma per mesi era rimasto sotto traccia, sino a quando, nel settembre del 2021, una copertina di Panorama non ne rivela l’esistenza. Il 30 settembre 2021 viene disposta la perquisizione di Di Donna ed Esposito per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite. Tutto tace per molti altri mesi, anzi per tre anni, sino a quando non arriva la richiesta di Lisei. Quasi contemporaneamente, il 20 novembre 2024, il procuratore aggiunto Stefano Pesci e il pm Tucci chiedono l’archiviazione al gip. Nell’istanza, in parte omissata, non figura più il reato di associazione per delinquere per il quale era stata disposta la perquisizione. Si menzionano soltanto i reati di traffico di influenze, corruzione e false fatture.Nel capo 1 viene ben spiegato perché sia richiesto il proscioglimento per la presunta illecita mediazione che, prima dell’intervento dell’attuale governo, si realizzava semplicemente quando il mediatore «vendeva» al cliente, magari a insaputa del pubblico ufficiale «trafficato», il nome di quest’ultimo per ottenere un’utilità anche non economica (che, invece, oggi è indispensabile per contestare il reato).Insomma se un lobbista o aspirante tale otteneva vantaggi assicurando di poter intervenire su questo o quel pubblico ufficiale, in base alla precedente legge Severino, commetteva il reato. Nella richiesta di archiviazione i magistrati non fanno alcuna menzione né della trattativa con Buini, abortita sul nascere (anche se il reato, almeno sulla carta di consuma al momento dell’accordo tra mediatore e cliente), né motivano in alcun modo l’istanza di proscioglimento formulata per la presunta corruzione che Di Donna avrebbe commesso in concorso con il vice capo di gabinetto del ministero della Funzione pubblica.Nell’atto viene citata solo la fornitura di test molecolari da parte di un’azienda sanitaria internazionale alla struttura commissariale «che in quel momento storico poteva richiedere forniture in deroga». Per i pm «la mediazione illecita in contestazione era finalizzata alla commissione da parte del pubblico ufficiale trafficato di reati inquadrabili nell’abuso d’ufficio». Ma i magistrati sottolineano, nella loro istanza, che quel reato è stato abrogato con la legge 114 del 9 agosto 2024, la cosiddetta legge Nordio che ha, anche, stabilito che il traffico di influenze si realizza solo quando il «trafficante» chiede al «trafficato» la commissione di un reato. Che, però, deve essere ancora presente sul codice penale, come la rivelazione di segreto o la malversazione. Ma se a novembre la Procura sembra pronta ad applicare la nuova normativa, appena dodici giorni dopo, apparentemente, cambia linea e, con lo stesso Tucci e con Ielo, eccepisce, davanti al gip, una questione di costituzionalità sulla modifica del traffico di influenze e lo fa nel procedimento per le mascherine cinesi avviato a carico della presunta cricca guidata dall’ingegner Andrea Tommasi. Ovvero una delle quattro inchieste citate nella lista inviata alla Commissione Covid. Nella memoria del 2 dicembre 2024 i magistrati scrivono che la nuova formulazione dell’articolo 346 bis del codice penale (quello sul traffico di influenze) non rispetta l’articolo 12 della Convenzione di Strasburgo (e di conseguenza la Costituzione) sulla corruzione, perché esclude «quel nucleo minimo di condotte» del mediatore che, secondo la Procura, devono essere necessariamente considerate criminose, a prescindere dai comportamenti del pubblico ufficiale. Nella memoria i pm avvertono che se la loro richiesta non sarà ritenuta fondata, l’inevitabile conclusione sarebbe una «sentenza di proscioglimento». Il 31 gennaio scorso il gip Ilaria Tarantino ha accolto l’eccezione e ha sollevato la questione davanti alla Corte costituzionale. Non si comprende allora perché la Procura non abbia rivendicato questi stessi principi pochi giorni prima anche nel caso di Di Donna ed Esposito, per cui è stata, invece, chiesta l’archiviazione. Ieri sera abbiamo posto il quesito ai diretti interessati. Ma non abbiamo ottenuto risposta.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.