2022-10-30
Lo stop alle sanzioni in cdm. E adesso via il pass dagli ospedali
Il Mef vuole rinviare le multe, Palazzo Chigi parla di abrogazione. Aboliscano la tesserina per le visite ai malati e i protocolli Covid.I prof a Sergio Mattarella: «Chieda scusa per il male subìto dagli italiani». Il filologo Francesco Benozzo e il giurista Luca Marini: «L’obbligo vaccinale era ingiustificabile».Lo speciale comprende due articoli.Nessuno pensava che sarebbe stato facile archiviare il regime di Roberto Speranza. E va apprezzato il segnale immediato del nuovo governo e del ministro della Salute, Orazio Schillaci. Sulle multe a sanitari e over 50 refrattari alla vaccinazione, però, incombe il rischio che il problema, anziché essere risolto, sia rinviato.Il Mef di Giancarlo Giorgetti, infatti, ha consegnato al dipartimento per i Rapporti con il Parlamento una proposta di emendamento al dl Aiuti ter, in esame alla Camera, in virtù della quale le sanzioni verrebbero sospese fino al 30 giugno 2023, ma non abolite. L’onorevole di Fdi, Ylenja Lucaselli, che aveva suonato la carica per la cancellazione dei tributi, conferma che l’opzione del Mef potrebbe essere il punto di caduta, quantunque temporaneo. Anche perché va definita la situazione di chi ha già pagato: «Sono certa», ha garantito alla Verità l’esponente meloniana, «che il ministro affronterà la tematica nella sua interezza, dopo aver reperito risorse economiche che questo decreto non ha, avendole già impegnate nelle misure previste dal testo stesso». Intanto lo Stato vuol sancire una tregua; poi pareggerà i conti. E troverà i soldi da restituire a chi ha versato i 100 euro della contravvenzione. Le fonti di Palazzo Chigi offrono uno spiraglio in più: nel cdm di domani, il terzo punto di discussione verterà sull’anticipo a martedì della scadenza dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario, con «conseguente abrogazione delle sanzioni». Appunto: una nota dell’entourage di Giorgia Meloni, nel rivendicare «un primo atto di discontinuità», parla di abrogazione tout court e non di semplice rinvio. Resta qualche titubanza sulle mascherine in ospedali e Rsa. L’ordinanza di Speranza scade domani ed è possibile che l’esecutivo, complici le proteste di una parte del personale medico e i moniti del Colle, si rassegni a una ulteriore proroga. Il nodo, qui, sta nel tentativo di affermare un cambio di paradigma: il buon senso al posto delle costrizioni. Non serve una legge per comprendere che, in presenza di un paziente oncologico, dottori, infermieri e parenti farebbero bene ad assumere precauzioni, per proteggerlo dal Covid e da altre patologie infettive, inclusa l’influenza stagionale. La prossima battaglia di libertà sarà quella contro il green pass. L’odioso certificato verde, simbolo dell’apartheid vaccinale messo in piedi da Mario Draghi, non è scomparso. La validità del codice a barre era stata prolungata per circa tre anni da un decreto del precedente governo. Il certificato verde è come una pistola carica messa sul tavolo: magari, chi ha in mano le leve del potere non la usa. Però, il colpo è in canna. Dal centrodestra ci si aspetta un gesto di civiltà: non bisogna solamente smettere di richiedere il green pass; bisogna sopprimerlo una volta per tutte. Ad oggi, comunque, devono continuare a esibirlo i parenti e gli accompagnatori dei malati nei nosocomi, oltre ai cari degli anziani alloggiati nelle case di riposo. Un’imposizione senza base scientifica, visto che la vaccinazione non blocca la trasmissione del virus. Negli ultimi giorni, in varie parti d’Italia, sono state organizzate manifestazioni contro il tesserino: dalla dimostrazione del comitato «Di sana e robusta Costituzione», a Vicenza, a quella di un drappello di cittadini davanti al policlinico San Martino di Genova. Dal quale arriva il parere «aperturista» del professor Matteo Bassetti: «Gli ospedali e le Rsa», spiega alla Verità, «vanno riaperti a tutti, lasciando l’obbligo di utilizzo delle mascherine nel periodo autunno-inverno. Non si possono tenere i malati isolati dai loro cari, qualunque sia il loro stato vaccinale». In corsia, aggiunge Bassetti, vanno pure ripensate le regole per la gestione dei pazienti positivi: «Basta reparti Covid e nuovi protocolli per isolamento e tamponi. Ora se ne fanno troppi, per screening che sono inutili». Anche in tal caso, basterebbe usare il cervello: ha senso non collocare un malato di cancro accanto a un infetto, ma la pretesa di organizzare una rigida separazione è irrealistica. Ogni ricoverato che risulta affetto da Covid - magari asintomatico - è un onere ingestibile per gli ospedali. Infine, l’agenda Meloni potrebbe iniziare ad annotare l’impegno per una moratoria sulle iniezioni agli under 40. Ieri è tornato a invocarla Franco Corbelli, leader del Movimento per i diritti civili.Un capitolo a parte lo meritano le vicende della commissione d’inchiesta sulla pandemia. Sul piatto ci sono tre proposte: quella di Riccardo Molinari (Lega), quella di Davide Faraone (Italia viva), quella di Galeazzo Bignami (Fdi) e quella, più aleatoria, del Pd, che suggerisce una bizantina bicamerale. La potenziale insidia sta nel compromesso. Giusto fare chiarezza sul malaffare dei primi mesi del 2020 e sui pasticci di Giuseppe Conte e Domenico Arcuri. Sbagliato acconsentire, pur di assicurarsi la sponda del terzo polo, a un’amnistia sulle forzature costituzionali operate, sulla scorta di consapevoli menzogne e argomentazioni antiscientifiche, dal governo Draghi. Al nostro giornale, Bignami giura: «Punteremo i riflettori su tutto quello che è successo dal 5 gennaio 2020, quando l’Oms lanciò l’allarme globale, in avanti». Un’indagine sui «migliori», tuttavia, imbarazzerebbe i fan sfegatati di Mr Bce in Italia viva e, forse, anche il Carroccio. Che ha sostenuto quell’esecutivo e che non vuole scoprire il fianco a iniziative analoghe sul caso Lombardia. A tal proposito, meritano una tirata d’orecchi gli eredi dell’aperitivo democratico di Nicola Zingaretti. I piddini, dinanzi all’ipotesi della commissione parlamentare, gridano alla barbara vendetta. Dopo mesi di processi mediatici alla Regione di Attilio Fontana, che speravano di commissariare. Quella non era giustizia sommaria? <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-stop-alle-sanzioni-in-cdm-e-adesso-via-il-pass-dagli-ospedali-2658568851.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-prof-a-mattarella-chieda-scusa-per-il-male-subito-dagli-italiani" data-post-id="2658568851" data-published-at="1667071000" data-use-pagination="False"> I prof a Mattarella: «Chieda scusa per il male subìto dagli italiani» Due coraggiosi docenti universitari hanno appena scritto una pubblica lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per denunciare la politica sanitaria messa in atto negli ultimi due anni per contrastare la pandemia da Covid-19. I docenti sono il professor Francesco Benozzo, filologo presso l’Università di Bologna «Alma Mater Studiorum» e il professor Luca Marini, giurista presso la Sapienza di Roma. I due, nell’agosto del 2021, nei tempi davvero non facili della repressione (quasi) totalitaria messa in atto dal precedente governo, avevano già scritto una lettera al presidente, quale garante della Costituzione e primo cittadino dello Stato, «per evidenziare le criticità che caratterizzavano la cosiddetta campagna vaccinale anti Covid». Anche perché, secondo scienza e coscienza, non se la sentivano di «accettare acriticamente i provvedimenti del governo relativi all’obbligo vaccinale». Ma in quei periodi bui, che secondo le apprezzate dichiarazioni di Giorgia Meloni alla Camera, dovrebbero essere finiti per sempre, era tutt’altro che facile esprimere un pensiero libero e divergente. E le violazioni degli articoli 4 e 9 della Carta (sul diritto al lavoro e sulla libera ricerca scientifica) erano pane corrente. Non avendo ricevuto risposta, i due docenti hanno replicato con una seconda missiva. In cui si chiedono niente di meno che le pubbliche scuse del presidente Mattarella - in quanto primo rappresentante del popolo - «a tutti gli italiani per il male che è stato fatto loro». Infatti, secondo Benozzo e Marini, risulta incontrovertibile oggi che le grandi vincenti della campagna vaccinale, come la Pfizer, non avevano, al tempo dell’obbligo senza deroghe, «alcuna prova in merito alla presunta efficacia e alla presunta sicurezza del cosiddetto vaccino». Così in effetti ha ammesso, pur obtorto collo, la dottoressa Janine Small, alta funzionaria della casa farmaceutica, nel corso di una pubblica audizione, tenutasi il 10 ottobre nel Parlamento europeo. Audizione in cui la Small faceva le veci dell’amministratore della Pfizer, Albert Bourla. Dall’entrata in vigore del green pass sino a ieri, i tantissimi cittadini, che per ragioni diverse (a volte bislacche certo, ma non sempre), hanno rifiutato di vaccinarsi, «sono stati schedati, vilipesi ed emarginati dalla vita civile e hanno dovuto rinunciare al lavoro, alla retribuzione, alle relazioni sociali, alle prestazioni assistenziali, a fornire aiuto ai propri cari». E tutto questo, unito all’inefficacia almeno parziale dei vaccini, appare indegno di uno Stato di diritto, che si professa democratico ed egualitario, rigetta le discriminazioni in ragione non solo della razza e ella religione, ma anche «di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» (articolo 3). In tal senso, l’onorevole ammenda proposta al presidente Mattarella non è assurda, né inutile, né offensiva per nessuno. Sono i tiranni, infatti, che non si scusano mai. Accettando l’idea e mettendola in essere come meglio crede, il capo di quello Stato darebbe prova, secondo i professori Benozzo e Marini, di «rappresentare l’unità nazionale». Scossa e sabotata - ma non distrutta - dalle dissennate manovre politico-sanitarie dei governi recenti.
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