2019-06-14
Lo scandalo Csm arriva al Quirinale. «Repubblica»
si spaventa
Le inchieste della magistratura vanno bene. E anche le intercettazioni ambientali. Ma appena sfiorano il Quirinale, diventano fango. Anzi, un complotto per colpire il capo dello Stato. A Repubblica ormai non hanno più neppure il senso del ridicolo così, dopo aver cavalcato con Carlo Bonini l'inchiesta sul mercato delle toghe, tirano il freno perché dagli atti dell'indagine della Procura di Perugia rischiano di uscire indiscrezioni imbarazzanti che riguardano l'entourage di Sergio Mattarella. Non è la prima volta che il quotidiano debenedettiano è costretto a procedere a passo di gambero, ma in questo caso il dietrofront a favor di Colle è così smaccato (...)(...) da far sorridere. Altro che caos del Csm, come spiegava l'occhiello della prima pagina di ieri: il caos regna sovrano nella redazione più vicina di tutte al Palazzo con la P maiuscola.Ma andiamo con ordine. La faccenda è quella che riguarda Luca Palamara. Come è noto l'ex presidente della Associazione nazionale magistrati è finito nei guai con l'accusa di essersi fatto corrompere da un imprenditore e di aver favorito le nomine di alcuni giudici in cambio di soldi. Dopo l'apertura del fascicolo a suo carico, i pm umbri, che sono competenti a indagare sui colleghi di stanza a Roma, hanno deciso di infilare nel telefonino del collega un virus che permettesse alla Guardia di finanza di ascoltarne anche i respiri. In tal modo hanno captato le conversazioni dell'illustre toga, scoprendo una serie di incontri riservati per designare i capi di alcuni importanti uffici giudiziari, tra i quali quello della Capitale, ma anche di Firenze. Ai colloqui, a quanto pare, avrebbero partecipato alcuni componenti del Consiglio superiore della magistratura, ma anche due parlamentari. Il primo è l'ex capo di una delle correnti dei giudici, Cosimo Ferri, ora onorevole del Pd. Il secondo è l'ex ministro Luca Lotti, braccio destro e anche sinistro di Matteo Renzi. Le parole pronunciate attorno al tavolo da magistrati e politici sarebbero agli atti dell'indagine e, anche se coperte da segreto istruttorio, escono a spizzichi e bocconi sulle pagine dei giornali, compreso il nostro. Siamo stati noi, per esempio, a riferire ciò che i convenuti si dicevano a proposito del procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, in corsa per la Procura di Roma, ma anche capo dei pm che hanno messo sotto accusa i genitori dell'ex presidente del Consiglio, indagando Tiziano Renzi e la moglie per bancarotta fraudolenta. Da quel che si capisce, Creazzo non era benvoluto dal cerchio magico di pm e politici che si davano appuntamento la sera e se ne sarebbero volentieri liberati, spedendolo non nella Capitale, come lui avrebbe voluto, ma in Calabria.Dicevamo: le notizie e le intercettazioni escono a spizzichi e bocconi e come sempre capita i giornali festeggiano, perché hanno di che riempire le pagine, con documenti inediti e nuove indiscrezioni. Ma attenzione: festeggiano fino a quando si può parlare di Palamara, di altri pubblici ministeri e di qualche politico, ancorché del Pd. Allora c'è da dar man forte ai valorosi inquirenti e scavare nel marcio per tirare fuori tutto il fango possibile. Poi, ops, all'improvviso si scopre che tra le chiacchiere dei congiurati si parla anche del Quirinale, a proposito proprio dell'inchiesta che riguarda Palamara. Il quale, conversando con Cosimo Ferri, avrebbe detto di aver saputo da alcuni colleghi del Csm di essere nel mirino dei pm di Perugia e rivelato che la fonte sarebbe stato uno stretto collaboratore di Mattarella. Una volta deflagrata l'inchiesta sulle pagine dei giornali, i colleghi umbri convocano l'ex capo dell'Anm e gli chiedono conto di quelle parole e Palamara fa il nome della presunta talpa indicata dai consiglieri togati nelle loro chiacchiere notturne in compagnia dei politici: il consigliere del presidente per gli affari dell'Amministrazione della giustizia. Nientepopodimeno che l'uomo che sussurra al capo dello Stato, che poi incidentalmente è anche il capo del Consiglio superiore della magistratura.Apriti o cielo. Questa è roba che scotta e che rischia di far ballare le istituzioni. E allora Bonini, che sembra un novello Oscar Luigi Scalfaro, non ci sta. Non disponendo di reti unificate per respingere il complotto, il collega di Repubblica si arma di penna e verga un articolo ispirato dal titolo «Il fango su Mattarella». L'incipit è da Hemingway al fronte: «Nel verminaio scoperchiato dall'inchiesta di Perugia che sta travolgendo il Consiglio superiore della magistratura, i morti si afferrano ai vivi. E l'aria, se possibile, si fa ancora più ammorbante». Il senso è chiaro: «C'è un tentativo di trascinare il Quirinale in un abisso di veleni». E contro il tentativo, Bonini combatte a penna sguainata.Ora, noi non sappiamo se ciò che si dicevano nella notte Palamara e Ferri sia vero, verosimile o falso. Sappiamo che è degno d'attenzione esattamente come lo erano le intercettazioni che fino a ieri erano pubblicate senza troppi riguardi. Se poi siano roba da codice penale lo decideranno i pm e, in caso di processo, i giudici che saranno chiamati a emettere una sentenza. Una cosa però balza all'occhio e cioè che in questa faccenda non c'è il fango denunciato su Repubblica, ma la sabbia del soldato Bonini per sotterrare le parole di Palamara che non gli piacciono.