2021-05-04
Lo sanno anche i dem: il ddl mordacchia va riscritto da capo
Spunta pure un'alternativa targata Lega senza corsi gender. La sinistra deve scegliere tra compromesso e Vietnam politico.E adesso, che succede col ddl Zan? Se fino alla settimana scorsa la sola nota incoraggiante, per i sostenitori della norma, era la calendarizzazione del testo, avvenuta mercoledì alla commissione Giustizia del Senato, dopo lo show di Fedez la musica, per stare in tema, pare cambiata. Da schieramento in cerca d'autore, quale era fino a poche ore fa, il centrosinistra si è infatti improvvisamente riunito sotto la bandiera arcobaleno della legge contro l'omobitransfobia, già approvata alla Camera il 4 novembre 2020.Da parte sua, va detto, il centrodestra non ha però cambiato il suo atteggiamento critico verso questa legge, tutt'altro. Lo provano le parole che da Barbara D'Urso, a Domenica Live, ha detto Matteo Salvini: «Se Fedez si lamenta della tentata censura non può imporre la censura a chi difende la famiglia basata sulla mamma e sul papà». Se a ciò si aggiunge che la presidenza della citata commissione Giustizia al Senato è, con Andrea Ostellari, in salde mani leghiste, si capisce come il centrodestra possa ancora trasformare l'iter della norma Zan in un autentico Vietnam.Per i prossimi giorni, quella che si annuncia è insomma una prova muscolare tra i due schieramenti, che però, attenzione, potrebbe pure essere interrotta da un colpo di scena: quello di una trattativa. D'altra parte, la storia repubblicana è costellata da negoziati imprevisti, motivo per cui non è affatto lunare, anzi, uno scenario simile. Che, sia da sinistra sia da destra, potrebbe aver però luogo solo sulla base di condizioni, di concessioni, di reciproche linee invalicabili. Ora, per capire di che linee del Piave si tratti, occorre soffermarsi su ciò che Fedez e altri della grancassa mediatica si son finora guardati bene dal considerare, e cioè il merito della legge, il suo contenuto. Iniziando coi margini di trattativa plausibili a sinistra, impossibile non considerare l'articolo 1 del ddl Zan, quello che alla lettera d) del primo comma definisce l'identità di genere come «identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall'aver concluso un percorso di transizione».Come noto, un battagliero gruppo di femministe, Marina Terragni in testa, ritengono il passaggio demolitivo dell'identità femminile, ridotta a fumosa percezione «di sé». Considerando che le perplessità sul punto sono sposate pure da politici dem insospettabili di omofobia - da Anna Paola Concia ad Aurelio Mancuso, già presidente nazionale di Arcigay - che a sinistra si possa ragionare su alcuni ritocchi al riguardo appare tutto fuorché improbabile. Ma anche da destra, sorprendentemente, va schiudendosi la porta d'un confronto. La mano è tesa con un ddl che, nelle prossime ore, la Lega depositerà in commissione Giustizia al Senato, come dichiarato dallo stesso Ostellari.Secondo quanto appurato dalla Verità, trattasi di testo breve - due, massimo tre articoli - per introdurre un'aggravante che aumenti le pene per tutti i reati commessi nei confronti di persone più vulnerabili sulla base di elementi quali la disabilità, l'orientamento sessuale o l'età avanzata. Fine delle somiglianze, nel senso che detto ddl non prevede alcun intervento nelle scuole né modifiche sulla legge Mancino-Reale. Misure che corrispondono a due articoli del ddl Zan visti, a destra, con forte preoccupazione.Il primo è il 7, che prevede la Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia ed iniziative gender annesse - così recita il secondo comma - «per le scuole di ogni ordine e grado». Un inciso che sa di premessa all'indottrinamento secondo il mondo pro family guidato dagli attivisti Toni Brandi e Jacopo Coghe, di Pro Vita e Famiglia, ma che lo stesso centrodestra non vede bene.Un secondo articolo inviso al centrodestra, guarda caso la base dell'originario ddl di Alessandro Zan, è il 2, che introduce un nuovo reato d'opinione inserendo nel codice penale il perseguimento della «propaganda di idee» - siamo alla lettera d) del primo comma - fondate «sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere». Per placare gli animi, i promotori della norma assicurano che, recependo l'emendamento di Enrico Costa, sia stata introdotta una disposizioni «salva-idee» che metterebbe al bando ogni scenario liberticida.Peccato che basti leggerlo questo articolo, che è il quarto, per capire subito come sia sì tutelata la libertà delle idee, ma «purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Trattasi di specchietto per le allodole, dunque, la cui natura ambigua è stata denunciata da fior di giuristi, da Filippo Vari, docente di Diritto costituzionale all'Università europea di Roma, a Pietro Dubolino, presidente di sezione a riposo della Corte di cassazione, che proprio sulla Verità, l'11 novembre scorso, definiva questo scudo «salva-idee» come «una caramella avvelenata». Nel centrodestra hanno infatti capito il trucco. Si spiega anche così la contromossa legislativa annunciata da Ostellari, che però difficilmente a sinistra susciterà entusiasmo. Considerando che nell'aula del Senato difficilmente il ddl Zan vedrebbe Mario Draghi o il ministro Marta Cartabia impegnare il governo mettendo la fiducia, oggi le strade per il testo sembrano dunque due: una riscrittura profonda, che renderebbe peraltro necessario un altro passaggio alla Camera, oppure una strada che, nonostante l'attivismo indiavolato degli influencer, resta in salita.
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