2021-07-03
L’Italia è più forte dei più forti del mondo
I ragazzi di Roberto Mancini dominano il Belgio primo nel ranking Fifa. In ginocchio al fischio iniziale, poi Nicolò Barella e Lorenzo Insigne colpiscono. I rivali tornano sotto su rigore (Lukaku) ma la nazionale resiste: 2-1. Martedì andiamo a Wembley: con la Spagna, senza Leonardo Spinazzola «Non c'è curva in cui non si possa sorpassare». C'è il motto di Ayrton Senna ad accompagnare un'Italia coraggiosa a Wembley per la semifinale con la Spagna il sette luglio. Gli azzurri schiantano anche il Belgio (2-1) e mostrano all'Europa il volto migliore di un Paese che sa soffrire, gettarsi alle spalle le contrarietà (Leonardo Spinazzola, fin qui il nostro miglior giocatore, in lacrime per sospetta rottura del tendine d'Achille), guardare negli occhi il destino fino a piegarlo. A questa Italia d'acciaio nessun traguardo è precluso. Va a casa anche Romelu Lukaku, ce lo mandano i due italiani fin qui più criticati: Nicolò Barella in versione Tardelli e Lorenzo Insigne travestito da Maradona. La loro notte è da sogno. L'Europeo ci impone la prima sfida da paura contro un avversario sulla carta più forte. Sono 10.000 i tifosi italiani all'Allianz stadium, tutti con la mano sul cuore all'inno di Mameli, suonato a marcetta da una sciagurata banda bavarese. Il pensiero corre a Riccardo Muti, che se fosse stato sugli spalti sarebbe sceso in campo a spezzare in due la bacchetta del direttore d'orchestra. Poi il momento politico della serata per celebrare il movimento (di estrema sinistra) americano Black Lives Matter: si inginocchiano tutti, i nostri anche prima dei belgi, nei 10 secondi da camerieri per fare contenti gli avversari. E infatti Lukaku sentitamente ringrazia. Per fortuna sarà l'unica genuflessione della notte d'oro. Nel senso che come minimo 150.000 euro di premio sono incamerati. Le due squadre si temono, il Belgio recupera Kevin De Bruyne ma non Eden Hazard. Il ct Roberto Martinez preferisce non lanciare subito all'assalto i suoi incursori. Non si fida, deve avere imparato la massima di Alex Ferguson: «Quando un italiano dice che c'è della pasta nel mio piatto, controllo sotto il sugo per esserne sicuro». Stasera Gigio Donnarumma deve lavorare, niente sdraio sulla linea di porta con occhiali da sole e AirPods (un gol subìto in quattro gare). Lo si intuisce nei primi 10 minuti, con la pressione costante dei rossi e due tentativi velleitari del centravanti dell'Inter. Al 12' il primo brivido degli azzurri in bianco è bollente: su punizione di Lorenzo Insigne, Leonardo Bonucci mette il pallone in porta con una ginocchiata in mischia, ma erano in fuorigioco sia lui, sia Giorgio Chiellini, sia Giovanni Di Lorenzo. Si esagera. Quasi per contrappasso, i belgi alzano il baricentro e De Bruyne comincia a danzare calcio. Al 21' spezza in due la difesa con una progressione da paura e tira nell'angolo basso: con un portiere normale sarebbe gol, con Donnarumma è solo corner.C'è subito profumo di gol, ma lo segna l'Italia. Perde palla un belga in uscita, Marco Verratti è stupendo nel servire Barella. Il guerriero interista dribbla due avversari come birilli e spara un missile nell'angolo dove Thibaut Courtois non può mai arrivare. È la sua rivalsa, è la sua liberazione dopo tre partite non eccelse, tra fatica, frustrazione e nervosismo. Ma lui è fondamentale, decisivo. In questi match da dentro-fuori sa trasformarsi nell'uomo in più. Uno a zero e tutti in difesa. Adesso si va di contropiede caro Mancini, altro che partenza dal basso, altro che uomini fra le linee. Si gioca come sappiamo fare da almeno un secolo. Infatti è Ciro Immobile a mangiarsi il 2-0 quando decide di tirare invece che passare il pallone a Chiesa. È divertente ascoltare le filosofie tattiche degli esperti da salotto, ma il calcio è semplice. E lo diventa ancora di più quando Insigne si mette in proprio e spolvera l'incrocio dei pali con un paradisiaco tiro a giro da documentario su Diego Maradona. È la resurrezione del secondo criticato speciale. Evviva. Potrebbe essere anche il ko, la strada per la semifinale di Wembley adesso è aperta. Ma proprio a pochi secondi dall'intervallo Di Lorenzo spinge platealmente (ingenuo) in area Jeremì Doku, il classico bimbo terribile (19 anni) alla partita della vita. L'arbitro sloveno Slavko Vincic fischia il rigore che Lukaku trasforma. Poteva essere un riposo adrenalinico, diventa invece un quarto d'ora di riflessione. Il Belgio ci soffre, sa che possiamo far male in ripartenza, non si distende come nelle partire precedenti. Verratti, Barella e Jorginho rasentano la perfezione, la difesa si mostra di granito come al solito. Donnarumma è un gastroprotettore naturale. Soffrono com'era prevedibile gli esterni (Leonardo Spinazzola fatica a incoccare la freccia), Insigne è sontuoso ma Immobile impalpabile. E Chiesa non gioca ma tira. Ogni volta che ha la palla fra i piedi tira. Un ottimista. Umiltà e personalità: l'Italia tiene botta e difende con intelligenza il vantaggio. Merita la semifinale, ma la notte è ancora lunga e siamo costretti a metabolizzare pure un fallo da rigore di De Bruyne su Jorginho, non fischiato dall'arbitro. Passa il tempo, l'Italia sta meglio del Belgio, gioca semplice e trova un alleato insperato proprio in Lukaku, in serata da lite permanente con il pallone. Prima tira addosso a Spinazzola a un metro dalla porta con Donnarumma fuori causa, poi buca l'appuntamento su un delizioso cross di Nacer Chadli. Meglio così. Finalmente Mancini decide di sostituire l'inutile Immobile con Andrea Belotti. Entra anche Dries Maertens per il quarto d'ora del cobra. Ora è trincea, guerra al coltello, gli azzurri resistono nonostante l'amarezza per l'infortunio di Spinazzola, che si fa male in allungo. Si gioca poco, ci esaltiamo nella tonnara. I belgi non ne hanno più, noi ci rotoliamo il giusto e alla fine loro tornano dentro le barzellette dei francesi. C'è Wembley nel destino, c'è una Spagna lenta e pavida, impresentabile in difesa senza Sergio Ramos. Su tutto il panorama domina un'Italia guerriera che adesso vede, nitido, un orizzonte da sogno.
Massimo Cacciari (Getty Images)
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo